Ricominciare la vita dopo l’incidente: la storia di Matteo, 24enne di Caorso  foto

“Non posso più andare al campetto a giocare a basket” è la prima cosa a cui Matteo ha pensato dopo l'incidente stradale che l'ha provato della gamba sinistra. Ora spera di poter far scattare negli altri la "leva motivazionale" con cui affronta la sua nuova vita.

“Essere diventato un portatore di handicap fa un brutto effetto?” “No, è un problema come tanti altri”.

La domanda è rivolta a Matteo Sbordi, 24enne di Caorso (Piacenza), che a passare per vittima non ci pensa proprio. Matteo pratica sport, è iscritto all’università, passa le serate con gli amici o la fidanzata e coltiva progetti per il futuro, compreso quello di poter, un giorno, innescare negli altri la stessa “leva motivazionale” che è impressa a fuoco in lui e con cui affronta la sua “nuova” vita; quella iniziata il 13 dicembre di due anni fa, quando è rimasto coinvolto in un incidente stradale che l’ha privato della gamba sinistra.  

Una Santa Lucia che non dimenticherà mai e di cui al tempo stesso non ricorda nulla: la sua auto, mentre percorreva la strada provinciale in direzione di Monticelli, si è scontrata rovinosamente con un camion, all’altezza di San Nazzaro. I vigili del fuoco lavorarono a lungo per liberarlo dalle lamiere e consegnarlo alle cure dei sanitari del 118. Quando raggiunse l’ospedale di Piacenza era in condizioni gravissime.

“Non posso più andare al campetto a giocare a basket” è la prima cosa a cui ha pensato quando la mente è tornata ad essere lucida, dopo delicati interventi chirurgici e lunghe settimane di degenza, passate immobile in un letto.“All’inizio mi ero complessato – racconta –; avevo paura di essere un peso per gli altri o di essere trattato diversamente, pensavo alla squadra di calcio in cui giocavo a Polignano, alla pallacanestro, e mi dicevo ‘non ho una gamba, ora non posso più’.

Poi è stato trasferito all’ospedale di Villanova sull’Arda per la riabilitazione e lì ha fatto un incontro, destinato a cambiare “la prospettiva con cui guardi alle cose”: ragazzi, padri di famiglia, colpiti da paralisi gravissime, senza la speranza di poter tornare a camminare o a muovere mani e braccia. 

Nuovi amici, con cui condividere le esperienze e passare il tempo, mentre il duro lavoro di recupero produceva progressi. “Se sei un minimo autocritico pensi, sì ho dei problemi, ma quelli degli altri sono peggio dei miei, chi sono io per lamentarmi? Una volta mi lagnavo di tutto, anche di un minimo dolore, ora ho una nuova coscienza dei sacrifici che posso sostenere o di quali sono i veri ostacoli, certo non il brutto voto a scuola o la litigata con la ragazza, come pensavo prima”.

E poi le chiacchierate con la psicologa, capace di pronunciare una frase rimasta scolpita nella sua anima: “Esistono situazioni che ci vengono imposte e possiamo solo accettare, altre invece dipendono dalle nostre decisioni e su queste possiamo costruire la vita”. 

Matteo ha deciso di fare ancora sport, con la Bulla Basket squadra di basket in carrozzina di Villanova, ”persone che si fanno il ‘mazzo’ ogni giorno senza mai lamentarsi e che ti danno una forza incredibile”; di lanciarsi in un viaggio a Vienna con la fidanzata anche se il mondo esterno abbonda di difficoltà pratiche per chi deve fare i conti con un handicap; di arrivare prima o poi alla laurea in psicologia; di cercare un lavoro; di impegnarsi nella riabilitazione fino a camminare ancora sulle proprie gambe, anche se ora una è una protesi.

E di poter trasmettere a sua volta il bene ricevuto: l’aiuto concreto, il sostegno, l’incoraggiamento elargito (oltre che da famigliari e amici, sempre al suo fianco) dal personale sanitario che l’ha curato e dall’ospedale di Villanova. Quest’ultima “una realtà di eccellenza, senza non so come avrei fatto” spiega, e il solo pensiero che possa essere a rischio è vissuta con preoccupazione e dolore.

“Potrei fare il motivational coach” scherza, ma il messaggio e chiaro: l’energia e il coraggio non vanno sprecati, perchè sono le fondamenta da cui si risolleva chi ha bisogno. 

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