Don Coppellotti nuovo parroco del Duomo. Camminati a Nostra Signora di Lourdes

Don Serafino Coppellotti è il nuovo parroco del Duomo di Piacenza. Ad annunciarlo il vescovo Ambrosio. Coppellotti subentra a monsignor Anselmo Galvani. Al suo posto a Nostra Signora di Lourdes don Paolo Camminati

Don Serafino Coppellotti è il nuovo parroco del Duomo di Piacenza. Ad annunciarlo il vescovo di Piacenza – Bobbio Gianni Ambrosio. Don Coppellotti, 65 anni, che lascia la parrocchia di Nostra Signora di Lourdes, subentra a Monsignor Anselmo Galvani. Al posto di Coppellotti è stato nominato don Paolo Camminati. Fra le nuove nomine del vescovo Ambrosio quella di Don Roberto Isola quale parroco di Rezzoaglio, Don Michele Malinverni a direttore spirituale dei seminaristi del Collegio Alberoni e Don Massimo Cassola a parroco di Calendasco.

“Apprendo con gioia la notizia della nomina di don Serafino Coppellotti a nuovo parroco del Duomo di Piacenza – scrive in un messaggio, anche a nome della Giunta e dell’Amministrazione provinciale, il presidente della Provincia Massimo Trespidi -. Rivolgo a lui i migliori auguri di un proficuo lavoro per il bene della nostra comunità, certo della dedizione che porterà nello svolgimento della propria missione pastorale. A monsignor Anselmo Galvani il ringraziamento per l’impegno con cui ha svolto fino ad oggi il proprio ministero in Cattedrale”.

Il messaggio del sindaco
Un attestato di stima e condivisione per il nuovo, importante cammino pastorale che attende don Serafino Coppellotti alla guida della parrocchia della Cattedrale, e un’espressione di sincera riconoscenza per monsignor Anselmo Galvani, che lascia l’incarico. A farsene interprete, a nome dell’Amministrazione comunale e della collettività cittadina, il sindaco Paolo Dosi, riconoscendo, “nel nostro Duomo, un simbolo di fede e identità comunitaria caro a tutti i piacentini”.

A don Coppellotti, quindi, il primo cittadino ha trasmesso “le più vive congratulazioni per un compito che saprà affrontare con la dedizione, la profonda umanità e l’entusiasmo che gli sono propri”. Nel contempo, “certo di interpretare i sentimenti di affetto e riconoscenza dell’intera comunità”, il sindaco ha voluto ringraziare monsignor Galvani per “la testimonianza di fede e l’infaticabile impegno con cui ha retto la parrocchia della Cattedrale, come interlocutore prezioso per tante persone e per le istituzioni”.

LA RELAZIONE DEL VESCOVO AL CLERO DIOCESANO
Questa mattina, al seminario diocesano, il vescovo mons. Gianni Ambrosio ha tenuto l’abituale relazione al clero diocesano. Alla relazione del Vescovo ha fatto seguito il dibattito mentre mons. Luigi Chiesa, vicario episcopale per la città, ha tenuto una relazione sulla formazione del clero.

Presunte apparizioni a San Bonico: “Invitiamo i fedeli a non partecipare agli incontri” – Nelle comunicazioni Ambrosio ha parlato delle presunte apparizioni della Madonna che da dieci anni si verificherebbero a San Bonico: “Con la dovuta discrezione, nel 2009 – scrive il vescovo – ho affidato ad una Commissione il compito di raccogliere gli elementi utili per un’adeguata valutazione per l’opportuno discernimento. In particolare la Commissione ha evidenziato il rischio di compromettere la dottrina cristiana”. “Per cui – aggiunge – ho il dovere di raccomandare ai sacerdoti di non partecipare a questi incontri. Peraltro, a quanto mi risulta, nessun sacerdote piacentino ha finora partecipato. Ma andrei oltre: con prudenza e con delicatezza, cerchiamo di invitare anche i nostri fedeli a non partecipare a questi incontri”.


Di seguito l’intervento del vescovo Ambrosio, dal titolo “La luce e la logica della Chiesa Eucaristica”

È opportuno un veloce richiamo alla riflessione fatta lo scorso anno.
Partendo da tre fatti, abbiamo evidenziato tre dimensioni fondamentali della nostra vita di credenti e di presbiteri, in vista di una unione più stretta tra la nostra vita e il nostro ministero. Il primo fatto riguardava la Chiesa universale con l’Anno della fede. Ci siamo innanzi tutto soffermati sulla questione della fede in vista di una più convinta relazione con Cristo, in vista della nostra partecipazione alla missione che Cristo ha ricevuto dal Padre.

