“La meraviglia della danza nasce dalla connessione con il pubblico: è stupore nel modo più sincero” fotogallery

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La meraviglia irrompe sul palco di piazza Cavalli, con l’eleganza di Giacomo Rovero che ha regalato ai presenti una raffinata esibizione, che ha impreziosito l’incontro del Festival del Pensare Contemporaneo, condotto dal direttore filosofico Andrea Colamedici. Rovero, 27 anni, proprio a Piacenza dove è nato ha scoperto l’amore per la danza, studiando all’accademia Domenichino. Il suo talento l’ha presto portato lontano da casa, con riconoscimenti prestigiosi – qualche anno fa Forbes lo aveva inserito tra gli under 30 più influenti – fino ad essere scelto nei mesi scorsi come solista al Royal Ballet di Londra. Danza maestra di disciplina, in grado davvero di far vivere la meraviglia, tra stupore e spavento – come recita il tema dell’edizione 2024 del festival – per il pubblico ma anche per l’artista.

“La danza è stata maestra di meraviglia in moltissimi modi – racconta Rovero -. Ci sono momenti di scambio con il pubblico, come questa sera, nei quali sono molto presente e percepisco moltissimo gli spettatori e ovviamente questo mi emoziona. E’ un sentimento che quasi fa paura e ti mette un po’ a disagio, soprattutto qui a Piacenza, la mia città e con tutte le persone che conosco. Ma può accadere anche a Londra, davanti a persone che non ho mai visto nella mia vita, si crea questo rapporto che diventa faticoso, perché ti sembra quasi di portare un peso. In questo momento di paura e di stupore trovi questo senso di meraviglia, che non è tangibile. Proprio questo mi hanno insegnato i miei primi momenti sul palcoscenico, il poter essere in grado di meravigliare senza parole anche persone che non conosci e si crea un rapporto ancora più bello”.

L’altra faccia dell’esibizione è il timore che sempre accompagna la performance, il momento di salire sul palco. Un aiuto, spiega il ballerino, arriva dagli affetti sinceri. “L’altra sera era a cena con degli amici ed ero un po’ agitato per lo spettacolo di stasera. Loro mi hanno ricordato tutto quello che ho al di fuori della danza, al di fuori della persona che sono io adesso su questo palcoscenico – racconta -, mi hanno detto che mi vogliono bene e sono e mi accettano al di là del mio essere un ballerino e quindi di una persona che sta facendo una cosa in qualche modo speciale. Questo mi ha aiutato moltissimo a essere più me stesso sul palcoscenico, e lasciare che queste paure e questi momenti di timore, che ci sono sempre, vadano più in sottofondo”.

Non sempre la danza è meraviglia, dice Rovero, perché può diventare routine, quando gli spettacoli in cartelloni sono tanti. “Poi accade che ti ritrovi sul palco e senti la musica dell’orchestra e quello che sta accadendo al tuo corpo, e come questo viene visto dal pubblico. Attimi – dice – di vero stupore”. Ma quando è proprio il corpo a essere strumento, lo spavento è una sensazione con cui si deve convivere. “I momenti più difficili sono proprio quelli in cui il tuo corpo ti dice no, che quel movimento non riesce a farlo oppure hai avuto un infortunio che non ti consente di ballare. Per noi ballerini, il corpo è il nostro lavoro e questi momenti ti mettono in discussione, e devi imparare ad accettarli”. Altro aspetto con il quale Giacomo Rovero ha dovuto fare presto i conti è stato il dover lasciare la famiglia e gli affetti, per poter vivere appieno di danza. “Quando mi sono dovuto trasferire all’estero, la prima cosa che ho dovuto fronteggiare è stato proprio il timore di aver fatto una scelta più grande di me – dice – allontanandomi fisicamente dalla mia famiglia e da tutto quello che conoscevo. Ho dovuto faticare molto per trovare un nuovo senso di me, che va al di là del luogo in cui sono e delle persone che mi sono vicine”.

La meraviglia ora è tornare a Piacenza dove si esibirà in gennaio, proprio al Municipale, nella stagione di danza. “Le prime volte in cui sono tornato in città, dopo essere stato in Germania, l’ho vista da un punto di vista completamente diverso: ho potuto apprezzarla in tutta la sua bellezza e semplicità, il suo consentire la vicinanza delle persone. Lo vediamo qui: una serata del genere a Londra non sarebbe possibile, e non do per scontato questa sensazione”.

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