Ddl Zan, Carrà (Cgil) “Battaglia giusta e di progresso che riguarda tutti, in aiuto all’intera società civile”

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Intervento di Bruno Carrà, responsabile Ufficio Anti Discriminazioni della CGIL di Piacenza

Il 17 maggio ricorre in ambito internazionale la Giornata mondiale contro l’omofobia, scelta con lo scopo di promuovere il contrasto alle discriminazioni, la lotta ai pregiudizi e la promozione della conoscenza riguardo a tutti quei fenomeni che si manifestano nel sistema sociale e che per mezzo dell’omofobia, della transfobia e della bifobia perpetrano continue violazioni della dignità umana. La cosiddetta legge Zan, norma penale approvata il 4 novembre scorso dalla Camera dei Deputati, è equilibrata, contiene già in sé una sintesi avanzata e si occupa esclusivamente di contrastare le discriminazioni che scaturiscono da posizioni e atti di tipo omotransbifobico, misogino o sulle basi dell’abilismo.

La Legge è attualmente in discussione all’interno della Commissione Giustizia al Senato e si trova ancora ostaggio di dispute artefatte, dopo oramai tante settimane di polemiche, rimpalli, manovre diversive, ostruzionistiche e sotterfugi, pressing sino a resistenze create ad arte dalle forze politiche del centrodestra, al solo scopo, senza entrare nel merito della discussione legislativa, di impantanare il dibattito parlamentare per impedirne la ratifica e affossarla nella pratica. Questa legge si propone di contrastare i crimini d’odio, ed essere di aiuto per l’intera società civile. Io penso che le forze di destra hanno perso un’occasione di svincolarsi da quel giudizio storico che ritiene che siano disattenti alle necessità e ai bisogni di una parte delle persone che sono in Italia. Trovo che ci sia in tutto questo una debolezza dialettica e della democrazia, dove la civiltà è in ostaggio da chi, arroccato nei propri convincimenti, rifiuta confronto e l’esercizio della differenza.

Una legge da sola non può affrontare certo l’intera questione nella sua complessità, è necessario fare di più e gli stessi ordinamenti legislativi diventano realmente efficaci se segue loro un cambio di passo culturale profondo, che al nostro Paese serve più che mai, insieme all’affermazione di una cultura di vera inclusione come segno più deciso e distintivo nella lotta agli stereotipi, ai luoghi comuni e ai pregiudizi: per ciò questa legge è attesa dall’opinione pubblica. La legge in sé non può ad ogni qual modo costituire la panacea di tutti i mali, perché in aggiunta servono le leve culturali preventive oltre che legislative per la diffusione del rispetto di ogni differenza e per il riconoscimento dei diritti in linea con quanto previsto dai principi fondamentali del nostro ordinamento, a cominciare dalla nostra bellissima Costituzione.

Una legge però che ora deve essere approvata così come è, senza un terzo passaggio in Parlamento e senza modifiche che farebbero perdere altro tempo: il passaggio parlamentare non è più differibile ma ora è necessario, non essendo la proposta di legge in questione in alcun modo liberticida o divisiva non contemplando il reato di propaganda di idee. Il testo di legge dà molto spazio alla prevenzione introducendo l’orientamento, il genere sessuale e l’abilismo negli articoli del Codice penale, il 604 bis e ter, i quali puniscono la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione, e include questi stessi reati nella cosiddetta Legge Mancino, norma già collaudata da 30 anni, che persegue la violenza e l’incitazione all’odio e alla violenza per motivi discriminatori. Si sancisce poi per legge la condizione di “particolare vulnerabilità” per le persone LGBTQ+ come per i soggetti diversamente abili.

Questa Legge è ineludibile perchè si tratta di una battaglia giusta e di progresso, riguarda tutti, ed è utile al Paese (non è vero che è inutile come raccontato dai suoi denigratori) per la propria crescita civile. Bisogna che il Senato discuta in maniera franca e civile questa Legge, senza comprimere il dibattito, ma senza anche che qualcuno utilizzi prerogative proprie per comprometterne la discussione; bisogna uscire dai preconcetti per portare a casa il più in fretta possibile questa Legge. Non di temi di parte né tantomeno divisivi si tratta e parla, quindi, ma di una norma di civiltà, peraltro già presente negli ordinamenti di tutti i Paesi fondatori dell’Unione europea e sui quali la stessa Unione ha ripreso più volte l’Italia affinché si doti di strumento legislativo simile. Di una legge di questa natura si parla da più di vent’anni, è un segno verso l’inclusione dei diritti, perché bisogna tutelare qualsiasi persona che subisca una discriminazione per qualsivoglia ragione, favorendo altresì l’espandersi di tanti luoghi di apertura e accoglienza contro le discriminazioni.

La CGIL per nascita e storia è sempre stato un luogo che ha rappresentato l’accoglienza, l’interesse e l’inclusione, contrastando ogni discriminazione e le azioni volte ad emarginare chiunque. D’altra parte l’Art. 1 del nostro Statuto esprime il nostro ripudio a fascismo e razzismo come ad ogni forma di molestia, discriminazione e violenza contro le donne e per identità di genere, e orientamento sessuale e culturale o per etnia e motivi religiosi. Abbiamo sempre avuto come Organizzazione l’ambizione di rappresentare il mondo del lavoro, occupandoci di inclusione, del disagio nei luoghi di lavoro e sul territorio, opponendoci alle forme di discriminazione e violenza sociale anche (e non solo) legate e in ragione all’orientamento sessuale e/o all’identità di genere.

Battersi contro le discriminazioni di genere e di orientamento sessuale è un tratto importante nella nostra azione, perché il diritto di ognuno è il diritto di tutti, cosa che deve caratterizzarsi anche nella contrattazione sindacale quotidiana e nella negoziazione collettiva. Nelle nostre sedi sempre c’è stato ascolto, si trovano tutele sindacali e legali, insieme a consulenze sulle discriminazioni di ogni genere e riguardo a ogni fragilità, proprio perché abbiamo sperimentato che le azioni discriminatorie spesso colpiscono gli individui più vulnerabili e deboli che spesso non riescono o possono difendersi.

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