Il virus sospende la mensa Caritas ma non la solidarietà: il servizio si sposta al Samaritano

Piacenza resiste al contagio dell’indifferenza. Nel momento in cui ovunque risuona il perentorio invito a “restare a casa”, cosa si può fare per aiutare chi, invece, una casa non ce l’ha?

Lo sa bene la Caritas di Piacenza, che fin da subito, non appena si è palesata l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del coronavirus, ha rimodulato alcuni dei propri servizi: quello dell’accoglienza e il servizio mensa in via San Vincenzo. Proprio quest’ultimo è stato sospeso due giorni fa, giovedì 12 marzo, spiega il direttore della Caritas Mario Idda, in base alle nuove disposizioni. “Abbiamo fin da subito lasciato a casa i nostri volontari, che ci aiutano solitamente nell’erogare gran parte dei nostri servizi – spiega – cercando al tempo stesso di continuare ad essere vicini alle persone più fragili della città, in costante contatto con l’ufficio d’igiene Asl, Prefettura e Comune di Piacenza”.

“Per quanto riguarda il servizio mensa abbiamo prima cercato di contingentare gli accessi, fornendo solo il pranzo insieme a una busta con cibo più consistente per la sera. Ma ci siamo resi conto che – spiega – non era più possibile riuscire a distribuirli evitando raggruppamenti in strada. Quindi abbiamo chiuso il servizio in via San Vincenzo e ci siamo spostati al centro Il Samaritano, in via Giordani, dove gli spazi sono più ampi ed è possibile consegnare i pasti, cucinati da un’azienda di servizi, in sicurezza, grazie al supporto della Polizia Locale”.

“Abbiamo rimodulato anche i due servizi di accoglienza per chi non ha un’abitazione: quello presente nella nostra sede, in via Giordani, con 10 posti letto, e quello di “emergenza freddo” presso la parrocchia della Sacra Famiglia, con 8 posti letto. Per evitare lo scatenarsi di focolai abbiamo distribuito i nostri ospiti, al momento 14, in appartamenti messi a disposizione da parrocchie o in altre sistemazioni di servizio a nostra disposizione, in modo che ciascuno di loro potesse essere in una stanza singola. Per fortuna – dice – non abbiamo registrato nessun caso di coronavirus”.

Ma il contagio non ha però risparmiato gli operatori. “Una buona parte dei nostri operatori ha contratto la malattia – spiega Idda -, un paio di loro sono stati anche ricoverati in ospedale. Io stesso ho iniziato a non sentirmi bene il 23 febbraio, con febbre alta i primi giorni e tosse. Non ho fatto il tampone, ma mi sono attenuto alle prescrizioni del mio medico di famiglia e ora sto meglio”.

“Siamo riusciti a superare queste giornate e continuiamo a farlo grazie al cuore che i nostri operatori continuano a tenere aperto, e con la preghiera. Non li potrò mai ringraziare abbastanza per il loro continuare ad essere accanto a chi non ha nessuno”.

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