Dopo l’armistizio, l’insurrezione: il ricordo dei caduti di Barriera Genova del 9 settembre

Appuntamento questa mattina a Barriera Genova a Piacenza con la cerimonia a ricordo dei caduti del 9 settembre 1943. L’insurrezione diede il via alla Resistenza nel Piacentino, nel combattimento che videro opposti militari e civili alle truppe tedesche, per difendere la città, 34 soldati italiani caddero in nome della libertà.

I FATTI – I feriti, tra militari e civili, furono 49. Era l’alba quando il 4° Reggimento Artiglieria di Piacenza collocò due bocche di fuoco a Barriera Genova, appostandosi con un terzo centro nei pressi del vecchio campo sportivo. Solo poche ore erano trascorse dall’annuncio che il Ministro Badoglio la sera prima aveva sottoscritto l’armistizio. E quel mattino di 70 anni fa, segnava l’inizio di un lungo cammino verso la libertà. All’alba fu mandata in esplorazione qualche pattuglia, che scorse nei pressi di Gossolengo, alcune avanguardie tedesche dirette verso la città. Di lì la sensazione che il conflitto a fuoco sarebbe stato inevitabile, tant’è che il terzo centro di fuoco, piazzato nei pressi del vecchio stadio di barriera Genova, venne centrato da un colpo di mortaio e il sergente che comandava il pezzo, pur sparando a lungo contro i tedeschi, venne colpito a morte.

Alle otto del mattino gli stessi tedeschi si presentarono a barriera Genova per chiedere la resa dei militari piacentini, che furono arrestati e tradotti altrove. Intanto a Barriera Genova si sparava ancora e vi furono altri morti, alcuni erano civili. Il colonnello Coperchini che era alla guida dei militari italiani, chiese allora altri rinforzi. Arrivarono due carri M13 che a loro volta furono coinvolti nello scontro a fuoco e uno di questi venne centrato, reso inservibile e caddero, colpiti a morte, i due carristi. Il secondo carro venne distrutto poco più tardi da un aereo tedesco che era partito da san Damiano. Mentre si cercava di portare soccorso agli altri carristi, ebbe luogo un altro attacco aereo che provocò altri morti. Morì anche il colonnello Coperchini falciato dai tedeschi, che continuarono a sparare dalle loro postazioni a terra. Una lapide allocata sul muro di cinta dell’ex ospedale militare, ricorda oggi quei morti e lì sarà commemorato il tragico evento.

IL DISCORSO del sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri:

Ci sono, in ogni città, luoghi che più di altri sono custodi di memoria. Così è per Barriera Genova, che all’alba del 9 settembre 1943 fu teatro di un drammatico scontro a fuoco in cui persero la vita – nella strenua difesa della propria comunità e del proprio territorio – militari e civili, mossi e uniti da ideali cui oggi rendiamo il nostro più sincero e partecipe tributo. Nella coerenza delle loro scelte, nel coraggio delle loro azioni sono scritte pagine di storia che a 78 anni di distanza onoriamo con profonda consapevolezza, ritrovando, nel ricordo di quella tragica battaglia, il primo germoglio del cammino che valse, a Piacenza, la Medaglia d’Oro al Valor Militare conferita dalla Presidenza della Repubblica, come riconoscimento al sacrificio di tanti suoi figli nella lotta per la Liberazione.

Ill Paese si affacciava, all’indomani della dichiarazione con cui il generale Badoglio aveva annunciato la firma dell’armistizio, al periodo più buio del secondo conflitto mondiale, segnato da una guerra civile e fratricida destinata a inasprire, nella violenza dell’oppressione e di fratture insanabili, la miseria e la disperazione che già avevano messo a dura prova il popolo italiano. La nostra città ne ebbe, in quel mattino di fine estate, improvvisa e brutale consapevolezza, mentre alle porte del centro storico risuonava il fragore dei colpi sotto cui caddero 31 uomini dell’esercito e 5 civili, tra coloro che non avevano esitato a imbracciare il fucile nel nome di ciò in cui credevano. Non bastarono, il loro valore e la loro determinazione, a contrastare la potenza delle truppe tedesche, la cui avanzata aveva oltrepassato, nell’incedere delle ore, i centri di fuoco allestiti a Rottofreno, sul ponte di Trebbia, alla Galleana e a Sant’Antonio, sul ponte ferroviario. Sino a raggiungere questo stesso piazzale, difeso dal 4° Reggimento di Artiglieria guidato dal tenente colonnello Dante Coperchini, ucciso anch’egli in prima linea tra i suoi sottoposti, mentre accorreva a portare soccorso ai feriti.

Gli aerei della flotta nazista, levatisi in volo da San Damiano, furono determinanti per la vittoria tedesca, ma la resa della città poté almeno evitare a Piacenza la devastazione dei bombardamenti. Il tempo, tuttavia, non cancella il dolore per quelle perdite, né la coscienza di una collettività che legge, nei nomi incisi su questa lapide, l’anelito di libertà e indipendenza che alla nostra generazione ha consegnato, a così caro prezzo, la pace, la democrazia, il pluralismo. Princìpi che riaffermiamo con convinzione, nella mesta solennità di questa ricorrenza, senza poter dimenticare ciò che sta accadendo in queste settimane in Afghanistan, dove ancora una volta militari e civili italiani hanno reso omaggio insieme – con altissimo senso di responsabilità e generoso spirito di servizio umanitario – alla memoria dei nostri Caduti, raccogliendone l’eredità morale nell’impegno per portare a termine la propria missione nonostante le difficoltà estreme di un contesto stretto tra dittatura, instabilità e terrorismo, mettendo costantemente a rischio la propria incolumità.

Sono loro, i testimoni di un insegnamento che ha radici in un’epoca ormai lontana, ma su cui siamo chiamati a ricostruire, giorno dopo giorno, quel senso etico della giustizia e dello Stato in cui possiamo riconoscere la nostra identità collettiva: l’esempio di chi ha dato la vita perché non poteva restare indifferente alle sopraffazioni, alle aberrazioni di un’ideologia fondata sul suprematismo e sull’annientamento dell’individuo, della libertà di pensiero e di espressione.

Oggi come allora. Perché l’alba cruenta del 9 settembre ’43, funestata dal lutto, dalla preoccupazione per i feriti e per il destino dei prigionieri che vennero deportati a seguito della sconfitta, aveva risvegliato l’amore per la Patria e la dignità di chi non volle mai piegarsi all’occupazione. Fu quello stesso senso di appartenenza alla comunità, ad animare la resistenza indomita e tenace dei soldati e dei concittadini cui dedichiamo il nostro commosso e unanime pensiero in questa circostanza, mentre Piacenza si appresta, in questa giornata così carica di significati, ad accogliere e manifestare la propria riconoscenza al generale Francesco Paolo Figliuolo, interprete e garante – nel proprio fondamentale ruolo di gestione e coordinamento dell’emergenza sanitaria – di quel legame che unisce da sempre l’Esercito Italiano al territorio e alla collettività.

Così si riannodano, in questa cerimonia, i fili tra un passato che evochiamo con orgoglio e autentica emozione, e un presente in cui i valori della pace e della condivisione possano sempre guidarci verso la speranza di un domani migliore. Memori degli ideali di cui la storia di Barriera Genova – dove due anni più tardi, il 26 aprile 1945, un’altra strenua battaglia si consumò nel sacrificio dei partigiani – resta ancora oggi fulcro e simbolo.

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