“Fu stella”, luce e ricordo della Shoah. Commuove lo spettacolo di Matteo Corradini foto

La Shoah raccontata da una stella gialla a sei punte, marchio indelebile che per gli ebrei “fu la prima ferita”.

Nello spettacolo teatrale “Fu stella”, tratto dall’ultimo libro dello scrittore piacentino Matteo Corradini e da lui interpretato, a portare in scena la persecuzione nazista e le sue vittime non sono infatti le testimonianze dirette di chi l’ha vissuta. Il punto di vista è quello della stella, cucita, in “giallo leggero”, su milioni di cappotti indossati dagli ebrei di tutta Europa.

Come tutte le stelle e le vittime della Shoah, la stella ebraica non parla, ma assume le movenze di una bellissima e talentuosa danzatrice, Fiammetta Carli Ballola, che sulla scena interpreta a suo modo il punto di vista di uomini, donne, bambini, uccisi dalla lucida follia del nazifascismo. A dar voce ai personaggi raccontati e alle loro storie ci pensa Matteo Corradini, con le sue letture. Ma è da “Stella” che tutto scaturisce.

Lo spettacolo, andato in scena al Teatro San Matteo di Piacenza con replica per le scuole superiori, è stato preceduto da una breve introduzione di Stefano Pronti, membro dell’Associazione Anpi Piacenza, promotrice dello spettacolo. “Abbiamo deciso di offrirvi questa rappresentazione – ha detto – per spostare l’apertura dei cancelli di Auschwitz ben oltre il 27 gennaio, facendo risuonare l’eco dell’evento fino alla Liberazione del 25 aprile”.

“Dobbiamo continuare a ricordare l’immane ed inspiegabile tragedia della Shoah – prosegue – per difendere la nostra democrazia e la nostra Costituzione da pericolosi rigurgiti razzisti. Anche molti giovani in passato si sono battuti con la vita per la tutela di valori civili, umani fondamentali”.

Poi la performance teatrale. Una danza raccontata, tra oggetti e parole. Un reading ballato. Fiammetta Carli Ballola entra in scena: è lieve come stella che fa luce, ma è anche “ferita”,” la prima”, cucita addosso. Non è in cielo la stella ebraica, è molto vicina alla vita di chi la porta. Non è certo facile dare luce a chi non c’è più ed ha vissuto un’esperienza così terribile come quella della Shoah, ma la stella ci prova “facendosi corpo”e punto di vista di chi la portava.

Dieci destini, dieci storie emblematiche, parallele alla Grande Storia della Shoah. Il bambino, il rabbino, il libraio, la professoressa, il violinista, il matto, l’inconsapevole, il povero e il vecchio: stella non può cambiare il destino senza scampo di queste persone, ma può provare a sfondarne il buio con la sua luce. E infatti racconta “l’amore, la vita” degli ebrei, senza dimenticare il loro profondo dolore. “E come un bacio che sfiora la bocca, fa nascere una filastrocca”.

Una filastrocca in rima, letta con potente semplicità da Matteo Corradini, dà voce a ogni personaggio raccontato dalle coreografie danzanti di Fiammetta Carli Ballola, sempre in bilico tra leggerezza e angoscia opprimente. Mentre, tra una storia e l’altra, Corradini narra “la Storia”, il buio di quegli anni: il razzismo linguistico e concettuale verso “la parola ebreo”- essere ebrei come insulto verso una razza inferiore scientificamente, per nascita.

La discriminazione, ebrei trattati come pezzi senza valore, da calpestare. E sono pezzi, cubi di legno, che Corradini lancia sulla scena a simboleggiare gli ebrei discriminati. Mentre con una scopa continua a spazzarli via, anche giù dal palco, vicino al pubblico. Come gli ebrei, licenziati dalle scuole, dalla pubblica amministrazione, radunati nei ghetti, offesi, umiliati. Fino alle camere a gas.

Tra la Storia e le storie, tra una coreografia danzante e l’altra, sullo sfondo le immagini in movimento di Vittoria Facchini arricchiscono la scena. Fiammetta Carli Ballola è luce ma buio, separazione, morte le stanno attorno. Raccontate con efficace semplicità da Matteo Corradini. Questo contrasto è esemplificato in modo straordinario dal personaggio della violinista: suona leggiadra davanti alle camere a gas, consapevole di che fine faranno i suoi compagni e lei stessa.

Non c’è scampo al buio, c’è solo la luce del ricordo. E la stella “svanisce”, sul palco, “dal suo stesso racconto”. Tutti gli ebrei morti ora brillano come stelle, ma sono milioni, ben più di dieci. “La sola speranza di tutta la storia è perderne il conto, ma non la memoria”.

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