Gli anni Novanta, Belle al Bar e il fascino del Po

Torna la “Nave in bottiglia”, la rubrica di PiacenzaSera.it curata da Mauro Molinaroli, ecco la nona puntata.

Gli anni Novanta, Belle al Bar e il fascino del Po 

Non c’è solo il calcio e il Piacenza in serie A in quella dolce e tenera primavera del 1994. Ricordo. Ricordo perfettamente. La stagione è mite, l’estate alle porte e quel «ciak si gira» mi è rimasto impresso. Più o meno le due. Notte fonda e lo spyderino rosso punta i fari sul Po. Il regista Alessandro Benvenuti che oggi è uno dei protagonisti degli episodi del Bar Lume in 0nda su Sky, dà istruzioni ai suoi. Si gira “Belle al bar”, uno dei pochi film interamente realizzati a Piacenza.

«Attenti alle luci – dice Benvenuti ai suoi collaboratori – il fiume ha un fascino particolare, va preso per il verso giusto». La troupe è in fermento. Erano anni che a Piacenza non si girava un film e qualche curioso accosta l’auto sullo stradino bianco che porta al vecchio pontile della Map che purtroppo venne distrutto dal crollo del ponte sul Po nel 2008. Benvenuti non sta fermo, è spazientito e vorrebbe che al pontile funzionasse un ristorante ma così non è. E allora il regista toscano se lo inventa, lo imbastisce per girare una scena, accanto a Benvenuti Eva Robin’s (splendida). Le luci, la gente, lo spyderino, la città in lontananza.

E’ un’altra Piacenza. E pensare che da anni si parla di recupero del Po, di parco fluviale. Ci volle un artista toscano con la voglia di emergere per regalarci un’idea di fiume diversa dal solito. La notte confonde, dilata, regala emozioni ma quella scena, il ristorante, i camerieri, i tavoli imbanditi e la cena a lume di candela danno tono alle riprese e al fiume, è un’altra storia, si può sognare. Ci aveva provato Bellocchio nel ’66 a ritrarre Piacenza.

Erano altri anni. Montava la rivolta e i ragazzi guardavano il mondo coi pugni in tasca mentre Benvenuti cerca solo un po’ di poesia. Due città diverse sembrano riproporsi attraverso l’operina di Benvenuti da un lato e il film cult di una generazione dall’altro.

Eppure sia ne “I pugni in tasca” che in “Belle al bar” il Po ha uno suo fascino, racchiude storie, leggende. Anche se poi, a dire il vero, Piacenza non è città di fiume e si è sempre tenuta rispettosamente a distanza, con una sorta di diffidenza se non di disamore, e non è un caso che il suo sviluppo urbano sia cresciuto in direzione diametralmente opposta. Ma il Po ha, da sempre, un significato importante per la città. E’ barriera difensiva e via di traffici nel medioevo, spiaggia popolare e palestra di coraggiosi pontieri, teatro di sport nautici e remieri, meta di affascinanti esplorazioni e passeggiate romantiche, prezioso ausilio di industrie.

Il Po ha tanti volti, tra i quali quello di Bellocchio e quello di Benvenuti, ma non tutte le facce sono amabili, tutt’altro. Il Po è infido, tenero, dolce e assassino. Il Po ha portato con sé anche nuotatori esperti e ha restituito corpi di suicidi. Così è la vita intorno al fiume un tempo ravvivata da strane  confraternite: bracconieri, misantropi che osservano tra le boschine coppie appartate per fare sesso, gente selvatica che frequentava osterie e chalet nascosti, che non aveva paura e conosceva le anse segrete del fiume, i mulinelli, gli scherzi maldestri della corrente.

Nel Po un tempo si facevano i bagni. Oggi la “Nino Bixio” e la “Vittorino da Feltre” con piscine coperte e scoperte, campi da tennis e palestre vengono in supporto di chi intende svagarsi e allontanare lo stress, ma c’era suggestione quando il fiume era la spiaggia dei poveri. Tra le due guerre il lido e una colonia scolastica balneare trovano sede sull’isolotto Maggi che si può raggiungere in barca o dal ponte stradale, da una rustica quanto anacronistica scalinata in legno. Dicono che vi fosse un baracchino con gazzose e angurie che confortava i bagnanti accaldati. Poi la guerra, i bombardamenti e l’isolotto diviene un inferno, martellato dagli attacchi aerei sui traghetti militari anche dopo la distruzione dei ponti. Per ricostruire quello stradale ci vogliono quattro lunghi.

E Alessandro Benvenuti? Ci ha regalato, attraverso il suo film che ho visto girare quasi per intero, un fiume amico, meno limaccioso e più vicino alla città con le belle al bar che sorseggiano un frizzantino o uno spritz, che è poi un piccolo sogno, una costruzione fantastica affascinante e suggestiva. Eravamo nel 1994. Quel film prodotto da Giorgio Leopardi regalò alla città una piccola frenesia, diede l’idea di un sottile corteggiamento a una Piacenza che non esiste più.

Mauro Molinaroli