Se anche nella “Dannazione” la speranza è l’ultima a morire

Dannazione, non c’è pace per chi spera? Anche all’Inferno la speranza è un vizio impossibile da togliersi completamente, e forse, proprio per questo, il più terribile dei peccati.

Lo ha svelato “Dannazione”, ultimo frizzante spettacolo di Carolina Migli Bateson e Letizia Bravi -la seconda coautrice e protagonista-, promosso dall’associazione culturale Icon e rappresentato a Piacenza il 21 e 22 dicembre scorso in un teatro Trieste 34 affollato, tanto da non avere un posto libero e vantare una lunga lista di spettatori in attesa.

Un luogo indistinto questo Inferno portato sulla scena, non-luogo, almeno all’inizio, senza tempo, sospeso al confine tra morte e vita. E per di più per nulla vivace, se tutto sembra ripetersi sempre uguale a sé stesso, tra cibo scaduto e demoni di cui non si comprende bene il ruolo.

In questo strano universo si ritrova improvvisamente catapultata la diciassettenne protagonista dello spettacolo- tratto dall’omonimo romanzo dello statunitense Chuck Palahnniuk-, un “fantasmino” scozzese abbigliato alla Britney Spears e impersonato da Letizia Bravi.

Dannazione

La ragazza, morta il 2 novembre, ha lo straordinario privilegio di comunicare con i vivi, ma pure, lei sola, a differenza dei suoi compagni di sventura- interpretati dal gruppo Chez Actor under 30- non conosce il motivo della sua discesa agli Inferi.

Solo alla fine dello spettacolo si scoprirà il suo imperdonabile peccato: la speranza, forza vitale intollerabile, che tutto può cambiare, tanto sulla terra quanto nell’aldilà.

Riuscirà quindi la giovane a sovvertire i progetti di Satana per lei e suoi compagni, continuando a sperare anche oltre la vita?

Quello che era parso un universo sbiadito, si rivela gradualmente un viaggio tra classicità (tinta di pop) attualità e politica; realtà non poi tanto diversa dal pianeta Terra in cui tutti viviamo quotidianamente.

A distanza di circa una settimana dall’ultima rappresentazione, proponiamo un’intervista a due voci di Carolina Migli Bateson e Letizia Bravi- come a quattro mani è il loro spettacolo- nella speranza- appunto- che susciti riflessioni, incoraggiamento e buoni propositi per il 2019.

Mi accenni brevemente alla preview Chez moi e al ruolo del romanzo di riferimento per lo spettacolo, “Dannazione” di Palahniuk ? In che misura poi ve ne siete allontanati e verso quale direzione?

L: Siamo state molto accorte nello scegliere le date: il 2 novembre, il giorno dei morti, abbiamo organizzato l’anteprima a ChezMoi e l’8 dicembre, la Festa dell’Immacolata, la festa di crowdfunding presso ChezArt. Infine, sotto Natale abbiamo organizzato lo spettacolo. Abbiamo voluto fare anche un’anteprima per “testare” il materiale che stavamo preparando e vedere se effettivamente funzionava o ci fosse qualcosa da modificare. In quel caso, avevamo comunque proposto solo i primi 10 minuti dello spettacolo. Inoltre non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di organizzarla proprio nel giorno dei morti: da lì è nata l’idea che la nostra protagonista fosse morta proprio il 2 di novembre e che, in virtù di questo, potesse comunicare ancora con i vivi.

Palahniuk “icona 2018”. Lo scorso anno era Tom Stoppard. Quale sarà il “personaggio-icona” 2019? Un’anticipazione?

C:Purtroppo non si può svelare molto; sarà una personalità artistica famosa ed eccentrica. Sicuramente l’avrete amato/a moltissimo

Grafica e video di Roberto Dassoni, scenografia Stefano Zullo, senza dimenticare le illustrazioni di Valentina Bertuzzi; per ritrovarsi al confine tra una serie Tv come Sabrina e il fumetto. Potete spiegare meglio cosa avete voluto realizzare e come siete arrivati a questo?

C: A livello di regia, volevo esattamente un lavoro che richiamasse l’ambientazione di Sabrina. Inferno classico con un tocco pop- teen. A Zullo ho chiesto un iconografia classica negli oggetti, ma da stravolgere nella sostanza: sono nati così putti portaoggetti, il portatelefono- putto e il portabigliettini della posta putto. Valentina ha creato fumetti teen, mentre Dassoni è stato il tread d’union con i suoi schemi di montaggio pop. Ho voluto un limbo di confine molto vicino alla terra dove l’unico elemento separatore fosse un’innocua piccola fila di lucine di natale, le nostre “fiamme”.

