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“Rare Birds” e “Superorganism”, la recensione foto

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JONATHAN WILSON – “Rare birds” (2018)

SUPERORGANISM – “Superorganism” (2018)

Quante novità per questo primo scorcio di primavera, anzi, molte non sono proprio delle novità ma noi siamo molto lenti (non solo di comprendonio).

Per i cultori dell’alt-folk impegnato e hippy, in attesa del nuovo album Father John Misty – un’anteprima interessante è il singolo “Mr Tillman”, di cui girano diversi videoclip più o meno ufficiali; in uno di essi il nostro è l’erede spirituale del Grande Lebowski (non solo di Dylan) – ecco “Rare birds” del cantautore americano Jonathan Wilson.

Per mettere alla prova l’amico poco aggiornato, potreste sbianchettare l’anno 2018 e mettere 1970, e lui non si accorgerebbe dell’inganno: Pink Floyd, Peter Gabriel, west coast, folk, country. Il tutto di buona foggia, con qualche eccesso barocco (superbo, tuttavia, il vocalizzo di Laraaji in “Loving you”).

Altrettanto fricchettoni i Superorganism, ma loro – che fanno base a Londra – sono decisamente più 2.0: amano definirsi una “pop art factory”, e sono un coloratissimo collettivo di otto ragazzi (Orono, Harry, Emily, Tucan, Robert Strange, Ruby, B e Soul arrivano chi dalla Nuova Zelanda, chi dal Giappone, chi dagli USA…) che fanno un po’ tutto da soli, grazie soprattutto all’ausilio della tecnologia e della rete.

Il loro pop è intelligente, bizzarro e obliquo, molto contemporaneo, con largo uso di campionamenti e alcune reminiscenze nineties: non a caso, ascoltano Flaming Lips, Beck, Pavement. Parte della critica li ha osannati per il singolo d’esordio, “Something for your M.I.N.D.”, che li ha resi subito celebri anche grazie a un noto videogame, salvo poi intiepidirsi per l’album di debutto eponimo, colpevole di essere troppo scolastico e ripetitivo. Ma sono poco più che maggiorenni, che diamine. Tempo al tempo.

VOTO: 7

VOTO: 7

Giovanni Battista Menzani

Tw: @giovannimenzani

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