La “Cassandra” di Teatro Gioco Vita, fragile eroina in un presente prossimo alla distruzione

“Perché non vedono il mondo intorno a noi crollare?”si chiede attonita Cassandra. Non si tratta però della visionaria indovina che profetizza la disfatta di Troia, ma di un’adolescente dei giorni nostri, con la sola colpa di vedere fin troppo chiaramente i drammi incombenti di un presente prossimo alla distruzione: tutto quello che gli altri hanno deliberatamente scelto di ignorare. Ripescata dalle pieghe del mito e attualizzata in un presente in cui scricchiola ogni speranza di futuro, la “Cassandra” di Teatro Gioco Vita – andata in scena lunedì al Teatro Filodrammatici di Piacenza per la regia di Fabrizio Montecchi nell’ambito del Festival di Teatro Contemporaneo “L’altra scena” – si fa quindi accorata testimone coeva di un tempo che non può più attendere, di un’umanità ottusamente cieca alle proprie responsabilità.

Corrispondenze tra segni d’ombre, gesti e sguardi misurati, parole essenziali, musiche di chitarra che a tratti suonano rock. Diversi linguaggi si intersecano sulla scena, mentre i personaggi restano due: figure femminili unite in una storia umana che scorre oltre la Storia. In un’interpretazione a tratti didascalica ma sempre autentica verso un pubblico posto di fronte a scomode e ineludibili verità, Cassandra è Letizia Bravi. Giovane sempre più disincanta, stanca di sprecare parole inascoltate sui pericoli per la sopravvivenza del pianeta e della specie umana. Umanissima e fragile nel suo reale sentire, la certezza del suo testimoniare vacilla quando perfino la famiglia che diceva di amarla la ripudia. Accanto a lei l’anziana Arisbe, a cui dà voce Barbara Eforo. Prima di Cassandra la donna ha saputo vedere quello che gli altri non vedevano e come lei scrive poesie per curare il proprio dolore. Chi meglio dell’anziana progenitrice può capire l’amarezza della ragazza? Con delicata determinazione la saggia Arisbe non si stanca di insistere perché Cassandra non smetta di far risuonare la sua voce di persona viva e consapevole, anche se perfino il profumo dell’elicriso e la vista delle lucciole le evocano ormai la catastrofe: ma lei vorrebbe soltanto non vedere, le parole le muoio in gola e non resta che cenere .

In un mondo dove ormai tutto brucia, le attrici, insieme narratrici e animatrici dei loro doppi in ombra, si cercano, dialogano e si scontrano sospese tra un passato in cui precipitare sotto il peso dei  ricordi e un futuro che appare inimmaginabile. Mentre la vocazione diventa maledizione e i sogni incubi, la distruzione cresce in mezzo a fiamme, inquietanti immagini pittoriche, sirene, allarmi, annunci di misure d’emergenza per catastrofi climatiche, echi di disastri nucleari; fino alle immagini di cortei ambientalisti, fin troppo attuali. Dal silenzio che resta, però, le parole riprendono alla fine a fiorire; perché il mondo è nostro e solo noi possiamo salvarlo. Quel che conta è unirsi a Cassandra nel ruolo di testimoni del presente, per “essere umani, sperare e avere cura dell’esistenza che dalle ceneri torna a germogliare, in ogni lingua, in ogni luogo, fino alla fine”.

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