Il messaggio del vescovo: “Nella concordia anche le piccole cose crescono” foto

Tradizionale appuntamento con gli auguri di Natale del vescovo di Piacenza Gianni Ambrosio al mondo della politica locale.

In Curia all’incontro hanno partecipato gli esponenti delle istituzioni piacentine, questore e prefetto, nonchè diversi amministratori locali e sindaci. Nel suo messaggio (che pubblichiamo integralmente sotto) Ambrosio ha rivolto un invito alla concordia, all’amicizia, in questo momento non facile. “Occorre far prevalere il bene comune sul bene particolare” – ha sottolineato. E significativa è stata la citazione dello storico romano Sallustio:  “Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia vanno in rovina”.

auguri vescovo alla politica 2019

Ecco il testo integrale

Un cordiale saluto a tutti voi, cari sindaci e amministratori che, a vario titolo, siete responsabili della cosa pubblica. Rivolgo un particolare saluto alla sindaca della nostra città Patrizia Barbieri e al Prefetto Maurizio Falco, insieme al Questore Pietro Ostuni e a tutte le autorità militari.

1. Anche quest’anno abbiamo l’occasione di incontrarci. Per me l’occasione è felice e spero lo sia anche per voi, anche se è un impegno ulteriore in queste giornate di appuntamenti e incontri. L’occasione è felice per me perché, dal mio primo anno di vescovo di questa diocesi, ho ritenuto mio dovere esprimervi il mio ringraziamento personale e della comunità ecclesiale per il vostro servizio alla città e a tutti i cittadini della Provincia.

auguri vescovo alla politica 2019

Sappiamo di vivere in un periodo in cui la critica è molto facile. E sappiamo pure che è molto diffusa la sfiducia. Credo che sia doveroso reagire, riconoscendo il servizio al bene comune che voi esprimete in modalità diverse, tutte importanti. Oggi in particolare è necessario riconoscere e ridare valore e dignità a chi ha la responsabilità verso la civitas, verso l’ordine pubblico, verso l’amministrazione di una realtà sociale complessa e in trasformazione. Credo che siamo tutti convinti che il servizio per una buona convivenza e per una buona amministrazione della cosa pubblica sia anche un servizio prezioso per ricuperare fiducia e favorire un cammino comune lavorando insieme.

Per questi motivi desidero dire a tutti voi – e anche a coloro che non sono presenti – una parola di incoraggiamento e di speranza perché insieme e con spirito di collaborazione, possiamo alzare il nostro sguardo ed aiutarci a non vedere solo gli aspetti difficili e problematici del servizio. Questa è la prima motivazione dell’invito. A cui si aggiunge la seconda, anch’essa importante, ma più semplice: desidero rivolgervi l’augurio di un buon Natale, di buone feste e di un anno nuovo di pace e di concordia.

2. Negli anni passati ho offerto un piccolo regalo, come un discorso del Papa sulle problematiche sociali oppure qualche documento su questioni sociali. Quest’anno vi lascio la Lettera pastorale che accompagna il cammino della nostra Chiesa diocesana. Il titolo è Perseveranti nel cammino. Riguarda in particolare la ristrutturazione della nostra vasta diocesi con le comunità pastorali. È un argomento che non affronta una particolare questione sociale, tuttavia ha pure un risvolto sociale che merita di essere preso in considerazione. Innanzi tutto si tratta di un cambiamento significativo attuato nella condivisione, senza forzature. Devo ringraziare i parroci e tutte le comunità che si sono lasciate coinvolgere. E in particolare ringrazio il Vicario generale mons. Luigi Chiesa che ha lavorato con impegno insieme agli uffici pastorali.