Il secondo fatto riguardava la nostra Chiesa di Piacenza-Bobbio, con la conclusione della Missione popolare diocesana. Tenendo conto della fatica della Missione, e comunque tenendo presente la sfida della nuova evangelizzazione, abbiamo riflettuto sulla missione-comunione: è anch’essa una dimensione importante della nostra vita. A partire dal Vangelo e dalla storia della Chiesa, il Concilio Vaticano II ha messo in risalto l’intimo legame tra la missione e la comunione. Non vi è missione senza la comunione. D’altra parte la missione in un contesto in cui il “presupposto” della fede “non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato” (Porta fidei, n. 2) esige la comunione, con il sostegno reciproco e con la gioia tipica che deriva dalla comunione. Se missione e comunione non procedono insieme, come su binari ben posizionati in modo parallelo, tutto diventa faticoso. Non si comunica il Vangelo se non dentro la trama delle relazioni umane e ecclesiali.  

La terza dimensione riguardava la nostra formazione: solo una buona e robusta maturità – umana e cristiana, spirituale e ecclesiale, culturale e teologica – assicura alla nostra vita un ‘centro’, un’unità interiore. Qui il fatto era legato al nostro presbiterio e all’esperienza di un cammino di formazione impostato, come stile e come metodo, da don Giuseppe Zanon, responsabile della formazione del clero della diocesi di Padova. Questo cammino formativo ci ha aiutato a crescere e a trovare nella buona relazione con Dio, con il presbiterio, con se stessi il punto di convergenza in cui vivere il ministero presbiterale come un servizio di amore. Su questo aspetto parlerà mons. Luigi Chiesa. Desidero da parte mia dire che è doveroso prendere sul serio e con grande responsabilità, il cammino di formazione che è stato proposto. Si potrà dire alla nostra gente che non ci saranno celebrazioni nel giorno in cui il parroco deve partecipare alla formazione. Su questo metodo più partecipativo si cercherà anche di impostare il Convegno pastorale e le giornate di ritiro

Questi richiami dello scorso anno delineano l’intenzione della riflessione di questo anno, quella di continuare su questa strada tenendo conto in particolare della Visita pastorale. Sintetizzo subito la riflessione di questa mattina e, se troverò il tempo, anche della prossima Lettera pastorale, proponendo una immagine su cui volgere il nostro sguardo, quella della Chiesa eucaristica.  

Cerco di motivare questa immagine e soprattutto di ricavare da essa quelle indicazioni che ritengo utili per la nostra Chiesa, per la Visita pastorale, per le nostre relazioni personali e pastorali.  

1. L’aiuto reciproco nel contesto attuale 

Credo che tutti sentiamo l’importanza di sostenerci a vicenda per vivere la nostra fede cristiana in un mondo che è diventato precario e incerto. Come ben sappiamo, l’aria che respiriamo influisce su ciascuno di noi, per cui anche noi possiamo essere segnati dall’incertezza e dalla precarietà che fanno parte dell’odierna aria culturale. Sarebbe triste se ci si limitasse al lamento, oppure si pensasse di puntare il dito accusatore contro questo e quell’altro. Non sarebbe saggio imitare quei bambini che, “seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” (Lc 7, 32-33).
Se agissimo così, avremmo reso mondana la Chiesa e avremmo dentro di noi lo spirito del mondo, per usare espressioni piuttosto consuete di Papa Francesco. Cito una di queste frasi che zampillano come acqua fresca dalle omelie a braccio di papa Francesco:   

“Affidare la Chiesa al Signore è una preghiera che fa crescere la Chiesa. È anche un atto di fede. Noi non possiamo nulla, noi siamo poveri servitori – tutti – della Chiesa: ma è Lui che può portarla avanti e custodirla e farla crescere, farla santa, difenderla, difenderla dal principe di questo mondo e da quello che vuole che la Chiesa diventi, ovvero più e più mondana. Questo è il pericolo più grande! Quando la Chiesa diventa mondana, quando ha dentro di sé lo spirito del mondo, quando ha quella pace che non è quella del Signore – quella pace di quando Gesù dice ‘Vi lascio la pace, vi do la mia pace’, non come la dà il mondo – quando ha quella pace mondana, la Chiesa è una Chiesa debole, una Chiesa che sarà vinta e incapace di portare proprio il Vangelo, il messaggio della Croce, lo scandalo della Croce… Non può portarlo avanti se è mondana” (Omelia a Santa Marta, cf Vatican insider-La Stampa.it, 3 giugno 2013).

