“Il Califfato progetto totalitario, non solo terrorismo”

Domenico Quirico, scrittore e giornalista de La Stampa, è stato giovedì mattina a Piacenza, ospite alla Scuola di Polizia della tavola rotonda sul tema “Il terrorismo islamico, un mondo in fermento”, organizzata dalla Questura della nostra città nell’ambito del ciclo “La sicurezza nel sapere”

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“Il califfato non si esaurisce nel terrorismo, utilizzare questo termine per definirlo è un modo per non capire”.

Domenico Quirico, scrittore e giornalista de La Stampa, è stato giovedì mattina a Piacenza, ospite alla Scuola di Polizia della tavola rotonda sul tema “Il terrorismo islamico, un mondo in fermento”, organizzata dalla Questura della nostra città nell’ambito del ciclo “La sicurezza nel sapere”.

Quirico conosce bene il progetto del “Grande Califfato”, titolo del suo ultimo libro: rapito in Siria nel giugno 2013, a descrivergli il sogno di far rinascere il califfato da al-Andalus fino all’Asia era stato proprio Abu Omar, il capo del drappello di Jabet al Nosra che lo aveva sequestrato. Liberato l’8 settembre di quello stesso anno, nei giorni ha riconosciuto in fotografia i suoi sequestrati, morti in Siria.

“Al Qaeda – ha detto Quirico – aveva come piano una mondializzazione del metodo terroristico, ma non ha mai avuto un progetto politico, Bin Laden non ha mai sognato di diventare capo di qualcosa”.

“Il progetto totalitario del califfato, in grado di coinvolgere persone con esperienze personali e sociali completamente diverse, è in maniera esplicita la purificazione del mondo, prima di quello musulmano da coloro che sono considerati atei e apostati, e poi del mondo intero dagli infedeli, sulla base di una divisione tra uomini puri e impuri”. “Un progetto – spiega Quirico – per ora all’interno del mondo musulmano: la volontà è quella di eliminare i confini tra Stati nazionali, creature dell’Occidente, e ricostruire uno spazio unico di Dio sotto una sola legge”.

Per il giornalista la battaglia contro il Califfato è destinata a durare ancora a lungo: “Non è affatto vero sia militarmente defunto, ha subìto perdite ma non è stato annientato, anzi: alcune battaglie testimoniano grande efficienza e modernità dell’azione e della struttura militare”.

“La sua struttura – avverte – è molto diversa da quella di Al Qaida, si può riprodurre in altri luoghi: anche se Al Baghdadi venisse eliminato, ci sarebbe subito un altro califfo; al contrario di Bin Laden, che era Al Qaeda, Al Baghdadi è un funzionario di un progetto che viaggia indipendente da lui”.

Sui recenti attentatori che hanno colpito in Europa, Quirico ha parlato di un Califfato “che ha offerto loro uno sfondo, un progetto: si tratta però di storie nostre, francesi, belghe, non irachene o siriane, storie di integrazione fallita. È un problema di queste società che si devono interrogare su loro stesse”.

Su quest’ultimo aspetto ha insistito anche Yassine Baradai, direttore del centro culturale islamico di Piacenza: “La questione identitaria – ha evidenziato – è punto di leva su cui gioca il terrorismo: spesso queste persone si scontrano con società che li emargina e non li vede cittadini al pari degli altri”.

“Oggi in Italia l’Islam è la seconda religione praticata, ma di fatto non vi è un riconoscimento da parte dello Stato: il rischio è che, nonostante siano nate e cresciute qui, vi siano persone che si sentono cittadini di serie b, chiamate a rispettare regole ma davanti a un muro quando chiedono diritti”.

“Le moschee non sono luoghi di terrorismo – ha ribadito con forza, sottolineando il pericolo, anche nel nostro paese, che per alcuni stranieri si inizi ad entrare in una logica di separazione: “Non più noi tutti insieme popolo italiano, ma noi e voi. I terroristi usano questo a loro favore”.

Ma come possiamo difenderci oggi e prevenire attacchi terroristici? “Dobbiamo mettere in campo tutti gli attori del territorio – ha detto Claudio Galzerano della direzione centrale della polizia di prevenzione dipartimento di pubblica sicurezza – dalle autorità civili e militari, a chi opera nella giustizia e nel sistema carcerario, fino ai servizi sociali e alle strutture sanitarie”.

“Le nostre comunità – ha affermato ricordando come nel nostro paese sia attivo da anni il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo per la condivisione e valutazione delle informazioni relative alla minaccia terroristica interna ed internazionale – hanno tutti gli anticorpi per portare alla luce situazioni di potenziale pericolo”.

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