“Living is easy with eyes closed” 50 anni dopo Strawberry Fields Forever  foto

Abbiamo chiesto ad Alberto Dosi - il "beatlesiano" più noto di Piacenza - di raccontarci la storia di una delle canzoni più straordinarie del quartetto di Liverpool

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La primavera profuma di fragola. Anche per questo si festeggia sulle note di una delle canzoni che hanno fatto la storia della musica, che ha compiuto 50 anni: Strawberry fields forever dei Beatles.

È quanto avviene dal 7 al 13 maggio con Strawberry Days, evento che nasce da Macfrut, fiera internazionale dell’ortofrutta in Fiera a Rimini dal 10 al 12 Maggio.

In occasione di questa manifestazione, abbiamo chiesto ad Alberto Dosi – il “beatlesiano” più noto di Piacenza – di raccontarci la storia di una delle canzoni più straordinarie del quartetto di Liverpool.

“Living is easy with eyes closed…” chi non riconosce uno dei versi del capolavoro di John Lennon? Riascoltatela qui e poi leggere il nostro articolo.

STRAWBERRY FIELDS FOREVER 50 anni dopo – di Alberto Dosi

Secondo il produttore dei Beatles, George Martin, Strawberry Fields Forever è la canzone più originale e creativa nella storia di tutta la musica pop.

Concordo su questo giudizio, ma per capire la genesi del brano bisogna fare un piccolo passo indietro nel tempo ed andare al 29 agosto del 1966.
 
Quel giorno i Beatles, senza alcun annuncio ufficiale, tennero l’ultimo concerto dal vivo al Candlestick Park di San Francisco. Assediati in continuazione da fans deliranti,logorati da ritmi di lavoro improponibili, dopo più di 1400 esibizioni dal vivo in tutto il mondo, Lennon e compagni erano arrivati ad un punto di totale nausea nel suonare della musica che nessuno ascoltava perché le urla ai loro concerti sovrastavano qualunque nota.

Il messaggio era chiaro: ci ritiriamo dalle scene per ridare la giusta dimensione al nostro desiderio di comporre della musica che deve essere ascoltata.

Per prima cosa si presero un periodo di vacanza in cui concepirono l’idea che la “rinascita musicale” poteva essere testimoniata creando un nuovo lavoro a tema, ispirato ai ricordi della loro infanzia. Il primo ad abbozzare una nuova canzone fu John Lennon, impegnato ad interpretare la parte del soldato Gripweed nel film antimilitarista di Richard Lester “Come vinsi la guerra”.

Tra una ripresa e l’altra, mentre si rilassava sulla spiaggia di Almeria in Spagna, iniziò a pensare ad un luogo reale della sua infanzia a Liverpool, ”Strawberry Field” (la s è stata aggiunta da Lennon), un grande edificio vittoriano immerso in un vasto giardino, adibito ad orfanotrofio gestito dall’Esercito della Salvezza, distante solo cinque minuti a piedi da Menlove Avenue, dove John abitava da bambino con la zia Mimi.

Era sempre stato affascinato da quel grande parco; vi si recava spesso, tutto solo, per stare davanti al muro che lo circondava per chiudere gli occhi e lasciare libera la propria fantasia; là maturò anche la convinzione di essere una persona completamente diversa dalle altre,di riuscire a vedere cose che gli altri non vedevano.

Da questi ricordi nacque ad Almeria una prima versione acustica di “Strawberry Fields Forever”, versione che subì poi a Londra diverse rielaborazioni tanto da richiedere ben 55 ore di studio di registrazione prima di giungere alla canzone finale.

Sul soggiorno di Lennon ad Almeria consiglio a tutti di vedere il film “La vita è facile con gli occhi chiusi” (è un verso della canzone) diretto nel 2013 da David Trueba, in cui il professor Juan Carrion si mette in viaggio per incontrare Lennon nella Spagna ancora dominata dal regime franchista, spinto dal desiderio di chiedere dei chiarimenti sui testi delle canzoni dei Beatles.

Superati molti ostacoli, riesce finalmente ad incontrare John e a farsi consegnare una cassetta con una primissima versione del brano.

Il testo della canzone, influenzato anche dai sogni indotti dalle droghe lisergiche, può essere considerato una “seduta psicoanalitica” messa in musica,una finestra aperta sull’anima di Lennon e sulle questioni esistenziali con cui stava lottando. Il verso “No one I think is in my tree” (Penso che nessuno sia sul mio albero) è la conferma di quanto detto prima sulla convinzione di sentirsi diverso dagli altri.

Il brano fu pubblicato a 45 giri nel febbraio del 1967 insieme a “Penny Lane”, lo splendido contributo di Paul McCartney al progetto sull’infanzia, così radicalmente diverso da quello di John in quanto intriso di ottimismo,gioia e nostalgia autoironica.

I due brani si completavano a vicenda in modo perfetto ed anticipavano il capolavoro musicale, l’album “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” che il primo giugno 1967 provocò un autentico Big Bang nella storia della musica.

“Strawberry Fields Forever” aveva già fatto intendere quello che avverrà con “Sgt. Pepper” e cioè che i Beatles avevano trasformato il concetto di canzone popolare da semplice prodotto “usa e getta” ad opera artistica da tramandare ai posteri.

Qui mi fermo, anche se tante altre curiosità andrebbero approfondite, a cominciare dal finale cacofonico o dagli strumenti musicali utilizzati nella registrazione, ma non prima di un’ultima considerazione personale.

A questo brano sono profondamente legato, perché “Strawberry Fields” è anche una piccola oasi naturalistica a forma di lacrima all’interno di Central Park a New York,fortemente voluta da Yoko Ono per ricordare John Lennon, assassinato l’8 dicembre 1980. All’interno dell’area vi è un bel mosaico circolare con al centro il titolo della canzone più famosa di Lennon solista: “Imagine”.

Ed è davanti a questo mosaico, seduto su una panchina, che per ben tre volte, il giorno prima di correre la maratona di New York, ho chiuso gli occhi ed ho lasciato andare la mia mente, proprio come faceva John davanti al muro di Liverpool.

Sono stati momenti indimenticabili, anche se la terza volta i miei occhi riaperti erano pieni di lacrime, ma non potevano che essere così.

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