Dobbiamo aiutarci e sostenerci reciprocamente per non cadere in una visione mondana della Chiesa. Possiamo rispondere con fedeltà alla vocazione ardua ed esigente del presbitero e del diacono, al servizio di una Chiesa che non è nostra ma di cui siamo poveri servitori, se rafforziamo i legami di fraternità e di amicizia che caratterizzano un presbiterio. Credo che siamo consapevoli della necessità di favorire le occasioni di condivisione che, in verità, già ci sono. Ringrazio il Signore e ringrazio voi, ad esempio, per la partecipazione fraterna in occasione di funerali di un sacerdote: è un segno molto importante agli occhi del popolo del Signore e anche ai nostri occhi. Si può verificare se queste occasioni di incontro possono diventare con più consapevolezza momenti di comunicazione nella fede, di preghiera condivisa per aiutarci a vivere bene la nostra vita cristiana e la nostra testimonianza di servitori del popolo del Signore. Siamo chiamati a far emergere davanti ai nostri occhi, e agli occhi dei fratelli, la fedeltà di Dio che ci viene incontro nelle prove della vita: così possiamo riconoscere la bellezza della nostra consacrazione totale a Cristo e del dono di tutto noi stessi, con cuore indiviso, alla Chiesa e ai fratelli.

2. Nel mistero pasquale le radici della fede

Questo aiuto diventa più consapevole se ricuperiamo la radice profonda della nostra fede, della nostra missione-comunione, del nostro aprirci allo Spirito Santo perché ci renda partecipi della dedizione propria di Gesù, dedizione filiale verso Dio e dedizione fraterna verso ogni uomo (cf Rm 5,5).
Questa radice è il mistero pasquale. Cristo morto e risorto è il dato originario su cui poggia la fede cristiana, è l’evento che si colloca al centro della storia della salvezza. Tutto è rivolto a Cristo, tutto si compie in lui, per lui, in vista di lui: “È lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita” (Col 1,15-17).

La vita di ogni cristiano, e in particolare del cristiano chiamato al ministero pastorale, è fondata sul mistero pasquale, è illuminata dalla luce della Pasqua. Questa è la grande verità che la tradizione della Chiesa ci ha consegnato e che la Costituzione sulla liturgia del Concilio Vaticano II ci ha ricordato in una maniera molto precisa: il mistero della morte, risurrezione e glorificazione del Signore Gesù è il contenuto dell’annunzio del Vangelo e dell’azione della Chiesa.

Questo mistero è non solo annunziato ma è reso attuale nella celebrazione liturgica, in particolare nell’assemblea cristiana riunita per la celebrazione dell’Eucaristia “che del mistero pasquale è il sacramento per eccellenza” (Ecclesia de Eucharistia, n. 3). La Chiesa che celebra il Signore esprime la sua natura, la sua finalità, la sua missione nel modo più vero e autentico. Nell’assemblea liturgica, in particolare eucaristica, la Chiesa manifesta nella lode la grazia che la precede e che la proietta, per così dire, fino alla soglia dell’eternità, alla comunione dei santi, alla comunione con Dio stesso, amico degli uomini.

3. La circolarità tra Eucaristia celebrata e vita ecclesiale 

Se il mistero pasquale è la radice della fede, se della celebrazione della Pasqua del Signore traspare il volto della Chiesa, è necessario richiamarsi sempre a questo nucleo fondamentale, anche quando si affrontano i problemi della pastorale quotidiana, anche quando si tratta di organizzazione pastorale. Siamo chiamati a far valere la circolarità tra Eucaristia celebrata e vita ecclesiale: un nesso misteriosamente fecondo che deve segnare anche il nostro stile di rapporti e le nostre linee pastorali fondamentali.

Ciò non vuol dire che l’assemblea eucaristica sia il tutto dell’attività della Chiesa, ma vuol dire che l’assemblea eucaristica ricapitola in sé tutto. Per cui ciò che precede l’Eucaristia è come una premessa, nel senso è orientato ad essa e trova il suo senso in essa. E ciò che segue l’assemblea eucaristica, deriva da essa ed è segnata da essa.