Un viaggio dantesco “calato” nell’attualità. I riferimenti: Dante, Virgilio, Dario Argento. Come si contestualizza quest’ultimo nello spettacolo?

C: Mi sono ispirata a Dario Argento per elementi di regia, come, ad esempio, la posizione degli attori a pentacolo per richiamare l’idea delle vittime sacrificali. Per noi è diventato il simbolo della società – infernale – di oggi , che mortifica e sacrifica la vita dei giovani. Un’altra citazione di Dario Argento viene ripresa poi nelle “alte sfere dell’Inferno”, quando i ragazzi finiscono a un party nei pressi del Ministero dell’Inferno, un remix -made by Dassoni- di Profondo Rosso.

Quale “posizione” o ruolo hanno i genitori in questo universo, anche quelli più evoluti e progressisti, trattati con evidente ironia?

C: I genitori sono sempre più lontani dai figli e quello che manca è il dialogo tra le generazioni. Anche nelle famiglie più progressiste. L: Mi sembra che viviamo in un tempo e in una società che promuovo la deresponsabilizzazione. Alcuni principi proposti dai genitori del nostro spettacolo sono più che corretti, almeno secondo la mia sensibilità; il paradosso è che questi genitori li abbiano assunti a mo’ di nuova religione, proprio loro che sono contro “i preti o il catechismo”.
Ed ecco che allora i 7 peccati capitali dei genitori radical chic della nostra performance vengono stravolti, tanto da diventare i loro “comandamenti” circa cosa è vietato.

1 le auto
2 la chirurgia plastica
3 le multinazionali
4 i vaccini
5 l’effetto serra
6 la caccia
7 le farine raffinate

Curioso questo universo che dapprima appare senza tempo, o comunque fuori dal tempo contemporaneo, e poi ne diventa lo specchio…come e perchè avviene nello spettacolo questo passaggio fondamentale? Uno dei dannati”cracca” il sistema-Inferno, scarica la mappa, eh…?! L’Unione fa la forza?

C: Lo spettatore si trova all’inizio di fronte a un “non luogo” non ben precisato, per poi capire gradualmente che l’Inferno non è tanto diverso dal mondo reale. È solo un po’ più kitch (o forse no). Il messaggio che volevamo trasmettere è anche che con la collaborazione di gruppo e il rapporto con gli altri si possa uscire ognuno dalla propria etichetta e arrivare persino alla possibilità del sovvertimento dell’ordine.

In questo spettacolo si scopre che la vera dannazione è l’aldiquà ( e l’Inferno denuncia le storture del mondo), oppure l’aldilà è la proiezione speculare della vita terrena? O piuttosto entrambi gli aspetti?

C: Tra l’aldila e l’aldiqua c’è una linea molto sottile. L’unica differenza tra l’inferno e il mondo reale forse è che il Diavolo è abbastanza onesto da mostrare la sua vera natura… I diavoli in terra invece non lo fanno. L: A mio avviso, quello che mostra lo spettacolo non è tanto “quanto possa essere infernale l’Inferno” piuttosto “quanto ad essere Infernale sia proprio la Terra”.

Politici in Purgatorio: perchè?

C: i politici sono in Purgatorio e non all’inferno perché hanno sicuramente tutti fatto un patto col diavolo servendolo in terra quindi sai com’è…poi dovranno pur essere premiati in qualche modo.
L: Il purgatorio è come una corsia preferenziale dell’inferno, il girone “degli amici degli amici”, diciamo nello spettacolo. Non a caso, è gestito da Andreotti.

Che dire del “vizio” della speranza, visto di mal occhio tanto nel mondo quanto all’Inferno? Forse è la morale potente e finale del viaggio?

C: Sicuramente morale della pièce è che la speranza è sempre l’ultima a morire.
Come regista, artista e madre, ho voluto lanciare un messaggio: dobbiamo noi infondere speranza alle generazioni future. Letizia invece lo fa ogni giorno con il fuoco che porta in scena e l’energia con cui coinvolge i suoi coetanei. L: Il messaggio ultimo è proprio quello: noi non rinunciamo alla speranza. Mal vista da tutti i reparti dell’aldilà (e della Terra) perché miccia che possa innescare reazioni, rivolte, rivoluzioni non è però un valore commerciabile o rinunciabile.

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