Aggressione carabiniere, la Procura “Pena nello scaglione più basso previsto”

Prima sentenza per l’aggressione al carabiniere durante il corteo antagonista, “pena nello scaglione più basso previsto dalla legge“.

A parlare è la Procura di Piacenza all’indomani della condanna di primo grado a 4 anni e 8 mesi di reclusione per Moustafa Elshennawi, accusato di resistenza e violenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate. “Noi non siamo in linea con nessuno, se non con la legge” ha precisato il Procuratore della Repubblica Salvatore Cappelleri, riferendosi ad alcune polemiche seguite al pronunciamento della sentenza.

“Questo signore rispondeva di due reati, di cui uno particolarmente grave, con una pena che varia di  3 a 15 anni (art. 336, 337 e 338 del codice penale) e a cui si è accompagnata una condotta non lieve; in questo caso la pena non è stata superiore alla metà del massimo previsto” ha precisato Cappelleri.

La richiesta avanzata dal pubblico ministero Emilio Pisante era infatti pari a sei anni e sei mesi per il reato di resistenza e violenza a pubblico ufficiale , più altri sei mesi per il reato di lesioni, ridotti poi a 4 anni e 8 mesi in virtù della formula del rito abbreviato.

“Il codice prevede inoltre delle aggravanti per il reato di resistenza e nel caso in discussione erano tutti e tre presenti ed è stato richiesto di non concedere attenuanti. E’ stata inoltre accolta la domanda di risarcimento del danno, un  capo della sentenza che va valorizzato, il giudice evidentemente ha ritenuto che il fatto abbia offeso la città di Piacenza”.

In ultimo la Procura tiene a sottolineare che ritiene “estranea ogni considerazione di natura non giuridica che riguarda la lettura della sentenza”.

Siap: “Quattro anni e otto mesi dovrebbero essere normalità” – “Quattro anni e otto mesi di detenzione per aver usato violenza fisica contro un uomo dello Stato che stava operando per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica al fine di consentire il libero esercizio del dissenso democratico, non dovrebbero creare stupore, ma dovrebbe essere la normalità. Anzi, per quanto mi riguarda, rivedendo le immagini violente e notando con quanta durezza si colpisce un uomo in divisa mentre è a terra – uno contro cento – sono anche pochi”.

E’ quanto afferma Sandro Chiaravalloti, segretario provinciale Siap (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia): “Quell’uomo in divisa, insieme a tutti i colleghi, era lì per far rispettare le regole democratiche, quelle costituzionali; di quella Costituzione che si invoca solo quando fa comodo per difendere, ad esempio, la norma costituzionale dell’antifascismo utilizzando, però, in violazione della Costituzione stessa, metodi violenti e facilmente accostabili al fascismo stesso e al regime comunista”.

“Estremismi – prosegue – che spesso sono figli della stessa mentalità violenta e totalitaria. È questa la strada da seguire contro chi usa violenza nei confronti della donne e uomini dello Stato nell’esercizio delle loro funzioni democratiche e, vorremmo, che in tutto ciò, non sia fatto un solo passo indietro neanche per prendere la rincorsa. Le lievi pene inflitte nel tempo, come si è potuto notare nei fatti di cronaca, hanno consentito, a troppi teppisti e delinquenti, di usare violenza e minacciare anche di morte nei confronti di chi è chiamato a garantire la sicurezza dei cittadini. Pertanto, noi del Siap, speriamo che per il futuro siano poste in essere pene ben più consistenti utili a consentire un servizio a beneficio della comunità ben più incisivo”.

“Se così non sarà, – conclude Chiaravalloti – prima o poi, saremo noi costretti a manifestare davanti ad un carcere per chiedere che chi ha usato violenza contro uomini e donne delle istituzioni intenti a difendere gli altri , stia dentro le mura e le inferriate delle carceri italiane affinché , finalmente, possa essere sconveniente delinquere”.

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