“Noi astronauti nello spazio, extraterrestri a 400 km dalla Terra” foto

“Nello spazio devi diventare un extraterrestre, perché cambia tutto: per spostarti devi usare le mani invece che i piedi, quelli invece servono a farti star fermo. Cambia anche il modo di interpretare l’espressione dei compagni, l’assenza di gravità inventa una socialità diversa”. E’ un flusso inarrestabile di aneddoti Paolo Nespoli, ex astronauta ESA e ingegnere, tra gli ospiti della seconda parte della giornata di formazione Ugis, Unione Giornalisti Scientifici, tenutasi a palazzo XNL, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti e Fondazione Ordine Giornalisti dell’Emilia-Romagna e FAST- Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche, con il prezioso sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Tre le missioni alle quali Nespoli ha partecipato, per un totale di 313 giorni nello spazio, a bordo della Stazione Spaziale Internazionale a 400 km dalla Terra. La prima, per 15 giorni, nel 2007. Ne seguiranno altre due: nel 2010 è rimasto a bordo della Stazione Internazionale per 157 giorni; nel 2017 i giorni sono stati 139.

Un’esperienza unica che Nespoli descrive con ironia. Nello spazio è possibile coltivare l’insalata (“abbiamo scoperto che cresce meglio con una luce violetta”) ma non giocare a carte (“le avevo portate con me, ma appena le ho tirate fuori sono volate dapperttutto”); un luogo dove tutto diventa un esperimento, anche se stessi. “Nella nostra routine quotidiana, simile a quella di una sorta di metalmeccanico spaziale, prevede due ore e mezza da dedicare all’attività fisica, come il tapis roulant, che può essere utilizzato solo indossando una cintura attaccata a una cinghia, perché altrimenti è impossibile correre – racconta Nespoli -. L’esercizio fisico serve a raccogliere dati utili: l’assenza di gravità ha effetti sul nostro corpo, sulla densità dello scheletro e anche sulla vista. L’occhio perde la sua forma sferica e la retina può spostarsi”. E’ uno dei temi che entrano in gioco quando si parla di viaggi nello spazio: non solo insidie tecnologiche ma anche fragilità umane. “Il tempo stimato per riuscire ad arrivare su Marte è di 8 – 10 mesi. Non sappiamo come reagirebbe il corpo umano, come sarebbe la convivenza in spazi ristretti in una missione che potrebbe nel complesso durare anche tre anni”.

“Per noi astronauti, al rientro delle missioni, sono previste tre settimane di recupero, a Houston o in altri centri, con attività fisiche mirate, test e attività di briefing. Io ad esempio ho avuto dei problemi di circolazione, con caviglie gonfie per sei mesi. Ma la difficoltà maggiore, rientrati sulla Terra, è riuscire a stare in piedi in equilibrio. E’ necessario del tempo per recuperare la normalità”. Cosa non difficile da capire per chi ha alternato il lavoro da ‘metalmeccanico spaziale’ a telefonate con il presidente della Repubblica e con il Papa, ed ha avuto la possibilità di “guardare il mondo da un oblò” tutto speciale. Nell’arco di pochi minuti, si passa dall’alba al tramonto sulla Terra, di nazione in nazione, alla velocità di 8 km al secondo. “Durante la mia prima missione ho scattato 27mila fotografie – dice -, per l’ultima sono arrivato a 500mila. Ma quello che mi ha fatto riflettere è stato il vedere, anche quando il sole scompare dietro all’orizzonte, l’atmosfera attorno alla Terra restare ancora illuminata per qualche secondo. Ora parliamo tutti di confini, che sono importanti. Ma quello dell’atmosfera è il più importante di tutti, perché è ciò che ci permette di continuare a vivere. Ed è per questo che va tutelato”.

La relazione di Nespoli ha chiuso il pomeriggio della giornata Ugis, che si è tenuta nel palazzo XNL della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Dopo i saluti dell’assessore Adriana Fantini e del presidente della Fondazione Roberto Reggi, Giovanni Caprara (presidente UGIS ed editorialista scientifico del Corriere della Sera) ha dato la parola agli altri ospiti della giornata, Carlo Barbante (direttore dell’Istituto di Scienze Polari del CNR e referente per l’Italia del Progetto Ice Memory) e Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS), per un approfondimento sul tema “Salute, clima, spazio: etica per un mondo di notizie responsabili”.

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