In questa luce troviamo possiamo trovare molte preziose indicazioni che meritano di essere messe in evidenza. Ne indico alcune in modo molto semplice e sintetico: possono favorire il nostro cammino verso una Chiesa eucaristica che illumina la Visita pastorale, l’attività pastorale, la comunione presbiterale. Ma vorrei che questo impegno di far emergere le diverse indicazioni fosse di ciascuno di noi e del nostro presbiterio: nella riflessione comune, nella meditazione personale e anche nel nostro  impostare la pastorale.  

4. La lode a Dio nella comunione con Cristo 

Il mistero di Gesù Cristo, morto e risorto, si prolunga nella Chiesa. È nella Chiesa che Cristo compie e rivela il suo proprio mistero come il fine del disegno di Dio: “ricapitolare in Cristo tutte le cose” (Ef 1,10). San Paolo chiama “mistero grande” (Ef 5,32) l’unione sponsale di Cristo con la Chiesa. Poiché la Chiesa è unita a Cristo come al suo Sposo (Ef 5,25-27), diventa essa stessa a sua volta mistero (Ef 3,9-11). Contemplando il mistero della Chiesa, san Paolo mette in risalto la comunione con Cristo: “Cristo in voi, speranza della gloria” (Col 1,27).

Veniamo associati a Cristo mediante il battesimo, nel quale “riceviamo lo spirito di figli adottivi che ci fa esclamare: Abba, Padre” (Sacrosanctum Cconcilium, n. 6). Veniamo associati a Cristo mediante l’imposizione delle mani del Vescovo: questo ci rende partecipi del “ministero di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito santo” (Presbiterorum Ordinis, n. 1).
La nostra partecipazione al mistero pasquale ha il suo fine nella lode a Dio da parte di tutta l’assemblea liturgica. La nostra comunione con Cristo ci inserisce nella preghiera e nell’offerta che Gesù, “consacrato con l’unzione”, fa della sua vita per il mondo.

Così la nostra preghiera personale e la nostra liturgia delle Ore (la preghiera pubblica della Chiesa “nella quale i fedeli (chierici, religiosi e laici) esercitano il sacerdozio regale dei battezzati”, Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1174), ci aiutano a valorizzare la dimensione contemplativa della vita che è decisiva per la fede cristiana e per la nostra fede di presbiteri. Nella dimensione contemplativa si ravviva e si rafforza la nostra comunione con Gesù e con il suo essere Figlio: uniti a Lui, diventiamo anche noi figli di Dio e prendiamo coscienza del nostro essere fratelli. Questa comunione con Cristo che si esprime a partire dal battesimo e che ha il suo culmine nell’assemblea eucaristica diventa comunione vissuta nel presbiterio, caratterizzando le nostre relazioni. La lode a Dio anticipa la lode eterna, e questo è lo scopo di tutto l’essere della Chiesa, è ciò che dà forza, unità e gioia al nostro ‘stare insieme’ e al nostro operare insieme come Chiesa.

5. La fiducia nel Signore, nella Chiesa, nei fratelli

La Chiesa eucaristica è una Chiesa che cresce nella fiducia. Innanzi tutto fiducia nel Signore: egli è il “Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20). Fiducia nella Chiesa: è il corpo di Cristo, la sua sposa. Fiducia nel Papa, nel Vescovo, nei  confratelli, nelle comunità, nei fedeli laici, negli uomini e nelle donne di buona volontà. Abbiamo un grande bisogno di aiutarci a crescere in questa fiducia a tutto campo, senza esclusioni. La fiducia è un atteggiamento di fondo decisivo, è la base della vita e quindi della vita cristiana. Non si può avere fiducia a intermittenza, e neppure a piacimento: essa è la condizione di fondo che ci fa crescere in umanità, nonostante le avversità e le forze disgregatrici. Solo con la fiducia apprezziamo la vita, solo con la fiducia vediamo le tante piccole e preziose testimonianze quotidiane di santità, solo con la fiducia affrontiamo le prove della vita, solo con la fiducia si diventa capaci di generare. La fiducia è favorita dalla condivisione di una esperienza, di una storia, di un progetto. La fiducia cresce se vi è comprensione, un modo di sentire comune che ci tiene insieme come membri di una realtà dove prevale il ‘noi’, se vi è stima per l’altro, conoscenza dell’altro, partecipazione alla vita dell’altro, senso di appartenenza che ci accomuna.

