Tagliaferri (Fdi) “Riaprire tutte le attività delle associazioni di promozione sociale”

Il ruolo e la portata delle organizzazioni no-profit è cosa nota, sia a livello nazionale che regionale. Una miriade di soggetti che svolgono attività fondamentali per la crescita dei territori e per la coesione sociale.

In Emilia-Romagna, secondo i dati ISTAT ricordati in un’interrogazione alla Giunta regionale da Giancarlo Tagliaferri (Fratelli d’Italia), “si parla di 28.500 organizzazioni (di cui oltre 24mila sono associazioni) che impegnano quasi 70 mila lavoratrici e lavoratori e oltre 400 mila volontari”.

Con le varie norme per contenere la pandemia attualmente in atto, anche questo settore ha dovuto sospendere anche nelle Regioni a minor rischio (quelle gialle) le proprie attività di grande importanza sociale senza, ricorda il consigliere, “alcuna forma di ristoro paragonabile a quelle previste per le attività economiche con finalità commerciali”.

Prendendo atto del DPCM dello scorso 3 dicembre con cui si conferma la sospensione su tutto il territorio nazionale delle attività dei centri culturali, sociali e ricreativi (mentre le attività formative sono consentite solo a distanza) e di come tra le attività sospese ricada anche la somministrazione di alimenti e bevande a beneficio dei soci o di frequentatori occasionali, l’esponente di Fratelli d’Italia ravvisa “un’evidente disparità di trattamento rispetto agli esercizi commerciali, dal momento che le norme igienico-sanitarie sono le medesime per tutti”.

Alla luce della situazione creatasi, Tagliaferri sollecita la Giunta a “mettere in campo tutte le iniziative di sensibilizzazione utili affinché, venga superato la chiusura totale delle attività culturali, sociali e ricreative delle Associazioni di promozione sociale, compreso il divieto di somministrazione, prevedendo pertanto la possibilità di aperture anche parziali, in analogia con quanto previsto per i locali pubblici, superando la circolare del Ministero dell’Interno del 27 ottobre 2020”.

In via più generale, comunque, il consigliere chiede un ampliamento delle misure di ristoro verso il settore no-profit, tra cui una specifica iniziativa “sui canoni di affitto che le associazioni corrispondono ai privati per le proprie sedi”.