“La filosofia di Etty Hillesum non è sapere astratto, ma pratica vissuta che parla a tutti” foto

“La filosofia di Etty Hillesum non è sapere astratto, staccato dalla vita, ma pratica vissuta, percorso di modificazione esistenziale. Non si tratta quindi di una filosofa vera e propria: Etty scopre e modifica sé stessa e il rapporto con gli altri e la realtà circostante attraverso l’aiuto della filosofia come pratica di trasformazione. Il suo Diario del 1941-43 è infatti la registrazione di un cammino di cambiamento personale, tanto stupefacente da renderla più capace di lodare la vita proprio quando sta per esserle sottratta a causa della persecuzione nazista”. Wanda Tommasi, filosofa e già insegnante di Storia della filosofia all’università di Verona, ha così efficacemente sintetizzato il prezioso contributo del pensiero di Hillesum come unione inscindibile tra riflessione e atti concreti di miglioramento di sé e del proprio vivere. L’occasione è stata il secondo appuntamento dedicato a Etty Hillesum, organizzato da Cittàcomune nella serata del 23 novembre all’auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano.

Dopo un primo incontro a Palazzo Rota Pisaroni lo scorso 17 novembre, in cui lo studioso olandese Gerrit Van Oord aveva esaminato diverse questioni ancora aperte sulla biografia dell’autrice deportata ad Auschwitz, stavolta Gianni D’Amo, presidente di Cittàcomune, ha subito sottolineato “l’eccezionale capacità della scrittrice di leggere la realtà umana, tanto nel suo complesso quanto nelle sue sfumature; aldilà di qualsiasi logica d’appartenenza razziale”. “E insieme – continua D’Amo – questa giovane donna cerca di praticare nella scrittura e nei gesti quotidiani la bellezza della vita come rifiuto dell’odio”. “Etty Hillesum e Simone Weil sono due autrici importanti – ha osservato ancora il presidente dell’associazione –, due figure diverse ma per certi aspetti accostabili molto care a Cittàcomune, a cui Wanda Tommasi ha dedicato diversi studi e scritti.”.

“Hillesum e Weil ci insegnano a superare i dualismi tipici della società occidentale – ha spiegato Tommasi -, perché in loro conoscenza e pratica, ragione e sentimento procedono insieme senza fratture: soprattutto nel ‘cuore pensante e pulsante’ di Etty, corpo e spirito si aiutano a vicenda ad affrontare i tumulti della vita”. “Due beate senza aureola”, così queste scrittrici sono state propriamente definite dalla studiosa Cristina Campo. Un’espressione ripresa e condivisa dalla docente universitaria veronese, che sottolinea “l’attitudine mistica eppure profondamente terrena grazie alle quale Hillesum e Weil hanno ancora oggi il dono prezioso di saper parlare a tutti, credenti e non credenti”.

Wanda Tommasi, che non a caso nel suo ultimo libro “Le parole per scriverlo” (Mimesis)” si è soffermata sull’esperienza di elaborazione del dolore racchiusa nei romanzi di note scrittrici, ha quindi proposto una “lettura e un’analisi sapienziali del ‘Diario’ e delle ‘Lettere’ di Etty Hillesum”. “Testi – ha sottolineato la studiosa – da conoscere, ma soprattutto da gustare e applicare liberamente nella nostra vita odierna, per un’ analoga acquisizione di consapevolezza seppur nella diversità di circostanze vissute.” “Etty può essere considerata un’autrice mistica estremamente libera e originale – ha spiegato la relatrice – , in equilibrio tra ebraismo e cristianesimo, ma non riconducibile ad una specifica confessione religiosa :una mistica dell’essere che scopre e vive Dio nella parte più profonda di sé.

Poi, per dar conto della “filosofia come pratica della trasformazione” in Etty Hillesum, Tommasi ha sviluppato tre direttrici primarie tra loro connesse: la conquista del silenzio interiore, una verità che trasforma la vita e le pratiche quotidiane per vivere nel presente. “Il primo punto è fondamentale – osserva –, da questo derivano in qualche modo tutti gli altri. Etty, distaccandosi dall’ingorgo di pensieri e sentimenti che la rende prigioniera della sua confusione emotiva, arriva alla conquista del silenzio interiore proprio mentre la persecuzione antisemita prende sempre più corpo. Imprescindibile la scrittura diaristica, che aiuta a non perdere il filo con sé stessi, per riuscire a trovare gradualmente uno spazio di silenzio riposto nella parte più profonda della propria anima: un luogo intimo di pace che l’autrice chiamerà Dio. Un silenzio interiore fecondo, che la pone in ascolto partecipe di sé, degli altri e di Dio rendendola straordinariamente capace di accogliere ed elaborare il dolore senza farsene sopraffare”.

Protagonista di una parabola che la docente veronese ha definito di “resistenza esistenziale”, l’autrice olandese sente la necessità e l’urgenza di opporre alla brutalità dell’odio nazista pezzetti d’amore custoditi in noi stessi perché non tutto vada perduto. Consapevole di questa “verità che trasforma la vita – ha spiegato quindi Tommasi –, Etty con le sue lettere si fa allora cronista essenziale degli internati di Westerbork, campo di transizione verso Auschwitz: l’intelligenza del cuore” della scrittrice, deportata tra i deportati, riesce così a preservare la singolarità delle vittime dalla cancellazione della memoria perseguita dai nazisti.

Hillesum insegna anche e soprattutto a godere del presente, senza lasciarlo rovinare dagli affanni del domani. “Sente che il tempo sta per sfuggirle – osserva la relatrice -, e le piccole occupazioni quotidiane acquisiscono per lei bellezza ed importanza: rammendare una calza, pregare, fare una doccia fredda, apparecchiare la tavola, o guardare il cielo non sono gesti meno importanti di scrivere o studiare. L’importante è non sentirsi inquieti per il domani, ‘a ciascun giorno basta la sua pena’ (dalla riflessione della scrittrice sul Vangelo di Matteo, 6-34)”. Una lezione attualissima che Etty Hillesum ha perseguito fino alla fine, quando partita cantando sul treno per Auschwitz non ha più fatto ritorno.

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