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Dicevo che è un cambiamento significativo, inteso come un’opportunità che apre orizzonti più ampi, favorendo un interscambio tra realtà locali, un’attenzione alle tradizioni del territorio viste in un orizzonte più largo. Un cambiamento che comporta una più immediata possibilità di coinvolgimento dei cristiani, che si assumono una responsabilità in nome della comune condizione battesimale. Questo cambiamento in ambito ecclesiale esige atteggiamenti che non valgono solo in questo ambito, ma in ogni altro ambito della vita. Il dialogo e la collaborazione tra parrocchie può essere di aiuto per ogni altro ambito. Spero che questo cammino sia un aiuto, un incoraggiamento per far crescere lo spirito di collaborazione a livello non solo di comunità ecclesiale ma anche di comunità civile.

Nella Lettera pastorale affermo che “la sfida delle Comunità pastorali si gioca sulla comunione”. Ma anche la sfida della nostra società si gioca sulla comunione, sulla capacità di favorire il bene comune della società e di prendersi cura della società. Sono questi i due punti che vorrei sottolineare.

3. Tutti denunciano la crescita nel nostro Paese di frustrazioni, di disillusioni mescolate a rabbia e rancori. La nostra convivenza risulta difficile per le troppe situazioni di precarietà, di esclusione, di povertà, in particolare (ma non solo) per le fasce più deboli della popolazione. I desideri di mutamento della situazione sembrano non trovare vie di realizzazione, accrescendo così il senso d’impotenza di molti cittadini di fronte ai mali denunciati: illegalità, corruzione, inconcludenza. Risulta poi faticoso trovare convergenze e visioni condivise dell’avvenire sociale: viene progressivamente a mancare la fiducia negli altri e la speranza nell’edificazione di una buona convivenza. L’ultimo Rapporto del Censis (il 53°) descrive una situazione piuttosto inquietante del nostro Paese. Se è vero che il Censis ricorre volentieri alle tinte forti, è anche vero che l’esperienza quotidiana ci attesta una notevole mancanza di fiducia.

Spesso si attribuisce questa mancanza di fiducia alla politica e ai politici, a coloro che hanno il compito di vigilare sul bene comune e sull’interesse generale. Si dimentica però che la crisi della politica, che ha molte motivazioni, è anche dovuta all’enorme potere che l’economia e soprattutto la grande finanza hanno ottenuto: un potere che può decidere le sorti di intere nazioni e del mondo intero. Questo è un cambiamento epocale che dovrebbe sollecitare un serio dibattito.

4. Ma la crisi della politica – non solo in Italia e in Europa, ma anche in altre parti del mondo – è pure dovuta all’affievolirsi del bene comune e dell’interesse generale da parte dei politici e da parte dei cittadini. Se vi sono ambizioni personali smisurate, se si procede su calcoli elettorali, se si fanno promesse che non possono essere mantenute, allora la politica si allontana dalla vita reale dei cittadini, si priva di quelle necessarie visioni a lungo termine, si riduce a comportamenti demagogici insopportabili. Tuttavia occorre ricordare che non sono pochi quelli che vivono la politica come servizio. E soprattutto ricordare che una società non può fare a meno della politica, la quale è l’affermazione di un ‘noi’ societario, di un ‘insieme’ che trascende i particolarismi, gli interessi individuali e che definisce le condizioni di una vita condivisa.

Certo, non è facile svolgere questo compito della politica in un contesto individualistico che attraversa l’Italia, l’Europa e non solo. Oggi ci si nutre dell’affermazione dell’io individuale, ignorando l’altro o anche a scapito dell’altro. Questo è il fiato terribilmente corto di una visione culturale individualistica, che vede l’uomo solo come un individuo, anzi come un consumatore, la cui felicità consisterebbe nel profitto, nel guadagno e nel consumo. Abbiamo bisogno di un respiro più profondo e di un orizzonte sociale più aperto per fare spazio alla politica. Questo lavoro di ricostituzione dell’orizzonte del bene comune sarà lungo, richiederà fatica e pazienza. Ma è il necessario impegno per il nostro futuro e in particolare per il futuro delle nuove generazioni.

