I bisogni etologici del gatto: la caccia

Di Andrea Vantadori consulente per la convivenza e la relazione con il gatto
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Cacciare per un gatto è un bisogno innato connaturato nell’essenza felina tanto che anche il gatto domestico ha necessità di soddisfare questa tendenza innata. La sequenza predatoria prevede: appostamento, punta, avvicinamento, cattura e uccisione della preda. La vita del predatore è molto dura. Il gatto è per natura, un predatore crepuscolare e solitario. Non si avvale della collaborazione di conspecifici e consuma la preda, spesso, in solitudine. In natura, il gatto selvatico dedica alla caccia circa 10-12 ore, comprendo una superficie di circa due chilometri. L’istinto di caciare è molto più forte di quello di uccidere e consumare la preda. Questo si spiega nel fatto che la sequenza predatoria non sempre va a buon esito. Nell’arco di una giornata, il gatto in natura realizza circa dieci battute di caccia; di queste uno o due portano alla cattura della preda. Per il gatto è molto più importante provarci, quante più volte possibile, che non uccidere la preda. Il gatto è un predatore molto abile, che caccia preferenzialmente piccole prede in rapido movimento e che si muovono a scatti, come un roditore, una lucertola.

Il gatto impara a cacciare fin da piccolo, durante lo svezzamento, grazie alle lezioni di mamma gatta. È la madre che all’inizio esce dalla tana per andare a caccia e riportare ai cuccioli la preda uccisa. In questo periodo la madre si preoccupa di essere vista dai suoi piccoli, affinché apprendano le fasi della caccia. Dopo circa due settimane, la madre inizia a riportare in tana prede ancora vive ma stordite. Lascia che siano i cuccioli a finire la preda. Terminato lo svezzamento, la madre porterà ai cuccioli prede vive. Queste scapperanno per cui saranno loro a doverle riacciuffare, mettendo in atto quanto appreso sull’arte delle caccia dalla madre, e a finirle. Ogni gatta ha una preda di elezione e i suoi cuccioli impareranno a cacciarla. Questo significa che un gatto adulto imparerà a cacciare un determinato tipo di preda preferenziale rispetto ad altre e con la quale non sia stato imprintato. Questa informazione, se fosse sempre possibile recuperarla, consentirebbe di personalizzare il gioco predatorio optando per un oggetto intermediario il più simile possibile alla preda di elezione.

Se durante il periodo sensibile il cucciolo fosse esposto e sensibilizzato ad un certo tipo di animale, potenzialmente predabile, da adulto non lo caccerà. Una volta catturata la preda il gatto inizia a “giocare” con essa usando le zampe anteriori e posteriori. La preda viene sbalzata, sollevata e fatta ricadere a terra, scalciata. Tutto questo ha uno scopo preciso, quello di evitare che la preda possa scappare. Una volta stordita, la uccide, spezzandole la colonna vertebrale, mordendola alla gola o, se più grossa, soffocandola. Il gatto è anche una preda di predatori più grossi. Infatti, non consuma la preda laddove è stata uccisa, specialmente se in luogo aperto. L’odore del sangue potrebbe attirare un predatore o un altro carnivoro che potrebbe strappargli il boccone di bocca. La preda viene portata in un luogo sicuro e protetto, dove consumarla in tranquillità. Anche il gatto domestico ha bisogno di cacciare. Sarà compito dell’uomo soddisfare questa innata tendenza attraverso il gioco predatorio. Diversamente il gatto cadrebbe in frustrazione, manifestando squilibrio psicofisico e, spesso, mettendo in atto dei comportamenti sostitutivi dannosi. Potrebbe iniziare a mordere tutto ciò che si muove, mani e piedi compresi, ad arrampicarsi su tende e zanzariere solo perché vede una mosca volare. Non meno frequenti sono i comportamenti autolesivi come il mordersi la cosa, leccarsi ossessivamente, gettarsi contro le pareti, grattarsi fino a ferirsi, girare in cerchio in modo ossessivo.

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