“Dove non possono le parole abbiamo bisogno di simboli” La pietra d’inciampo per Richetti fotogallery video

Piacenza dedica una pietra d’inciampo a Enrico Richetti, commerciante ebreo vittima delle leggi antisemite. Di origine goriziana, Richetti si trasferì a Piacenza dove aprì un negozio di macchine da scrivere, “Everest”, all’inizio di via XX Settembre. In quello stesso posto, all’ingresso della Galleria San Francesco, venerdì 14 settembre è stata inaugurata la pietra d’inciampo a lui dedicata, alla presenza della sindaca di Piacenza Katia Tarasconi. Sono intervenuti la professoressa Licia Gardella, ex preside del Liceo Respighi, che per prima, con il contributo di ricerca storica del giornalista Ippolito Negri, avanzò la proposta, l’ex sindaco Patrizia Barbieri e il nipote (e omonimo) di Enrico Richetti, in rappresentanza della famiglia. Presenti alla cerimonia anche il vescovo di Piacenza-Bobbio monsignor Adriano Cevolotto, il presidente della comunità ebraica di Parma e Piacenza Riccardo Joshua Moretti, la presidente del Consiglio comunale Paola Gazzolo, gli assessori Fiazza e Dadati e alcuni consiglieri comunali.

“Le pagine più buie della storia – afferma Tarasconi – ci consegnano degli insegnamenti come eredità civile e morale da onorare ogni giorno. Ogni volta che ciascuno di noi passerà qui accanto, posando lo sguardo su questo piccolo blocco di ottone, incrocerà idealmente il percorso di Enrico Richetti che proprio qui, nel 1939, aveva aperto un negozio di macchine da scrivere”. “Definiamo spesso di brutalità indicibile – prosegue – l’ideologia nazifascista dello sterminio di massa, delle persecuzioni antisemite, delle camere a gas come icona di un’umanità calpestata nella sua più intima e profonda dignità. E laddove non possono arrivare le parole, se non quelle che ci sono state lasciate dai testimoni e da coloro che sopravvissero a quell’orrore, abbiamo bisogno di simboli. E questo è un simbolo. Sento di dare voce a tutti i nostri concittadini che credono nella convivenza civile, nel pluralismo, nel rispetto reciproco e nel dialogo tra le differenze come strumenti di pace nel dire che il nome di Enrico, così come ognuno di quelli sulle 70mila pietre d’inciampo diffuse in tutta Europa, racchiude tutti i nomi che non conosciamo”.

Pietra d'inciampo Richetti

La pietra d’inciampo è un’iniziativa – ideata dall’artista tedesco Gunter Demning e cominciata nel 1992 – volta a “inserire” il ricordo delle vittime della Shoah nel tessuto urbano. Quella intitolata a Enrico Richetti è la prima pietra d’inciampo installata all’interno del Comune di Piacenza. Nel numero di marzo 2022 del periodico della Banca di Piacenza Bancaflash, Andrea Tinelli traccia un ricordo di Enrico Richetti. “Siamo nel 1943-44 – racconta – mio fratello Lodovico, ancora studente, al pomeriggio iniziò a lavorare per Richetti, che finita la scuola lo prese a tempo pieno. Tra i due nacque una stima reciproca, con il signor Enrico che gli insegnava il mestiere con amore. Lodovico ne parlava in termini entusiastici. Anch’io ebbi occasione di vederlo un paio di volte, ma avevo solo 9 anni. Mio fratello, grazie a Richetti, si appassionò alle macchine da scrivere e da calcolo tanto che, oltre a farne il suo lavoro, ne divenne un accanito raccoglitore”. Nel 1944 Richetti venne arrestato su ordine della Repubblica Sociale Italiana. “Voleva raggiungere il fratello al Sud (dove già c’erano gli americani) – dice ancora Tinelli a Bancaflash – ma commise l’errore, fermandosi in un albergo a Pontremoli, di lasciare le sue vere generalità. Intercettato, fu tradotto nel carcere di Firenze e poi accompagnato a Piacenza”. Fu solo l’inizio del calvario: da Piacenza fu deportato nel campo di prigionia di Fossoli, poi a Verona, e infine ad Auschwitz e a Dachau, dove morì, a soli 34 anni, il 6 gennaio 1945.

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