Bugie e sacrifici di una guerra che “non è un fatto per bambini” L’Ifigenia di Bottega Xnl fotogallery

Un bambino sta seduto in silenzio mentre davanti a lui gli altri, gli adulti, gli “eroi” preparano la guerra. Un cavallino a dondolo sulla scena, un Pinocchio seduto che riflette le menzogne degli altri, un cerbiatto peluche. “I bambini sanno tutto, riconoscono la sciagura”. È chiaro il messaggio: la guerra non è un fatto per bambini. Ifigenia stessa è poco più che una bambina quando viene trasformata in vittima sacrificale: gli dèi hanno fermato i venti per l’ira di Artemide, Menelao vuole riprendersi Elena, ma per farlo Agamennone deve sacrificare sua figlia. Una scelta atroce che mette di fronte l’amore di un padre e la “ragion di stato” di un sovrano. “Chi di voi ha detto bugie?” chiede Pinocchio. Agamennone richiama a sé Ifigenia, la fa arrivare nell’accampamento acheo con l’inganno. E lei arriva in Aulide con l’abito bianco delle nozze, insieme alla madre Clitemnestra e al fratellino Oreste, ignara del suo destino. Salta in braccio al padre e lo abbraccia forte, è dall’inizio della guerra che non ha sue notizie. Il re di Argo è divorato dalla disperazione, suo fratello Menelao intercetta il messaggero (Taltibio) e gli strappa di mano la lettera con la verità e l’invito a restare a casa. Alla fine anche il re di Sparta arriva a comprendere le ragioni del fratello Agamennone, ma è troppo tardi.

“A volte è il capriccio di un dio a sconvolgerci l’esistenza” riflette Agamennone mentre non riesce a trattenere le lacrime – il pianto non è una cosa da sovrani – “Ora che ho toccato il fondo della sventura cosa farò? Cosa dirò alla madre dei miei figli?” si domanda il re afflitto. Intorno alla scena c’è il pubblico, raccolto sui tre lati della pedana-palcoscenico. Euripide non rappresentò mai la sua ultima tragedia, dopo di lui tanti hanno dato un corpo alla vicenda struggente che contrappone umanità e guerra, sacrificio e amore paterno. L’ultimo a farlo è Fausto Russo Alesi, che al Festival di teatro antico di Veleia ha portato a compimento il lavoro svolto con i ventidue attori di Bottega Xnl sul testo tradotto da Letizia Russo. Uno spettacolo in tre repliche, andate in scena venerdì 21, sabato 22 e domenica 23 giugno nell’anfiteatro-cisterna dell’area archeologica dell’alta Valchero con la direzione artistica di Paola Pedrazzini.

“Il monito di Ifigenia in Aulide non smette di riguardarci – afferma il regista Fausto Russo Alesi – specialmente in un’epoca come la nostra, fatta di rimozione collettiva e fragilità democratica. Questa tragedia ci racconta l’orrore di tutte le guerre, a partire dalle fondative alleanze che generarono la spedizione contro Troia, e il sacrificio della sua prima vittima innocente. I personaggi attraversano quei sentimenti oscuri e bassi che ci fanno da specchio e con cui l’essere umano deve costantemente fare i conti per decidere quali scelte fare e come raccontare la sua storia, in dialogo con politica, religione e potere e soprattutto con gli altri esseri umani. Perché, per cosa e per chi il sacrificio? Perché la menzogna come scelta politica? Perché la guerra? Queste sono alcune delle domande portanti che mi hanno guidato durante la fase creativa del laboratorio Bottega Xnl, alla ricerca di un rito collettivo pubblico e privato, nello spazio circolare e senza tempo della cisterna di Veleia, scelto appositamente per questa rappresentazione”.

