“In costante sinergia con i vertici del sodalizio” Le accuse della Procura a Caruso

Una delle persone “in costante sinergia con i vertici del sodalizio“, che avrebbe fornito un “costante contributo per la vita dell’associazione”.

Così all’interno della corposa (261 pagine) ordinanza del gip di Bologna viene indicato Giuseppe Caruso, presidente del consiglio comunale di Piacenza arrestato insieme al fratello Albino e ad altre 14 persone nell’ambito della maxi operazione della polizia nei confronti di presunti appartenenti alle cosche, che da tempo operano nelle province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza, e storicamente legate ai Grande Aracri di Cutro.

I reati a lui contestati – associazione mafiosa, truffa aggravata, estorsione in concorso e corruzione – è stato sottolineato, risalgono al periodo precedente all’elezione di Caruso a Palazzo Mercanti con Fratelli d’Italia e la successiva nomina (del luglio 2017) a presidente del consiglio comunale di Piacenza.

Caruso in particolare avrebbe partecipato “alle riunioni tra gli esponenti della consorteria in occasione delle quali venivano pianificate le condotte criminose della cosca e prese le decisioni fondamentali per il mantenimento ed il rafforzamento della stessa” e a riunioni “per dirimere conflitti con soggetti esterni alla struttura ‘ndranghetistica”.

Avrebbe inoltre messo “stabilmente a disposizione le prerogative, i rapporti professionali ed amicali, gli strumenti connessi alla propria attività lavorativa di dipendente dell’Ufficio delle Dogane di Piacenza per il perseguimento degli interessi del sodalizio emiliano”. Così in una telefonata registrata l’8 settembre 2015: “Ho mille amicizie…da tutte le parti…bancari…oleifici…industriali… tutto quello che vuoi…quindi io so dove bussare…quindi se tu mi tieni esterno ti dà vantaggio, se tu mi immischi…dopo che mi hai immischiato…e mi hai bruciato…è finita…perchè la gente ti chiude le porte…la gente mi chiude le porte…che vuoi da me…se tu sei bruciato…non ti vuole…hai capito quello è il problema…quindi allora, se tu ci stai stare, è così…”.

Sempre secondo le accuse, Caruso sarebbe direttamente coinvolto nella vicenda di una riseria mantovana, ritenuta dagli inquirenti “di rilevanza centrale nell’economia dell’indagine” e nella quale “si è misurata la cifra criminale del sodalizio sia sotto il profilo della capacità di comporre contenziosi secondo le regole tipiche delle consorterie criminali, sia sotto quello della capacità di condizionamento di un’impresa in difficoltà finanziaria”.

E’ in questo contesto che viene citata una frase attribuita a Caruso (“uno dei soggetti più attivi nella vicenda”) in una conversazione intercettata, che “programmaticamente stabilisce le linee guida dell’infiltrazione nell’impresa”: “Io con Salvatore (per gli inquirenti Salvatore Grande Aracri, ndr) gli parlo chiaro, gli dico… Salvatò, non la dobbiamo affogare sta azienda, dobbiamo cercare di pigliare la minna e succhiare o no?”.

La società mantovana, viene ricostruito, versava in una difficile situazione finanziaria e i titolari, “gravati dai debiti, avevano chiesto aiuto ai fratelli Caruso, conosciuti in precedenza”. Caruso si sarebbe prima attivato per “tamponare” la problematica finanziaria dell’azienda e poi per fare ottenere alla stessa riseria una proroga per la consegna di riso nell’ambito di un appalto da 6,8 milioni che l’azienda aveva ottenuto dall’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura da parte dell’Unione europea). Istanza di proroga che sarebbe stata giustificata falsamente attraverso un intervento per riparare un compressore “da un guasto inesistente”.

La riseria si sarebbe poi rivolta al sodalizio per risolvere una controversia con una ditta import-export, legata ad un’altra cosca, che le aveva venduto una partita da 120.000 quintali di riso risultato avariato. Un contenzioso che venne risolto a seguito di una serie di riunioni: da quel momento l’azienda mantovana sarebbe stata costretta a sottostare a tutte le richieste dell’organizzazione mafiosa, come un contratto a una ditta ‘amica’ per il trasporto del riso, ovviamente a prezzi molto superiori a quelli di mercato.

E’ nell’ambito di questa vicenda che emergono alcune intercettazioni ritenute significative. L’8 settembre 2015, al termine di un l’incontro a Voghera, Caruso si rivolge ad un’autotrasportatore anticipandogli l’acquisizione di lavori da parte dell’azienda mantovana: “Lavorare puoi lavorare…là comando io…senza offesa di nessuno..senza offesa di nessuno perché naturalmente Salvatore è sopra di me, qualsiasi cosa però…”.

Due mesi dopo, il 19 novembre 2015, a cena con Salvatore Grande Aracri e gli amministratori della stessa ditta: “Posso dirti un cosa e te lo dico: qualsiasi uomo ha un costo…ogni uomo ha un prezzo…ogni uomo ha un prezzo”.