Il premio “Il libro giusto” a Dalla Chiesa “I politici parlino di lotta alla mafia” foto

“Il giornalista deve raccontare quello che è possibile vedere” – ha detto Dalla Chiesa - “per tanto tempi i giornalisti non facevano inchieste in proprio, ma parlavano di mafia attraverso gli atti giudiziari, si deresponsabilizzavano

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Nell’ambito de “Il libro giusto”, la manifestazione dedicata all’editoria indipendente che si sta svolgendo presso la galleria “Borgo Faxhall” di Piacenza, è stato assegnato al sociologo Nando Dalla Chiesa il premio omonimo.

Alla consegna del premio è seguito un incontro moderato dal giornalista Giorgio Lambri, in cui si è toccato il tema della lotta alla mafia e l’evoluzione della percezione di questo fenomeno tra istituzioni, media e società civile. È stata anche l’occasione per presentare il nuovo libro di Dalla Chiesa “Una strage semplice”, che a 25 anni dalla morte di Giovanni Falcone torna ad interrogarsi sulle ragioni profonde di questo omicidio.

“Ho sentito l’esigenza dopo 25 anni di tornare su questi fatti perché abbiamo un problema di memoria” – ha spiegato Dalla Chiesa – “dobbiamo capire perché è stato ucciso Giovanni Falcone, e questo nelle commemorazioni non viene mai detto. Falcone era un pericolo per un sistema di interessi che comprendeva la mafia ma non esauriva la mafia, i soldi della mafia dalla fine degli anni ’70 avevano iniziato a circolare nel sangue della economia italiana, bisogna concentrarsi su questa “convergenza di interessi”.

Tornando alla stretta attualità, Dalla Chiesa si è soffermato sui mutamenti delle categorie sociali che nel nostro paese quotidianamente si interfacciano con la mafia. “Quello che sta emergendo» – ha spiegato – “un po’ per l’allentamento dei principi etici, un po’ per la spinta della crisi è che sono sempre più frequenti le occasioni in cui è l’esponente della cosiddetta “società legale” a cercare un mafioso; che sia un imprenditore, un professionista o un politico”. “Questo preoccupa perché finora si diceva che la mafia trovava il consenso tra quelli che non hanno lavoro, tra i disoccupati tra, gli emarginati”.

Il problema è che non c’è la giusta percezione di cos’è la mafia” – ha continuato – “I cittadini la reputano come una cosa folkloristica, da prendere in giro. L’imprenditore di successo spesso pensa di utilizzare i loro servizi non capendo che nel momento in cui inizia un rapporto con un’organizzazione mafiosa apre la strada per perdere la propria impresa”.

La scarsa comprensione del fenomeno mafioso è riconducibile per Dalla Chiesa alle lacune della classe politica italiana – ”Non c’è paese occidentale che ha subito il massacro che abbiamo subito noi” – ha sottolineato – “eppure non c’è un discorso politico, non c’è un comizio elettorale, non c’è una presenza in televisione in cui un leader politico, di partito, dice che uno dei nostri problemi principali è la mafia, dobbiamo sconfiggere la mafia. Credo sia un imperativo per una società civile”.

Nemmeno i media sono esenti da responsabilità – secondo Dalla Chiesa – “Il giornalista deve raccontare quello che è possibile vedere” – ha detto – “per tanto tempi i giornalisti non facevano inchieste in proprio, ma parlavano di mafia attraverso gli atti giudiziari, si deresponsabilizzavano.

Bisognerebbe chiedersi perché un gruppo di liceali è andato a Brescello – comune commissariato per infiltrazione mafiosa – a fare quello che grandi testate e grandi televisioni non hanno fatto. Hanno fatto parlare un sindaco e hanno consegnato un ritratto importante della situazione. Credo che i giornalisti debbano fare questo”.

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