5. Vengo al secondo punto su cui vorrei riflettere, la cura della società nello spirito dell’amicizia civica.
Qualcuno dice che è necessario ripensare e riscrivere il “contratto sociale”, definendolo in termini nuovi che possono ispirare il comportamento del vivere insieme e dell’abitare il pianeta. Credo che questo non sia possibile oggi, vista la situazione. Ritengo invece che sia necessario andare più in profondità: prima di scrivere un contratto sociale, dobbiamo valorizzare l’impegno della cura della nostra città e del nostro Paese, senza lasciarci piegare a visioni ideologizzate e semplicistiche, senza soffiare sul fuoco del disagio e della frustrazione. È moralmente doveroso prenderci cura di noi stessi e della nostra vita sociale, soprattutto di fronte all’aggressività e alla rabbia sociale alimentata a dismisura dai social network.

Di fronte all’aggravarsi delle fratture sociali, ma forse più ancora psicologiche e culturali, che stanno lacerando il tessuto sociale del nostro Paese (e non solo), è bene ricordare ciò che lo storico Sallustio affermava: concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur (nella concordia anche le piccole cose crescono, nel contrasto anche le più grandi svaniscono). Molto prima Aristotele evidenziava che la genesi di una società civile viene dalla filìa, dall’amicizia civica. Ne abbiamo bisogno più che mai in questo tempo. Proprio l’amicizia civica fa crescere il buon governo in ogni realtà e a tutti i livelli, dalla famiglia al condominio, dal quartiere alla città, dal nostro Paese all’Europa.

Ma è indispensabile allargare il nostro modo di pensare e avere una visione più ampia di quella che può suggerire la ragione politica o economica, ricuperando la logica del dono, del gratuito. È una dimensione fondamentale della nostra vita umana: rischiamo di non essere più umani se dimentichiamo il valore della gratuità che spinge a pensare e fare un’opera perché è buona e bella in sé. Proprio questo valore dell’opera in sé favorisce il bene comune, rendendo unita e feconda una società.

6. Questa dimensione gratuita del civile, del sociale, del politico, del culturale esprime la nostra realtà di persone umane che sono in relazione e vivono grazie alle buone relazioni. Senza di esse, non siamo concittadini e neppure cittadini. Se una città sottovaluta questa idea del gratuito, non genera il bene comune e non riuscirà a sprigionare tutto ciò che ha dentro in termini di risorse e di prospettive. Ogni intento speculativo, in ambito economico-finanziario o in ambito politico, finisce con il soppiantare ciò offre sostanza alla nostra umana libertà, usurando il patrimonio di valori che fonda la società civile come luogo di convivenza, di incontro, di solidarietà, di rigenerante reciprocità e di responsabilità in vista del bene comune. In questo momento difficile servono parole e segni di concordia, servono atteggiamenti e comportamenti che superano lo spirito di divisione ed esprimano la cura e l’amicizia civica.

Concludo. La tensione all’ideale del bene comune e l’impegno per la cura della società (della “casa comune”, come lo è il creato, ci ricorda Papa Francesco) non sono un’utopia, ma sono l’impegno di mettere in primo piano il bene della città del Paese, sapendo che il bene comune è un bene più importante degli interessi legittimi delle persone, dei corpi sociali e dei partiti. L’amicizia civica esprime questo primato del bene che richiede il senso della gratuità e l’esigenza di farsi carico, di prendersi cura. Tutto questo per i cristiani significa non separare la fede dalla vita, ma illuminare la vita con la luce della fede.

Vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro e per il servizio che svolgete con passione e con dedizione. A voi, alle vostre famiglie e alle comunità di cui siete al servizio auguro la luce del Natale: è la luce del bene che vince il male, dell’amore che supera l’odio, della vita che sconfigge la morte. Buon Natale e felice anno nuovo.

+ Gianni Ambrosio, vescovo

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