“Repubblica” intervista Bellocchio “provinciale dallo sguardo lungo” foto

Una lunga intervista a Piergiorgio Bellocchio è comparsa domenica 30 novembre sulla pagine del quotidiano “Repubblica”. Numerose le tematiche trattate dal critico letterario e scrittore, fratello del regista Marco Bellocchio, che nel 1969 fondò i Quaderni Piacentini e che fu il primo direttore di Lotta Continua.

Una lunga intervista a Piergiorgio Bellocchio è comparsa domenica 30 novembre sulla pagine del quotidiano “Repubblica”. Numerose le tematiche trattate dal critico letterario e scrittore, fratello del regista Marco Bellocchio, che nel 1969 fondò i Quaderni Piacentini e che fu il primo direttore di Lotta Continua.

“Un provinciale dallo sguardo lungo. Coerente. Appartato. Un moralista senza moralismi. Senza paraocchi” lo definisce l’autore dell’intervista Antonio Gnoli.

“Com’è la vita a Piacenza per uno come lei? – gli chiede il giornalista. “Quella di un ultraottantenne – risponde Belloccio – che, oltre alla naturali offese all’età, patisce quelle supplementari dell’amministrazione e dei servizi. Chi è più in grado di decifrare una bolletta del gas, telefonica, un bilancio condominiale, una tassa? Io non ho la forza di provarci, e la cosa mi avvilisce e mi nausea. Numeri, sigle, formule misteriose. Non riesco neanche più a leggere i giornali, vedere la televisione, andare al cinema. Bombardati dalla pubblicità. Assediati telefonicamente da offerte che si spacciano per convenienti. Il libero mercato ha scatenato il nostro peggio. Rimpiango i monopoli”.

Segue un tuffo nella filosofia, nella letteratura. Bellocchio parla dei Quaderni Piacentini e poi di Diario, rivista letteraria che fondò nel 1985 con Alfonso Berardinelli. Per poi tornare a Piacenza e alla sua famiglia. “Era numerosa – spiega – Eravamo otto figli. Io ero il terzo. Marco, nato nel 1939, l’ultimo”. “Mi fece leggere la sceneggiatura – proseguendo parlando de “I pugni in tasca” – e gli dissi che era pessima. Ma quando vidi le prime scene del girato, restai sbalordito. Era un film bellissimo».

“I tempi che viviamo sono anni di finis sinistrae. Che giudizio ne dà?” – chiede infine l’intervistatore. “Quella sinistra che abbiamo conosciuto è finita – chiosa Belloccio – e forse non è un male”.