Credo che la mancanza di fiducia renda molto malato il nostro Paese. La diffidenza pare aver bloccato il moto di apertura verso l’altro, con la conseguente infelice chiusura sul nostro ‘io’, sulla nostra coscienza isolata e chiusa. Quando non si avverte l’esigenza di aprici e di sperimentare la bontà dell’investimento nell’altro, si perde anche la fiducia in se stessi, non si riconoscono più i doni e le possibilità che abbiamo. Questa sfiducia dovuta alla chiusura relazionale è un virus contagioso che si diffonde ovunque e può colpire anche noi e il nostro presbiterio.

La Chiesa eucaristica ci aiuta a superare questo rischio: in questo contesto così problematico per tanti motivi, aiutiamoci a mantenere vivo il dialogo con i vari ambiti della nostra vita, dalle istituzioni alle famiglie, dal sistema sociale ed economico alle nostre comunità locali. Non manchi mai la nostra parola che deriva dalla Parola ascoltata e celebrata: così la nostra parola infonde fiducia e arriva a mettere in risalto la bellezza e la dignità della vita umana, a sostenere l’impegno per una buona vita di famiglia, a stimolare che lavora per una vita sistema sociale ed economico attenta alle persone e al lavoro.  Insieme a voi cercherò nella Visita pastorale di far capire che la nostra parola di fiducia è una parola fondata su una speranza fondata, Gesù Cristo morto e risorto.

6. La nuova logica della Chiesa eucaristica

Il mistero pasquale annunciato e celebrato ci interpella anche nelle nostre relazioni, personale e pastorali. Siamo invitati a vivere e a realizzare la novità di vita che deriva dalla Chiesa eucaristica. Mi limito solo ad un piccolo esempio: non sono nella luce del mistero pasquale i giudizi a volte un po’ affrettati nei confronti di confratelli, anziani o giovani. Possono essere giudizi dettati anche da una buona intenzione, come può essere l’organizzazione pastorale o altro. Tuttavia dobbiamo rispettarci di più e favorire un’idea di presbiterio e di Chiesa che si richiama alla Chiesa eucaristica e alla sua nuova logica, piuttosto che seguire anche solo in parte la logica funzionalistica o la nostra particolare visione. Non è facile, con lo sguardo piccolo, riconoscere che “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”. Non è facile aprirci alla logica nuova della Chiesa eucaristica, per questo vorrei che ci aiutassimo perché essa, condivisa da tutti, possa sempre ispirare i nostri rapporti, anche quando nelle prove dobbiamo soffrire, quando vi sono ferite aperte: il mistero pasquale ci chiama a seguire Cristo sulla via dolorosa. La logica eucaristica è la logica della verità dell’amore, cioè l’amore nel suo significato vero di accoglienza, di dono, di comunione, come l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate al n. 3 ci ha ricordato. La comunione appartiene alla verità dell’amore: senza comunione, non vi è amore vero e, dunque, non vi è vita.

7. Come i discepoli di Emmaus

Concludo. Lascio alla vostra riflessione questi pochi accenni, convinto che la chiave interpretativa del mistero cristiano, della Chiesa, del ministero pastorale, della nostra comunione in quanto presbiteri è, lo ripeto ancora, l’assemblea eucaristica in atto. La Costituzione sulla divina liturgia afferma: “in quest’opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende culto all’eterno Padre” (n. 7).    

La Chiesa eucaristica ci chiama lasciar trasparire la nostra comunione intima con Cristo morto e risorto, proclamato dalle Scritture e celebrato nei santi segni. Forse questa immagine di Chiesa eucaristica è particolarmente rispondente alle esigenze della situazione odierna perché anche noi oggi ci ritroviamo nell’esperienza dei discepoli di Emmaus che l’evangelista Luca ha raccontato nel capitolo 24, 23-35. La centralità del mistero pasquale annunciato e celebrato è da accogliere nel senso indicato da Gesù. Possiamo anche noi passare dal cuore chiuso, lento a credere, agli occhi che si aprono e riconoscono la presenza viva del Risorto nello spezzare il pane. Ma il senso indicato da Gesù non finisce qui. Intuito il misterioso progetto di Dio che passa attraverso l’oscurità della morte, superata la sfiducia e vinta la tristezza, i discepoli di Emmaus tornano indietro, a Gerusalemme, convinti dell’importanza decisiva di annunciare ai fratelli la vittoria della vita sulla morte.

Gianni Ambrosio       
Vescovo

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