“Il dolore diventi speranza e la vendetta giustizia. Srebrenica non si ripeta più” foto

“Spero che il dolore diventi speranza, che la vendetta diventi giustizia e che le lacrime delle madri diventino preghiere perché ciò successo a Srebrenica non si ripeta più”. Queste le parole pronunciate dal Gran Muftì di Bosnia Mustafà Ceric in occasione del convegno “Refugees never forget”, tenutosi il 20 giugno nella Sala dei Teatini.

Il convegno è stato organizzato in occasione del prossimo 23esimo anniversario dal genocidio di Srebrenica, rivolgendo soprattutto l’attenzione al valore dato al rifugiato oggi.

Tra i relatori presenti anche Semso Osmanovic, sopravvissuto alla strage e autore di una tesi di dottorato all’Università di Trieste , Lara J. Nettlefield docente della Columbia University e esperta internazionale sulla crisi dell’ex- Jugoslavia, il ministro degli Esteri della repubblica di Bosnia ed Erzegovina Igor Crnadak e il responsabile dell’Ippogrifo Davide Tacchini. Presenti anche l’assessore ai Servizi Sociali Federica Sgorbati e l’ex parlamentare Pd Marco Bergonzi.

“L’intento di questo incontro – ha spiegato Tacchini – non è quello di organizzare una commemorazione fine a se stessa, ma il voler ampliare il concetto generale di migrante, abbandonando l’alone classico che lo circonda, e filtrarlo con esperienze diverse e ormai quasi ignorate”.

L’11 luglio 1995 accadeva una delle più brutali violazioni dei diritti umani; 8.000 uomini adulti, vecchi e bambini furono separati dalle loro famiglie, deportati e violentemente uccisi dall’esercito serbo-bosniaco.

Ora 23 anni dopo nonostante “la realtà condivisa in diretta”, i contatti economici superano quelli umani e di Sbrebrenica, così come per tanti altri massacri, si perde lentamente la memoria. Il rifiuto di ammettere un torto tarda ancora a presentarsi ed è questo che più sconvolge il Gran Muftì che vede nell’ammissione del proprio sbaglio un motivo per riscattarsi.

Ricordare per non ripetere è la morale di un racconto senza fine, ascoltato in cerchio come l’ultima favola della sera. Ed è da questo episodio che la conversazione si sposta sulla condizione del migrante, oggi più che mai esodato non voluto.

Alla domanda “come mai ora molti stati stanno chiudendo le frontiere?”, la risposta data da Lara Nettlefield è stata semplice ed esauriente “ i governi si sentono minacciati” ed è inevitabile che dalla paura si generi solo un un’idea malsana, difenderci nei nostri confini come animali, gli uni diffidenti degli altri.

Chi è quindi un rifugiato? Una persona, nel suo significato più umano, costretta dalla vita ad avere il diritto di ritrovare la sua dignità e il nostro compito seppur difficile è garantirgli tale richiesta.

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