“La maternità è il più grande dei poteri, dà alla donna la capacità di soffrire e di combattere per i propri figli”. Quello di Clitemnestra è il dramma di una donna strappata con la forza alla sua vita. Agamennone uccise suo marito Tantalo e il figlioletto ancora in fasce e la costrinse a sposarlo. Clitemnestra è vittima di un destino infelice, è condannata all’adulterio e alla sofferenza così come sua sorella Elena. È il dramma di una madre che si vede strappare sua figlia innocente per un capriccio che è insieme umano e divino: la vendetta di Menelao e l’ira di Artemide. La sua sofferenza è inconsolabile, né Achille può evitare la tragedia, né l’ascensione di Ifigenia al regno degli dèi – dopo che la dea decide di sottrarla al sacrificio, sostituendola con una cerva – riesce a estinguere il suo dolore. Non crede, lei che per volontà di Agamennone non ha assistito all’atto, che davvero Ifigenia è stata risparmiata. Teme che sia solo un modo per impedirle di soffrire e nutrire la sete di vendetta nei confronti dei suoi uccisori. È il dramma di una moglie infelice che alla fine della guerra arriverà a uccidere suo marito Agamennone, prima di subire lo stesso destino per mano del figlio Oreste.

Scoperto l’inganno del finto matrimonio, Ifigenia si getta ai piedi di Agamennone per implorarlo – “Padre, risparmiami la vita” – mentre lui, il re, ormai convinto e rassegnato, le spiega che la sua morte è necessaria affinché la Grecia sia libera. Quello di Ifigenia è un percorso tragico: dalla gioia del matrimonio alla paura del sacrificio fino alla rassegnazione e alla “maturazione”. Achille se ne innamora davvero, quando ormai il tempo per l’amore è ridotto a zero. Ifigenia ha in mano il futuro della Grecia. “Voglio morire – arriva a dire – senza dolore, senza resistere”. “Sacrificatemi e poi fate di Troia un ammasso di polvere. La mia memoria sarà più duratura del bronzo”. L’epilogo lascia definitivamente spazio a una riflessione sulla condizione della donna. In un primo momento Clitemnestra prova a ribellarsi al marito, rivendicando la propria giurisdizione sugli “affari privati” quando Agamennone le ordina di non presenziare alle nozze della figlia. Una presa di posizione che si manifesta anche nei costumi, con la regina che spoglia il re del soprabito militare – gli abiti di scena sono quelli degli ufficiali e dei soldati moderni – e del cappello e li indossa, a simboleggiare una sorta di “nuovo” potere femminile in ambito bellico. Alla fine però è Ifigenia a smontare questo lungo flash forward post-sessantottino e a ripristinare la mentalità arcaica: nell’offrirsi senza più resistenza all’altare del sacrificio, la figlia di Agamennone dice che “la vita di un uomo vale come quella di mille donne” ristabilendo la priorità della guerra rispetto ai sentimenti umani. (fp)

Fausto Russo Alesi

IL CAST – Salvatore Alfano (Agamennone, re di Argo, capo della spedizione achea), Riccardo Francesco Vicardi (Menelao, re di Sparta, fratello di Agamennone), Elena Orsini (Clitemnestra, regina di Argo), Marita Fossat (Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitemnestra), Michele Marullo (Achille, re di Ftia), Alessio Iwasa (vecchio servo di Clitemnestra), Carlotta Mangione (Corifea), Giuseppe Benvegna (messaggero), Simone Di Meglio (Calcante, indovino), Giorgio Ronco (Odisseo, re di Itaca), Marcello Russo Alesi (Oreste, figlio di Agamennone e Clitemnestra). Il coro delle donne di Calcide è formato da Ilaria Martinelli, Arianna Serrao, Chiara Terigi, Giulia Acquasana, Chiara Alonzo, Sara Fulgoni, Elisa Grilli e Irene Mori. Il coro dei soldati achei (sentinelle) è formato da Jacopo Dragonetti, Mattia Zavarise, Giovanni Raso e Pietro Lancello. La regia e il progetto scenico sono di Fausto Russo Alesi.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.