Il Piacenza Rugby chiamato al riscatto a Prato

Dopo la sconfitta di domenica patita contro Pesaro, i biancorossi sono chiamati al riscatto a Prato, dove palle perse e placcaggi sbagliati non potranno più essere contemplati

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La diga del Piacenza Rugby alla fine ha ceduto. Alla fine, è sembrato che i piccoli roditori si siano fatti sopraffare dai mezzi superiori degli umani. In realtà, per quanto ci è sembrato (ed è sembrato ai giocatori in campo), l’unico motivo per cui è andata com’è andata è stato per un errore nel progetto. Che poi, non si pensi che il match di domenica contro Pesaro sia stato una completa Caporetto; 19 a 16, tralaltro maturatosi negli ultimi 5 minuti, non è niente di disonorevole. Ma insomma, è sempre e comunque una sconfitta, seppur di misura.

Ed in quanto tale, porta all’occhio tutte le piccole pecche avute dalla squadra durante la partita, e spiega in effetti le motivazioni per cui si è concretizzata.  L’elemento che allo stesso tempo preoccupa e dà sicurezza è un fatto che dall’esterno è evidente: abbiamo fatto tutto da soli. Decisamente, non è stata una partita dominata: per l’intera durata del secondo tempo siamo praticamente stati sempre impantanati nella nostra metacampo, addirittura per una decina di minuti non siamo riusciti ad uscire dai dieci metri; come se non bastasse, ci si sono messi errori alla mano (che hanno perfino dato origine ad una meta avversaria già nei primi minuti di gioco) e al piede, con palloni calciati che non escono o calci sbagliati, che non permettono alla squadra di liberare e risalire il campo in sicurezza.

Ma perché allora deve dare sicurezza? Per un semplice motivo: se avessimo giocato al massimo, ma avessimo perso comunque, avrebbe significato che la nostra squadra non è all’altezza di mantenere il posto conquistatosi le giornate precedenti. Per dirla tutta, vorrebbe dire che siamo scarsi. Così invece si evidenzia il fatto fondamentale per cui abbiamo enormi capacità (giocando male, un 16-19 è un gran risultato) e che ci basterà correggere gli errori per sbaragliare la concorrenza.
E questo deve rassicurare: fossimo al nostro massimo, non si potrebbe farci niente. Ma poichè l’unica cosa è che non si sfruttano totalmente le capacità, è evidente che questa è una bella stretta al campo d’indagine.

Insomma, la faccenda fondamentale è che è sempre più semplice dover lavorare su se stessi, piuttosto che dover confidare nella scarsità degli altri. Perché diciamocelo: questa partita ha evidenziato molto il fatto che le partite le perdiamo sempre da soli; che siano errori, che siano distrazioni, che sia poca concentrazione, è sempre stata per qualche nostra cavolata che gli avversari hanno segnato (e in questo caso portato a casa la partita).

Non mi dilungherò troppo, stavolta, sulla descrizione della gara. E’ vero, è stata una partita godibile, ma dato che mi sono segnato tutto, riporterò in un elenco ciò che mi sono appuntato: meta Franchi 15’ – giallo al 14 per antigioco, Robuschi piazza – punizione per noi, dentro – punizione per noi, traversa – giallo Barbieri 36’, punizione entra – malino la difesa – 45’ continuiamo a rubare e perdere palla – touche loro, dopo punizione – touche rubata loro – punizione loro – touche loro, punizione sugli sviluppi, pareggio loro 52’ – calci liberazione sbagliati – persa touche, punizione nostra, non esce, siamo sui nostri 62’ – cavolate, touche sui nostri 22 – punizione loro dentro – giallo francisco – cavolata (ho usato un eufemismo) nostra, punizione per loro. Cosa ho voluto dire con questa noiosa lista? Fate attenzione: dall’inizio del secondo tempo, non c’è più stata una nota positiva a nostro favore.
E direi che si è detto tutto.

Ma, sia molto chiaro, non l’ho scritto per polemica. Ci mancherebbe. L’ho scritto per avvalorare ciò che sostenevo poc’anzi: ci roviniamo con le nostre stesse mani.
Se ci si aggiunge che sembrava svanita totalmente la capacità di ball handling (come dicono gli anglosassoni) dei trequarti, che l’apertura ha avuto un piede che dire fosse caldo sarebbe come usare il cemento per fare il pane, e che infine la squadra sembrava non avere più quella infatuazione per la linea di meta che aveva permesso il rimontone a Cecina, e vedrete che potrete mettere insieme la ricetta per far venir fuori la partita di domenica.

Ma non se ne faccia un dramma. Porca miseria, le partite da dimenticare capitano sempre e a qualunque squadra. Vogliamo parlare degli All Blacks contro l’Inghilterra? No. Ecco, appunto. Bisogna anzi prendere questa partita ad esempio e cercare di limare via gli errori.

Certo, potreste obiettare che più che una lima servirebbe una pialla, ma non si deve avere fretta? Nelle partite precedenti gli errori erano meno e la concentrazione era forse maggiore. Tutto quello che si deve fare, dunque, è tornare indietro, piantare i piedi nella neve per schiarirsi le idee, e auto convincersi di questo: Siamo forti. Basta solo che vogliamo fermamente dimostrarlo agli avversari. Le capacità, l’ho detto ormai una frana di volte, ci sono tutte (e sberle ad elicottero per chi sostiene il contrario).

Con questa convinzione, il resto verrà da se. L’Oracolo di Delfi recava un’incisione che riportava il motto “conosci te stesso”: noi ben sappiamo chi siamo; e perfino cosa siamo capaci di fare e dove vogliamo arrivare. Ma l’Oracolo riportava sempre una precisazione: “non sia tracotanza, ma fiducia”. Concludo riassumendo: ci vuole calma e fiducia. E l’occhio della tigre, perché gli altri non giocano contro di noi tanto per farsi una corsetta mattutina.  Domenica, ci aspettano a Prato. Media temperatura ma fango e pioggia. Occhio, ci sarà da immergere le mani nel Vinavil. Palle perse e placcaggi sbagliati non potranno essere contemplati. Tanto per non mettere nessun tipo di pressione. Avanti Piacenza!

Luca Baracchi

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