Sergio Romano al Festival: “La Giustizia italiana è gravemente malata” VIDEO foto

Netto, deciso, senza fronzoli, così comincia Sergio Romano, intervenuto al Festival del Diritto per parlare di "Crisi della democrazia e potere dei giudici"

“Non dico nulla di nuovo se vi dico che la Giustizia italiana è gravemente malata. I danni sono evidenti, gli italiani non credono più nella giustizia e gli investitori stranieri preferiscono investire altrove. A cosa è dovuto tutto questo? A rigore di logica questo dovrebbe portare a un discredito, ma la magistratura è molto più potente oggi che in tutto il resto della storia d’Italia. La politica italiana dipende negli ultimi anni dall’azione di un magistrato o di un procuratore”. Netto, deciso, senza fronzoli, così comincia Sergio Romano, intervenuto al Festival del Diritto per parlare di “Crisi della democrazia e potere dei giudici”.

Nella cornice della Sala dei Depositanti di Palazzo Galli, introdotto da Dino Messina, Romano va nello specifico. “I magistrati – dice – hanno sostituito la classe politica tre volte: negli anni del terrorismo, negli anni Ottanta quando la mafia assunse dimensioni sempre più inquietanti e nelle vicende di corruzione ben note agli inizi degli anni Novanta. A quel punto si sarebbero dovuti dividere i magistrati inquirenti e quelli giudicanti. Non fu fatto. Ci sono stati sì i tentativi di riforma dell’ordine giudiziario, che hanno però incontrato la resistenza dello stesso ordine giudiziario, complice la classe politica perché sono gli anni dell’ingresso sulla scena di Silvio Berlusconi. Il desiderio, anche dell’opposizione, di mettere fuori gioco Berlusconi superò di fatto la volontà di una buona riforma della giustizia”.

“Per anni – prosegue – il primo pensiero dei procuratori è stato Berlusconi e non un’amministrazione equa della giustizia, lo accetterei se ci fosse la distinzione tra magistrati inquirenti e giudicanti. Così non è”. Quindi inquadra le differenze tra la figura del magistrato italiano e quella in altri Paesi, lasciando cadere una domanda retorica “peculiaritá positiva o anomalia italiana?”.

In conclusione una non prevista, ma avvincente e puntuale lezione storica di Romano, in risposta alle domande di una signora del pubblico che lo aveva accusato di voler dimenticare le stragi naziste. “Ho detto solo che i tribunali non riescono più, decenni dopo, a risolvere le controversie riguardanti le stragi naziste. Per il resto la memoria va coltivata così come si sta facendo, ci mancherebbe”.

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