Contro l'”autoreclusione” dei ragazzi causata dal covid. Presentato il progetto Exit

Lotta all’isolamento sociale dei preadolescenti e adolescenti, con il supporto di ragazzi e le famiglie. Un fenomeno che l’emergenza covid e le misure necessarie per il contenimento del virus hanno fatto esplodere anche a Piacenza (con 43 casi seguiti dai servizi sociali), al quale il Comune di Piacenza risponde con il progetto Exit, come è stato spiegato in conferenza stampa dall’assessore ai Servizi Sociali Federica Sgorbati, il coordinatore istituzionale del progetto Mauro Madama, responsabile dei servizi e del personale de La Ricerca e il direttore della cooperativa L’Arco, Stefano Sandalo.

“L’unica soluzione che questi adolescenti intravedono per la propria sopravvivenza – è stato spiegato – diventa l’autoreclusione, perché convinti di non aver nessun tipo di capacità per affrontare le avversità del mondo esterno come, ad esempio, la scelta della scuola secondaria, la scelta dell’università o del mondo del lavoro. Il progetto Exit intende promuovere una condivisione del problema tra servizi, agenzie educative, operatori, famiglie e cittadini, valorizzare le risorse presenti – in termini di progettualità in corso, realtà già operanti sul territorio, risorse umane professionali e volontarie, spazi – per costruire insieme percorsi di inclusione di adolescenti e famiglie nella comunità di appartenenza, predisporre una ricognizione territoriale sul fenomeno del ritiro sociale e offrire interventi qualificati a ragazzi e famiglie in situazione di isolamento e ritiro sociale”.

Tra le azioni messe in campo consulenze rivolte a genitori ed educatori, oltre a colloqui e attività mirate dedicate ai ragazzi stessi. Per saperne di più e chiedere aiuto: 378.3031649 o e-mail a exitpiacenza@gmail.com.

LA SCHEDA: IL PROGETTO EXITProgetto del Comune di Piacenza affidato a Associazione La Ricerca e Cooperativa sociale L’Arco, da realizzarsi entro 31 ottobre 2022, con l’obiettivo di coinvolgere e sensibilizzare la comunità e strutturare attività specifiche – integrate con la rete dei servizi – per ragazze e ragazzi a rischio o già in situazione di ritiro sociale e le loro famiglie. La diffusione del Covid-19 e le misure adottate per il contenimento hanno fortemente modificato gli equilibri di tutti. Tra questi sicuramente gli adolescenti, che si sono trovati a vivere condizioni di vita nuove e inaspettate, con un impatto a livello fisico, psicologico, emotivo e sugli apprendimenti.

Seppur negli ultimi anni l’avvento delle tecnologie digitali e della possibilità di comunicare a distanza abbia cambiato il nostro concetto di socialità, soprattutto nelle nuove generazioni, riducendo in parte le occasioni di stare insieme e relazionarsi con l’altro, tuttavia il bisogno di socialità rimane ancora evidente: rimane ancora vivo e forte il desiderio di vedersi, di trovarsi, di comunicare. Va quindi fatta una riflessione puntuale sugli ambiti di maggiore sofferenza che riguardano i minori, per progettare azioni specifiche e capillari a favore di preadolescenti ed adolescenti in situazione di difficoltà, emarginazione, povertà educativa e di ritiro sociale che abbandonano precocemente la scuola.

In questo contesto il fenomeno del ritiro sociale si configura come una manifestazione multifattoriale prodotta dall’interazione di molteplici variabili. Poiché gli individui non nascono con la tendenza all’autoreclusione, è necessario individuare e analizzare i fattori di rischio che possono facilitare l’insorgenza di tale malessere. Società, famiglia e scuola giocano un ruolo fondamentale poiché costituiscono le principali agenzie educative deputate alla formazione globale dell’individuo. Negli ultimi anni la società è diventata esigente nei confronti delle nuove generazioni, pretendendo da essi risultati ottimali nell’arco di breve tempo, in qualsiasi ambito, ignorando spesso l’appagamento dei propri bisogni personali, comportando degli squilibri psico-socio-emotivi. Questo può causare, soprattutto in soggetti più fragili e con bassa autostima un sentimento di frustrazione dato dalle troppe richieste sociali, costituendo uno stato di confusione e di incapacità nel gestire le emozioni negative che ne derivano. L’unica soluzione che questi adolescenti intravedono per la propria sopravvivenza diventa l’autoreclusione, perché convinti di non aver nessun tipo di capacità per affrontare le avversità del mondo esterno come, ad esempio, la scelta della scuola secondaria, la scelta dell’università o del mondo del lavoro.

Il progetto Exit intende promuovere una condivisione del problema tra servizi, agenzie educative, operatori, famiglie e cittadini, valorizzare le risorse presenti – in termini di progettualità in corso, realtà già operanti sul territorio, risorse umane professionali e volontarie, spazi – per costruire insieme percorsi di inclusione di adolescenti e famiglie nella comunità di appartenenza, predisporre una ricognizione territoriale sul fenomeno del ritiro sociale e offrire interventi qualificati a ragazzi e famiglie in situazione di isolamento e ritiro sociale. Le attività proposte si declinano secondo due traiettorie: il coinvolgimento e la sensibilizzazione della comunità e la strutturazione di attività specifiche, integrate con la rete dei servizi, per ragazzi a rischio e già in situazione di ritiro e le loro famiglie.

Come prima iniziativa, si colloca quella del World Cafè del 3 febbraio, un incontro condotto con la supervisione scientifica e il supporto dei ricercatori di “CODICI Ricerca e intervento”, per avviare un percorso di ricognizione condiviso sul fenomeno, coinvolgendo le filiere organizzative dei servizi territoriali operanti in almeno tre ambiti: servizi scolastici, servizi socio-sanitari, servizi del tempo libero. Un metodo semplice ed efficace per dare vita a conversazioni informali e costruttive su questioni e temi che, come questo, riguardano la vita della nostra comunità. Un modo per focalizzare il tema, ascoltare la percezione del fenomeno degli operatori dei diversi settori e dare maggiori dettagli sul progetto, ponendo le basi la definizione di una rete che convida buone prassi e protocolli di intervento.

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