Il ritmo e l’energia della musica segnano un nuovo capitolo per il centro “Rita Atria” fotogallery video

Timpani, xilofoni, batterie, bonghi, tamburi, marimba, vibrafono, congas e timbales. La musica irrompe con tutta la sua energia nel capannone “Rita Atria” di Calendasco (Piacenza).

L’Amministrazione comunale ha celebrato il 25esimo anniversario della Legge sul riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati alla mafia – che cade proprio il 7 marzo – avviando una nuova collaborazione con il Conservatorio Nicolini di Piacenza. Da oggi, e per tutti i sabati pomeriggio fino a giugno, la classe di percussioni dell’Istituto cittadino si ritroverà nei locali dell’immobile appartenuto alla criminalità organizzata per svolgere lezione e preparare il saggio conclusivo.

“Era dall’inizio della pandemia che non lavoravamo con gli studenti in presenza – spiega il maestro Loris Stefanuto, fresco di trasferimento nella nostra provincia dopo anni di insegnamento al Conservatorio di Mantova -. Stavamo cercando uno spazio capiente per accogliere tutti gli strumenti e poterlo fare in un luogo sottratto alla mafia acquisisce un significato unico”. Particolarmente soddisfatto il sindaco Filippo Zangrandi. “Le percussioni sono tra gli strumenti più antichi, si trovano già agli albori della storia della musica –  spiega -. Ne esaltano il suo carattere liberatorio, ne liberano l’energia rendendo ancora più evidente il contrasto rispetto all’omertà, ai vincoli e alla paura che porta con sé la criminalità organizzata: potere ospitare qui gli allievi del Nicolini è quindi un messaggio particolarmente potente e simbolico”.

Il primo cittadino ha inoltre presentato i lavori di riqualificazione dell’immobile che saranno avviati nei prossimi mesi, progettati dall’ufficio tecnico di Acer. Il presidente Patrizio Losi, affiancato dal direttore Stefano Cavanna e dall’ingegnere Matteo Stragliati, ha voluto sottolineare come Acer non sia solo “il gestore del patrimonio Erp, ma un vero e proprio ufficio di ingegneria a supporto degli uffici comunali, per poter operare velocemente e grande professionalità a servizio degli uffici comunali. Grazie all’amministrazione di Calendasco per la fiducia accordata; il nostro auspicio – sottolinea Losi – è che altri seguano il loro esempio”. Oltre all’efficientamento energetico della struttura, con la sostituzione della caldaia e degli infissi, grazie ad un contributo regionale di circa 100 mila euro sarà realizzata una nuova cucina con annesso portico nell’area esterna.

“Sarà un modo per far vivere ancora più da parte della comunità questo immobile – ha commentato Gessica Monticelli, rappresentante del coordinamento di Libera -. Domenica 7 marzo ricorre il 25 anniversario della legge 109 del 1996, che disciplina il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie; l’esempio del comune di Calendasco rispecchia perfettamente il cuore dell’intento legislativo, ossia restituire alla collettività un bene sottratto illegalità attraverso un percorso costruito insieme, in rete, con la guida dell’ufficio legale di Libera nazionale”.

I beni confiscati a Piacenza – Diversi sono i beni confiscati per mafia o per usura e destinati ad amministrazioni pubbliche della nostra provincia. Il Capannone “Rita Atria” di Calendasco e un appartamento a Cortemaggiore con le sue pertinenze, entrambi confiscati ed assegnati alle rispettive amministrazioni comunali. Un appartamento, a Piacenza, attribuito all’Arma dei Carabinieri. A 25 anni dalla legge sul riutilizzo sociale, il coordinamento di Piacenza di Libera presenta i dati frutto dell’Osservatorio sui Beni Confiscati appositamente costituito per monitorare l’evolversi della situazione.

“L’attività dell’Osservatorio è nata da un convegno organizzato nel 2018 a Calendasco proprio nel Capannone Rita Atria”, spiega la referente piacentina dell’associazione, Antonella Liotti. “Il nostro è un monitoraggio sistematico della situazione provinciale. Per gli immobili ancora gestiti dall’Agenzia Nazionale si segnala il caso di Alseno, diverse palazzine in confisca definitiva e abbandonate da anni: edificate negli anni settanta, confiscate negli anni ottanta e da allora abbandonate. Anche il bando nazionale dell’Agenzia dei Beni confiscati per la presa in carico di questi edifici, da parte di cooperative o associazioni, non riesce a risolvere questa situazione. Come Libera abbiamo promosso una rete con cooperative locali, ma i costi per il recupero di questi edifici risulta proibitivo. Per questo auspichiamo un intervento del comune di Alseno.”

Accanto a questi ci sono numeri beni immobili e aziende sequestrati, che non possono essere ancora assegnati.

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