“La strage di Strà compiuta da soldataglia” Il confronto tra studiosi 74 anni dopo

E’ lecito interrogarsi a 74 anni di distanza sull’eccidio di Strà di Nibbiano (leggi qui i fatti), dove morirono trucidati dai nazifascisti nove civili, tra i quali alcune donne e un bambino di soli due anni?

Cercare di fare nuova luce sui quei tragici fatti, ricostruire la cause e indagare la sequenza di azioni che portarono a una delle stragi più efferate della nostra provincia, rientra nella pratica di ogni studioso di storia.

Non è lecito invece avanzare qualche tipo di giustificazione o mettere in dubbio le responsabilità materiali e storiche dei nazifascisti di una ferita incancellabile inferta alla comunità della Val Tidone il 30 di agosto del ’44.

Nessuno dei tre protagonisti del confronto pubblico in scena a Palazzo Galli della Banca di Piacenza, gli studiosi Pino De Rosa, Ermanno Mariani e Claudio Oltremonti (autori di pubblicazioni che hanno trattato l’argomento), ha messo in discussione le colpe di quella strage.

Neppure Pino De Rosa, che ha più volte sottolineato le lacune delle ricostruzioni del passato e con il suo libro “Strà, finalmente la verità” ha individuato l’identità del soldato tedesco, la cui uccisione avrebbe scatenato la brutale e disumana reazione dei commilitoni contro la popolazione civile del paese.

Una tesi che Ermanno Mariani ha ricordato essere già stata presa in considerazione dalla storica Anna Chiapponi all’indomani della fine della guerra e compatibile con la ricostruzione dei fatti operata nel suo ultimo libro “L’eccidio di Strà”.

A dare il via al confronto – civile e pacato – l’avvocato Corrado Sforza Fogliani – nella veste di moderatore – che ha dato lettura del comunicato del Cln locale sull’accaduto a Strà, ripercorrendo le prime valutazioni su quella orribile strage.

eccidio di Stra il confronto

Pino De Rosa ha preso la parola per primo offrendo la versione dei fatti tratta dal suo studio:  “La mia pubblicazione aggiunge ai fatti di Strà un elemento di verità. Non ci fu un vero e proprio rastrellamento da parte dei tedeschi a seguito della sparatoria con i partigiani, e con pochi feriti, avvenuta qualche giorno prima alla Rocca d’Olgisio.

Gli attaccanti composti da soldati tedeschi e italiani, ripiegarono verso Piacenza fino a Strà, dove si fermarono nella bottega della famiglia Riccardi, negozio e bar, per rifocillarsi. Nessuno della famiglia si offrì di andare a prendere il vino nel casolare di fronte alla bottega, e così furono tedeschi ad accompagnare l’oste fuori.

Da un vicino campo di mais partì una raffica che uccise il maresciallo Walter Koch. I tedeschi allora persero la testa e si lasciarono prendere dalla vendetta, per questo fu consumata la strage”.

Ermanno Mariani ha ripercorso il suo lavoro di ricostruzione storica con queste parole: “Ho cominciato ad occuparmi molti anni fa della strage, il mio lavoro si basa sulle inchieste del ’45 e del ’48 della squadra mobile e dei carabinieri, che ho poi integrato con interviste sul posto, spesso non facili.

L’antefatto della strage è l’imboscata a un camion tedesco compiuta qualche giorno prima sulla via Emilia dal comandante partigiano “Ballonaio”, che fruttó ai partigiani ben 800 fucili sottratti ai tedeschi, quello fu un colpo enorme.

Per questo fu organizzata una spedizione punitiva dai nazisti su Strà, a cui presero parte sei SS insieme ai repubblichini.

L’attacco venne lanciato alla Rocca d’Olgisio e il combattimento si protrasse per molte ore. Sono i superstiti a raccontare quello che accadde a Strà, dove i civili furono prima rastrellati e poi trucidati dai nazifascisti.

Quanto all’uccisione del maresciallo Koch, già Anna Chiapponi ne parló nella sua pubblicazione poco dopo la fine della guerra, la tesi della rappresaglia immediata è compatibile con la mia ricostruzione”.

eccidio di Stra il confronto

Claudio Oltremonti ha parlato della sua ricerca su documenti più recenti: “Non mi sono occupato direttamente di ricostruire la vicenda di Strà, ma mi sono basato sui documenti di un giudice tedesco, che riprese le investigazioni sul caso di Strà negli anni ’60.

Dai suoi interrogatori emerse una circostanza nuova e clamorosa, che la rappresaglia era stata causata dall’uccisione di un militare tedesco per mano di un partigiano travestito da donna. L’indagine venne chiusa con una considerazione sul diritto di rappresaglia sottlineando la totale assenza di proporzionalità. Ma chiedendo una sostanziale prescrizione sui crimini perpetrati”.

De Rosa ha aggiunto poi alcune considerazioni sulla sua scoperta: “Dopo 70 anni viene riconosciuta l’uccisione di soldato tedesco. Un fatto fondamentale e che nessuno prima aveva mai ricompreso nella ricostruzione storica ufficiale. Quella di Strà non fu una rappresaglia militare, ma fu un atto inconsulto di vendetta verso persone ritenute corresponsabili dell’uccisione del soldato.

I processi ci furono e hanno portato all’assoluzione dell’unico imputato italiano, perchè scagionato. Io chiedo che l’attenzione si sposti anche sulla morte di Koch, diamo un giudizio anche su chi ha sparato uccidendo un tedesco, restando sempre nell’ombra e nell’omertà, e aggiungo non sono sicuro che ad uccidere sia stato un partigiano. Non vogliamo assolvere i tedeschi autori della strage, ma spostare l’attenzione anche su un altro delitto che si consumò quel giorno”.

Mariani ha ricordato come “Il Generale nazista Kesserling un mese prima della strage di Strà affermò che la rappresaglia si sarebbe dovuta eseguire soltanto su maschi adulti che abbiamo compiuto i 18 anni. A Strà invece sono state uccise 9 persone, nessuna delle quali rientra in questa categoria.

Le rappresaglie non sono commesse da soldati, ma da soldataglia. E a Strà andò proprio così. Ci sono stati diversi processi, sono stati indicati nomi dei tedeschi che compirono la strage, figure conosciute che ritroviamo in altri eccidi, esperti torturatori. La guerra civile purtroppo comporta sistemi polizieschi che esulano dai tempi di pace, e le ferite si rimarginano a fatica”.

La considerazione di Oltremonti guarda anche al contesto di guerra: “‘Non dimentichiamo che l’uccisione a tradimento di un militare tedesco da parte di un partigiano avvenne in una zona di guerra, occorre tenere presente il contesto e anche gli altri fatti che accaddero in quel periodo. Ma a oltre 70 anni di distanza vera giustizia non è stata fatta, in parte per ragion di stato: il procedimento è stato archiviato”.

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