Tra l’uragano Sandy e le elezioni, la “non maratona” di New York FOTO foto

Pubblichiamo da New York le testimonianze di Corrado Confalonieri, dottorando piacentino alla Columbia University e di Luigi Conti, nella Grande Mela come runner, che raccontano la giornata della "non maratona", dopo la cancellazione della classica manifestazione a seguito dell’uragano Sandy

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Pubblichiamo da New York le testimonianze di Corrado Confalonieri, dottorando piacentino alla Columbia University e di Luigi Conti, nella Grande Mela come runner, che raccontano la giornata della “non maratona”, dopo la cancellazione della classica manifestazione, che ogni anno portava migliaia di atleti professionisti o semplici appassionati per le strade della città, decisa dal sindaco Bloomberg a causa dell’uragano Sandy e delle polemiche di chi ha affermato che l’evento avrebbe distolto forze ed energia dalle operazioni di soccorso e di riparazione dei danni.


Una delle giornate più luminose dell’autunno a New York è proprio questa, quella che avrebbe previsto lo svolgersi della maratona, una delle più coreografiche e prestigiose al mondo. E una delle più partecipate, con migliaia di atleti di tutti i livelli da ogni parte del mondo. Solo dall’Italia, in vetta alle nazioni più rappresentate, oltre tremila (e il prossimo anno si annuncia una folta delegazione proprio dalla maratona di Piacenza). Ma insomma, oggi niente. Per la prima volta nella sua storia, la maratona di New York non si disputa.

Tenuto conto degli eventi, però, la notizia non è tanto questa – non è infrequente che manifestazioni sportive si fermino davanti a un’emergenza – ma il fatto che, almeno fino al pomeriggio inoltrato di venerdì, la maratona avrebbe dovuto svolgersi. Il sindaco Bloomberg, fino a quel momento, l’aveva confermata: Central Park, arrivo tradizionale della gara, era stato chiuso al pubblico per qualche giorno di attività a doppio senso, tra ripristino del parco dopo la tempesta e preparazione delle strutture necessarie alla corsa. Poi, verso l’ora di cena di venerdì, la comunicazione dell’annullamento della gara, che contraddiceva d’un colpo quello che si era fatto e detto fino a lì venendo incontro a uno “spirito” sempre più consistente in una parte dell’opinione pubblica.

La scelta, intendiamoci, è giusta. Ma ancora più che giusta, forse, è giustificabile. In alcune zone della città l’uragano ha fatto vittime; in altre la situazione tarda a tornare normale, con acqua e luce (e metropolitana) che mancano nella zona sud di Manhattan. L’onda di quaranta-cinquantamila corridori, pochi per una città di diversi milioni di abitanti, avrebbe richiesto un servizio d’ordine e d’assistenza tale da sottrarre uomini e forze dove ora c’è un bisogno urgente di aiuto, ed è incontestabile il fatto che queste energie non possano essere investite, almeno oggi, in altro cosa rispetto ai soccorsi. E allora? Bloomberg non ci aveva pensato?

Non è così. New York, non solo nella persona del suo sindaco, aveva pensato a questo e deciso, forse a sorpresa, di correre comunque, magari per dare un segnale ancora più esplicito di reazione, o perché consapevole di avere al suo interno tante velocità diverse (per una parte colpita e bloccata ce ne sono altre esenti da conseguenze, e altre già tornate alla normalità dopo poche ore di “stop”). Oltre a cadere una settimana scarsa dopo Sandy, però, la maratona cade a due giorni di distanza dalle elezioni presidenziali. Elezioni aperte e incerte, tornate “combattute” dopo la doverosa neutralizzazione imposta dall’uragano. Ecco allora che, almeno a New York, dove il sindaco è al di là dell’opposizione tra democratici e repubblicani, i due schieramenti hanno finito per trovarsi alleati proprio sulla maratona: da non disputare, si diceva, per i motivi già ricordati.

A poche ore dal voto e sul filo di un sostanziale equilibrio tra i candidati, è preferibile non sbagliare: e non sbagliare, in tema di maratona, vuol dire non correre. Qui sta la differenza tra una decisione giusta e una scelta giustificabile: democratici e repubblicani, entrambi accusando Bloomberg per la conferma della maratona, ne hanno ispirato la retromarcia. Meglio la sicurezza della prudenza che il rischio del coraggio, insomma. Giusto (o giustificabile) così. Intanto, fermo il rito collettivo della gara ufficiale, non si ferma la passione (altrettanto collettiva, ma spesa in modi meno “di massa”) dei podisti locali e internazionali tutti già arrivati, e con fatica dovuta alla situazione non del tutto ristabilita dei voli, a New York al momento della cancellazione. Si parla di una sorta di piccola maratona non-ufficiale autogestita dai corridori a Central Park. Sarebbe bello: e non diverso, in fondo, da quello che avviene ed è avvenuto ogni giorno – addirittura martedì! – per le vie della città, solcata, anche simbolicamente, da centinaia di migliaia di persone che non hanno smesso né smettono di correre.

Cronache da una maratona fantasma.
Il racconto di Luigi Conti, a New York per correre la gara che non c’è mai stata

Se una settimana fa avessi scritto come immaginavo la mia prima maratona di New York, sicuramente rileggendo quell’ipotetico scritto oggi sarebbe stato molto diverso. Non avrei certo raccontato di un  viaggio piuttosto scomodo, passato da Chicago e da Philadelphia e  concluso con una corsa con bus della Greyhound (quelli che si vedono in tutti i film), e sicuramente non avrei scritto di una cancellazione beffa, arrivata all’ultimo minuto, con gli strascichi polemici, e con il dubbio di essere stati usati come una pedina nel grande gioco del business.

Al contrario sarebbe probabilmente stato simile il racconto  del ritiro del pettorale, della gioia nell’essere al marathon center  con migliaia di altri corridori provenienti da tutto il mondo, e soprattutto sarebbe stato simile il racconto della corsa. Il runner, si sa, è uno strano animale, animato da una passione difficilmente spiegabile, allenato ad affrontare difficolta, e momenti di crisi. E  allora, nonostante la beffa in migliaia ci siamo ritrovati piu, o meno spontaneamente a Central Park, per dare vita ad una giornata di festa.  Chi ha fatto i 4 giri del parco (il percorso della prima maratona di New York) chi ne ha fatto solo uno, chi come me ha corso i 30 km per preparare la prossima maratona da correre una volta rientrati a casa. Una festa animata dai runner ma anche dai tanti newyorkesi che hanno voluto lo stesso applaudire, rifocillare  sostenere quello strano  serpentone colorato che si snodava per le vie del parco.

Tre piccoli  pensieri in conclusione. Il primo: la Maratona è stata cancellata per biechi motivi politici, non per impedimenti tecnici. Le strade sono sgombre, Manhattan, Brooklyn, il Queens non portano alcun segno dell’uragano (la città devastata descritta da alcuni giornali  francamente noi non l’abbiamo vista). Forse è stata anche la decisione giusta, certo prenderla a 36 ore dall’ora del via, quando anche l’ultimo runners era arrivato a Manhattan (o comunque stava per  atterrare) lascia aperta la porta a cattivi pensieri. L’idea che non si sia voluto rinunciare ai dollari portati da runner e accompagnatori è forte (il giro d’affari legato alla manifestazione si dice essere  vicino ai 350 milioni di dollari).

Il secondo: peccato, quest’anno sarei probabilmente arrivato nei primi dieci, non so se quando tornerò (perche’ tornerò) riusciro’ ad essere ancora così preparato
Il terzo: love New York, Hate Bloomberg

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