Satiri di Storie chiude il cerchio: tra tradizione, surrealismo e impegno civile

Cos’è la satira, se non critica dei costumi attraverso la risata? Lo è stata sempre, fin dal lontano detto latino “castigat ridendo mores” e lo è ancora oggi con Satiri di Storie, il festival piacentino della satira, realizzato dalla direttrice artistica Letizia Bravi in collaborazione con l’associazione Diociottotrenta.

Un’iniziativa unica nel panorama di Piacenza e oltre, quest’anno giunta alla sua terza edizione. Dallo humor leggero della tradizione satirica piacentina, con la rivista del primo novecento “Tollèin Cuccalla”, alla battute sul web mascherate da fake news di Lercio; passando per il surrealismo visionario di Manuel Bongiorni, con la sua “MusicaPerBambini”. Fino allo stand up comedy show di Saverio Raimondo con le sue “risate finte”. L’intento rimane lo stesso: far riflettere divertendo.

Non importa il canale di comunicazione usato. Che si tratti di satira politica, sociale, o di costume. Il linguaggio satirico abbraccia tutto. È il motore di quella che un tempo era considerata “la piazza della città” – ha spiegato Massimo Berzolla a proposito di “Tollèin Cuccalla” -, la rivista umoristica che spopolava tra i piacentini del primo Novecento. E lui lo sa bene, perché suo nonno Bruno Italia ha fatto rivivere il giornale tra il 1948 e il 1950. E ne è stato l’ultimo proprietario.

Satiri di Storie

Intitolata ad una maschera piacentina, al piattino posto alla base delle candele, oppure ad un nome proprio – il dibattito tra studiosi è ancora aperto -, “Tollèin Cuccalla” esce per la prima volta nel 1905. Dopo varie stampe a singhiozzi e interruzioni, ritorna poi nel ’48. C’era voglia di divertirsi e divertire già tra tra le pagine del 1905: con componimenti in piacentino dedicati agli amanti, macchiette cittadine, annunci e pubblicità su ciò che alla gente piacesse fare.

Voglia di ridere sì, ma non solo e neppure troppo. Fin dal 1905 la politica è sempre stata croce e delizia per la rivista, causandole assidue querele, che continuarono poi tra il 1948 e il 1950. E frequenti chiusure, fino a quella definitiva per le sue posizioni a favore di Stalin contro Tito. L’orientamento anti-governativo e di sinistra del “Tollèin” è sempre stato noto e mal sopportato dalle testate rivali – Libertà e il Nuovo Giornale su tutte – con le quali non mancavano accese polemiche continue.

“Ritorno in grande stile della rivista nel 1948” riprende Massimo Berzolla alla conferenza dedicata presso “Gli amici dell’Arte”, dopo un breve excursus storico di Cesare Zilocchi sulle precedenti riviste satiriche piacentine. “Il numero del 1948 si apre con il grande manifesto dei “Cuccallisti”: tutti i collaboratori interni ed esterni al giornale. Ma anche “Cuccallisti Benemeriti”, tutti coloro che saranno oggetto dei suoi spiritosi strali, all’insegna dell intramontabile “castigat ridendo mores” latino”. “Si attenua quindi, pur senza senza sparire, la satira politica tipica dei primissimi numeri del Novecento – ha concluso Berzolla – per lasciare prevalenza alla satira di costume o sociale”.

Satiri di Storie

Si rideva di gusto delle “donne che andavano sul Corso a cercar marito”, di altre che si consolavano con una pizza al Tosello per un amore finito, “della tassa sui baci in pubblico”. O di De Gasperi spaesato in una Piacenza che non crede sia emiliana. E Letizia Bravi ce l’ha fatto vedere con  i suoi divertenti sketch comici, interpretati insieme all’attrice Carolina Migli, nelle sale degli “Amici dell’Arte.

“Parleremo più delle donne che degli uomini di Piacenza. Con le prime c’è più sugo” – scrivevano i cuccalisti. E le querele fioccavano per il “Tollèin Cuccalla”: da chi non voleva finirci sopra e si riconosceva tra le pagine. E dalle testate avverse. Notizie e notiziuole tra il verosimile e l’improbabile affollavano la carta: “Ragazza bacia il fidanzato e ingoia il dente finto” è una delle tante. Rubriche che solo dal titolo suonano altamente evocative come “Sollazzi provinciali”. Tutto esposto in mostra, ancora una volta lì agli “Amici dell’Arte”

Nell’epoca della disintermediazione mediatica e istituzionale, alle querele tendono a sostituirsi i commenti di fuoco sul web. Lampante è il caso di Lercio.it, il più amato sito di satira italiano e non solo, ospite del festival al Baciccia. Ogni giorno le loro notizie verosimili sono seguite da centinaia di commenti, che quando quando va bene rispondono alla battuta con altra ironia e sagacia. Ma quando va male, nemmeno si accorgono si tratti di Lercio e allora: “Vergogna i bambini capricciosi nelle stive degli aerei!” Oppure “Che strani i Megadeth su Radio Maria”.

E non c’è storia, ci hanno fatto capire Augusto Rasori e Andrea Sesta: che si tratti di politici, giornalisti o comuni mortali, non siamo molto bravi a distinguere le notizie vere da quelle false. Ma anche volendo astenersi dal giudizio per fotografare solamente la realtà dei tempi – e lo ha fatto Bongiorni con la sua MusicaPerBambini – non è comunque molto confortante che il mago di Ot, genio del computer e dei social network vinca sempre contro la spiegoneria delle Spieghe, dal dibattito lungo e noioso. Sarà pure, quello di Manuel Bongiorni, un viaggio all’inferno tra canzoni, favole, filastrocche, videografie e parole ricercate. Ma per fotografare il mondo reale.

satiri

E non c’è neppure da stare troppo allegri ascoltando Saverio Raimondo, volto di punta di Comedy Central. Goliardico, ma altissimo nella sua chiusura di Satiri di Storie Festival presso “Osteria della Balera”. “Uniamoci, ansiosi e depressi – ha detto-. C’è bisogno di pensiero negativo per cercare di sistemare ciò che non va”. “Il problema – ha aggiunto – non sono la destra e la sinistra o i politici, minoranza risibile del paese. Siamo noi elettori che li votiamo, senza neppure avere davvero le competenze per farlo”.

“Ma la vera questione è un’altra, trasversale e al di sopra di tutte le altre – conclude -, sta sparendo la civiltà. Valori come educazione, rispetto, pensiero si stanno perdendo”. Speriamo allora che Satiri di Storie Festival aiuti sempre più a ritrovarli.

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