‘Ndrangheta a Piacenza “Atteggiamento inadeguato da parte del Comune”

Lotta alla mafia? Battaglia civile e culturale preventiva. Reprimere non basta

Per chi aveva pensato che dopo il processo Aemilia fosse tornato tutto alla normalità, i primi atti dell’inchiesta Grimilde eseguiti dalla Dda di Bologna, con l’arresto, tra gli altri, dell’ormai ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso per associazione mafiosa, sono stati la più drammatica dimostrazione dell’infondatezza di tale convinzione. Sradicare chi ha germinato solide basi nel tessuto economico e politico di un territorio non è operazione immediata, né semplice.

Ai gravissimi fatti che di recente hanno scosso la comunità locale piacentina e l’intera regione Emilia Romagna si deve quindi l’urgenza dell’iniziativa pubblica plurale organizzata lunedì 8 luglio al centro “Il Samaritano” della Caritas Diocesana dal titolo ‘Ndrangheta in Emilia Romagna: Piacenza si guarda allo specchio”. Protagoniste e promotrici dell’incontro le organizzazioni sindacali Cgil Piacenza, Cisl Parma-Piacenza, Uil Emilia, insieme a Libera e Avviso Pubblico. Una iniziativa, come sottolineato da Francesco Bighi, Segretario Uil Emilia e coordinatore della serata, che risponde “all’impellente necessità di costruire un ampio fronte sociale di contrasto alle mafie, che, come un cancro, contaminano e infettano il tessuto economico, produttivo e comunitario di un Paese”.

“Un fenomeno da combattere anzitutto con anticorpi culturali e civili – ha proseguito -, in particolare a Piacenza: la prevista costruzione del nuovo ospedale e il recupero di numerose aree dismesse rendono infatti nei prossimi anni la città particolarmente esposta a pericoli di contaminazioni mafiose se politica e comunità non saranno più che vigli a tutelare il territorio”.

Dopo l’introduzione di Bighi, primo a intervenire il Segretario della Cgil di Piacenza Gianluca Zilocchi, relatore anche a nome di Cisl e Uil: “E’ inaccettabile che fatti gravi della portata di quelli accaduti recentemente a Piacenza e in regione cadano immediatamente nell’oblio, come invece in questi giorni sembra accadere – ha detto -. Per questo noi, già da stasera, abbiamo sentito forte il bisogno di riallacciare il tessuto sociale sul nostro territorio, discutendo con tutti i presenti di quanto avvenuto”.

“Vogliamo dare risposte e antidoti democratici a fatti che non sono tali, attraverso la partecipazione e la discussione concreta di contenuti. La vuota retorica dello sconcerto non può bastare. Qui oggi siamo stupiti dallo stupore generale per questi accadimenti, in particolare noi del sindacato, che abbiamo sempre avuto un ruolo di prima linea nel controllo democratico della comunità. Questi avvenimenti incresciosi che hanno colpito Piacenza non sono affatto un fulmine a ciel sereno: come non ricordare, oltre al processo “Aemilia”, l’operazione “Grande Drago” che dagli anni 2000 ha evidenziato infiltrazioni mafiose, omicidi, nella Bassa piacentina e a Castelvetro?

“E i capannoni del piacentino confiscati alla criminalità organizzata? – prosegue Zilocchi-. Sono un chiaro segnale presente sotto i nostri occhi e non sono mai tornati a beneficio della collettività. Poi l’attenzione del segretario Cgil è passata “all’atteggiamento inadeguato e irresponsabile” assunto a suo dire da amministrazione comunale e associazioni di categoria a seguito dell’arresto di Caruso. “Al silenzio assordante delle seconde, che penalizza gli imprenditori onesti, si accompagna un’amministrazione comunale che ha reagito solo avviluppandosi su se stessa – ha evidenziato -. Nessun confronto serio con le opposizioni, al contrario l’affronto degli affronti: l’elezione di un inesperto neo presidente, di soli 24 anni”.

“Come sindacato e comunità non possiamo accontentarci della professata totale estraneità dell’amministrazione comunale alla vicende accadute – ha concluso Zilocchi- e della contestazione a Caruso di reati precedenti alla propria carica istituzionale. Sono giustificazioni credibili? Di certo l’ignoranza dei fatti non garantisce tranquillità e il ruolo di infiltrazione mafiosa difficilmente è a giorni alterni. Occorre quindi accertare in profondità il livello di infiltrazione della criminalità nelle nostre istituzioni e per questo il sindacato ha chiesto l’intervento del Prefetto di Piacenza. Siamo stufi di un’inamissibile ignoranza che penalizza prima di tutto lavoro e lavoratori sfruttati. Ora urgono risposte e provvedimenti concreti, chiari e democratici. Sull’importantissima gestione degli appalti per esempio”. E cita De Raho, procuratore nazionale antimafia: “Trenta miliardi reinvestiti dalle mafie solo lo scorso anno, ma una seria politica antimafia è possibile: la tracciabilità dei capitali aziendali in Toscana è già realtà”.

A parlare quindi l’avvocato Enza Rando, vice presidente di Libera e legale di parte civile in diversi processi sull’infiltrazione della criminalità organizzata al Nord Italia. Lei che da vicino ha seguito il processo Aemilia – il più importante dopo quello di Falcone – evidenzia come la mafia moderna sia cambiata: “Non è più quella che spara, ma stabilisce rapporti corruttivi e ‘meno visibili’ sul territorio con i propri affiliati”. “Ma è chi è responsabile di fatti come quelli avvenuti a Piacenza e in regione? – bisogna chiedersi-. Nessuno può dirsi escluso eticamente quando viene arrestato un presidente del Consiglio Comunale, massima autorità locale. Tutta la comunità deve essere vigile sulla propria rappresentanza elettorale, sulla tutela della democrazia, sulla lotta all’evasione fiscale”.

“Il processo Aemilia racconta molto, di come la mafia, apparente facile scorciatoia per alcuni, tolga lavoro invece di darlo, stritoli imprese e lavoratori in crisi prima etica che economica, attraverso l’utilizzo di formati professionisti distribuiti capillarmente sul territorio.” Lo scopo ultimo? Corrodere dall’interno le comunità.

E allora occorre prevenire – conclude Rando -, conoscendo il territorio, i processi, cogliendo pericolosi segnali d’allarme. Soprattutto smettendo di essere indifferenti. Perchè di soldi e indifferenza le mafie si nutrono e prosperano”.

Poi ancora Antonella Micele, avvocato e coordinatrice di Avviso Pubblico per l’Emilia-Romagna, associazione di enti locali, soprattutto Comuni, che da anni ha deciso di far fronte comune con Libera, perchè “la lotta alla mafia non può non passare anche attraverso le istituzioni”. “Di fronte a una presenza pervasiva e pericolosamente mutante della criminalità organizzata che i processi evidenziano sul territorio – ha aggiunto – manca la costruzione di un’etica condivisa e l’attuazione di processi concreti che portino alla corretta selezione della classe dirigente. Utilizzo dei beni confiscati, lotta alle ecomafie e tutela all’ambiente, la battaglia al gioco d’azzardo patologico sono solo alcune delle direzioni chiave di contrasto alla mafia”.

Che sarebbero centrali, possiamo aggiungere, in una realtà dove la logica repressiva ha sempre prevalso su quella preventiva.

Micaela Ghisoni

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