La Pietra Perduca

La sorella minore della Pietra Parcellara a pochi km dalla città

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A pochi chilometri dalla città, la Pietra Perduca emerge poderosa dal paesaggio collinare dolcemente ondulato, e rappresenta insieme alla vicina Pietra Parcellara l’affioramento ofiolitico posto più a settentrione e più vicino alla pianura dell’intero Appennino.

La Perduca è probabilmente sempre stata usata come luogo di culto, come conferma ancora oggi la presenza della chiesetta di S. Anna, risalente al XIII secolo ma ampiamente modificata nei secoli successivi e recentemente restaurata.
Si ha notizia anche di un castello, raso al suolo nel 1170.

E’ facile salire sulla dorsale di questo scoglio, utilizzando i gradini scavati nella pietra. La sommità è interamente percorribile, ma occorre fare attenzione, soprattutto col bagnato, e a maggior ragione se si è accompagnati da bambini, che saranno senz’altro incuriositi da due vasche quadrate, chiamate “letti dei santi”, scavate nella roccia, una a metà percorso, l’altra sulla cima, risalenti probabilmente al periodo dell’età del bronzo.
Entrambe contengono circa mezzo metro d’acqua stagnante, mantenuta limpida dalla vegetazione acquatica. La vasca superiore è rinomata per la straordinaria presenza di una colonia di tritoni alpestri e di tritoni crestati italiani.

Durante il periodo degli amori, il tritone crestato italiano maschio presenta un’imponente cresta dorsale che gli conferisce l’aspetto di un piccolo drago. Dorso e fianchi sono di colore da marrone scuro a nero, cosparsi di macchie nere tondeggianti. I lati sono picchiettati di bianco. Appariscente e ben riconoscibile anche in acqua è la banda color madreperla lungo i lati della coda. La femmina è invece assai meno vistosa, poiché sprovvista della cresta e delle macchie nere sul dorso e sui fianchi e priva della fascia chiara sulla coda. Con una lunghezza totale di 12-18 cm è però di regola leggermente più grande del maschio (10-16 cm).
Comune ai due sessi è il ventre di colore da giallo chiaro a rossastro-arancione, cosparso di macchie o punti neri che vanno a formare un disegno assai variabile da individuo a individuo.

Una terza vasca, solo abbozzata, sembra essere concepita come riparo per l’accensione del fuoco.
Secondo una fantasiosa interpretazione le vasche servivano come altare dell’Acqua: in esse le donne celtiche si immergevano per chiedere alla Dea Madre la gravidanza e la purificazione.

Il crinale, lungo una cinquantina di metri e completamente spoglio, permette una visuale a 360°: a nord la vallata incisa dal torrente Dorba, variamente coltivata, dominata dalla torre di Bobbiano con l’adiacente chiesa di san Michele, costruiti su una piccola altura; a est la val Trebbia; a sud la mole della Pietra Parcellara.

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