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Sulla cittadinanza degli stranieri bisogna fa funzionare le norme che già ci sono

L’IMMIGRAZIONE A PIACENZA NEL CONVEGNO SULLA CITTADINANZA ORGANIZZATO DALL’ANPI – Piacenza è la città con il più alto tasso di immigrazione dopo Prato e prima di Milano, il doppio dell’Italia, è sopra all’Emilia Romagna ed a tutte le città della regione. A leggere questi dati qualcuno ha provato a spaventare i piacentini e altri hanno a far finta di nulla, lasciando un mondo sommerso al quale destinare qualche intervento di carattere assistenziale in casi di emergenza, ma difficile intravvedere politiche di integrazione utili non solo a valorizzare i nuovi cittadini, ma anche ad esprimere la convenienza della città, che sprofonda nel buio demografico, nei confronti del contributo che gli immigrati offrono al suo sviluppo. Perciò anche quando si esaminano le statistiche ricorrono articoli di stampa che si limitano all’informazione quantitativa e non si affronta la questione in tutti i suoi aspetti come ha fatto l’Anpi di Piacenza con il convegno sui “Piacentini senza cittadinanza”, facendo luce sulla situazione dal punto di vista della città, dal momento che, aggiungiamo, la recente campagna elettorale amministrativa è stata piuttosto avara di proposte e completamente assente risulta la questione dalle linee di mandato dell’amministrazione.

Oltre il 15% di nuovi cittadini non può essere considerato altro da noi; di fronte all’invecchiamento della nostra popolazione arrivano persone più giovani capaci da un lato di entrare subito nel mondo del lavoro, soddisfacendo le richieste delle imprese e dall’altro di salvare anche le scuole in calo di alunni, assicurando, in base ad un percorso di studi inserito nel nostro modello di sviluppo, un decisivo contributo al futuro della città e del Paese. Gli immigrati oggi aiutano la crescita economica per abitante, decisiva per assicurare la copertura a livello locale anche alla popolazione anziana. Piacenza infatti non ha grandi imprese ed i giovani più qualificati tendono ad emigrare verso quelle città che offrono un management capace di assorbire laureati e dovrebbe essere in grado di attrarre aziende innovative, anche perché Piacenza ha molte aree dismesse, che impieghino competenze elevate, considerando che anche gli stranieri nati nella nostra città stanno frequentando le scuole e le università.

Una questione tutta particolare è la diffusione della logistica con l’impiego di giovani soprattutto stranieri. Tale comparto si è rivelato indispensabile per la tenuta economica del nostro territorio, ma un lavoro poco qualificato, la precarietà dei contratti e l’esiguità dei salari ha bloccato questi giovani di fronte alla promozione della loro formazione, all’emergenza abitativa e più in generale ad un caro vita difficile da affrontare. Se a Piacenza non c’è alcuna percezione di un assedio, questo è grazie dalla capacità soprattutto del terzo settore, appoggiato dall’amministrazione comunale, di realizzare iniziative di inclusione e di integrazione, e della scuola, in particolar modo dell’infanzia e primaria, di contribuire ad alleviare il disagio socio-culturale di ingresso, oltre a promuovere in modo efficace, e le indagini lo evidenziano, l’apprendimento e la socializzazione. Un grosso aiuto viene dai mediatori/trici linguistico-culturali, non solo nel campo della lingua italiana, ma per la redazione di piani educativi personalizzati che coinvolgono anche le famiglie straniere, contribuendo a mantenere il multiliguismo nelle classi. Una tale strategia è utile per la presenza contemporanea di diversi paesi di provenienza, ma anche per gli italiani nei confronti delle lingue straniere. Tra nuovi arrivati e nati in Italia nelle scuole piacentine ci sono circa il 50% di alunni di origine straniera nella scuola dell’infanzia e circa il 40% nella primaria, con buona pace della distribuzione forzosa voluta dal ministero. E’ in funzione uno sportello a livello cittadino per orientare la frequenza che ha già collocato 50 bambini che non avevano ancora il posto a scuola.

Il dibattito sulla cittadinanza, com’è noto, è aperto da tempo, ma ancora prima di innovazioni legislative auspicate (ius scholae) bisogna far funzionare le norme che ci sono, snellendo la burocrazia che intralcia le pratiche, costringendo annosi andirivieni con i paesi di provenienza. Al centro della nostra Costituzione c’è la persona indipendentemente dalla residenza, con i conseguenti diritto d’asilo, allo studio, alla salute, ecc., così come le norme europee di libertà, sicurezza, giustizia, valgono per tutti coloro che soggiornano legalmente nell’Unione. Ma poi esiste la cittadinanza sociale che legittima lo straniero a partecipare alla vita pubblica locale (legge Turco-Napolitano). Spetta ai Comuni metterla in pratica. Cosa fa l’Amministrazione non solo per l’assistenza, ma per promuovere e sostenere la nuova cittadinanza ? Lo statuto del Comune dice che i cittadini soggiornanti che hanno attività prevalenti di lavoro o di studio devono esercitare i diritti di cittadinanza e di partecipazione.

La seconda parte del convegno ha riguardato una serie di testimonianze di persone provenienti da altri Paesi impiegati nei diversi settori, come dipendenti, ma anche imprenditori; hanno raccontato la loro esperienza e le loro aspettative. Il problema più grave è quello della cittadinanza, sia per il periodo necessario per poterla ottenere, sia per la burocrazia opprimente. Le difficoltà poi sono quelle dette prima per i lavoratori della logistica che ricorrono spesso agli aiuti della Caritas. Il messaggio che si ricava da questo incontro è che a Piacenza esiste ancora scarsa consapevolezza circa l’importanza del fenomeno migratorio sul nostro territorio, la soluzione dei tanti problemi viene demandata alle organizzazioni del terzo settore, con qualche finanziamento pubblico. Sarebbe ora di studiare un modello di integrazione, un pensiero lungo e condiviso, prima che le varie comunità di stranieri si organizzino tra di loro con possibilità piuttosto evidenti di conflitto non solo con le autorità italiane. Questa convivenza plurale lasciata a se stessa non genera integrazione, noi anche a Piacenza dobbiamo marciare sulla strada dell’intercultura, perché si sappiano ricostruire continuamente insieme, e l’amministrazione comunale deve esserne l’alfiere insieme alla scuola che già lo fa, le modalità per una convivenza pacifica, democratica, orientata allo sviluppo.

Gian Carlo Sacchi

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