Malvasia, Merlot e Monterosso incontrano i malti della Valdarda al birrificio Green Dog

Non si dica che i colli piacentini sono solo terra di vini. A Lugagnano Val d’Arda si produce una birra con malti (e a volte anche uve) a chilometro zero. “Siamo sempre stati rimproverati dai vignaioli di non avere il ‘prodotto da raccogliere’, oggi abbiamo due birre prodotte col 100% di malto raccolto nei nostri terreni”. Sono le parole di Emanuele Aimi, titolare del birrificio Green Dog. “I malti vengono prodotti nei nostri campi a Lugagnano, Bacedasco, Vigoleno e Castell’Arquato – ci spiega Aimi – abbiamo 72 ettari, di cui circa un terzo seminabile. La maltazione viene poi sviluppata in Austria, perché sono gli unici a garantire il ritorno del nostro seme biologico. Abbiamo una produzione ancora ridotta, ma stiamo lavorando per ingrandirci, passo dopo passo. Il prossimo anno, ad esempio, inseriremo sicuramente una birra senza glutine”.

Che birre producete?

Abbiamo tredici tipologie: una Pils a bassa fermentazione, poi Apa (American Pale Ale), Ipa (Indian Pale Ale), Weizen e birre chiare affumicate (col 100% di malto “nostro”). Poi anche prodotti sofisticati come birre di stile inglese con infusione di lime e zenzero o birre scure con malti torrefatti che acquistiamo dall’Inghilterra e dalla Germania. Birre più particolari sono le Iga (Italian Grape Ale), fatte col mosto d’uva: quest’anno la novità sarà la Iga di Monterosso, per cui abbiamo usato il mosto di tre uvaggi del Monterosso uniti a una base Pils di nostra produzione. Quest’anno l’abbiamo fatta con fermentazione in bottiglia, dal prossimo useremo il metodo Champenoise (per intenderci, quello del Franciacorta o del Trento). Usiamo un metodo di invecchiamento simile a quello del vino, che va da un minimo di 12 mesi fino a oltre 60, con affinamento sui propri lieviti nobili o su lieviti selezionati. Successivamente la Iga viene fatta rifermentare con lieviti o, come succede negli Champagne, con l’aggiunta di una liqueur che può conferire al prodotto un taglio particolare. La scelta dei lieviti caratterizza il sapore e la qualità. Abbiamo prodotto Iga da 7 e 10 gradi in passato, quest’anno ho scelto di tenere solo la versione da 7 gradi, che ha un taglio più ‘da birra’ e meno “da vino”.

birrificio green dog

Che legame c’è fra le vostre birre e il territorio piacentino?

Noi birrai siamo sempre stati rimproverati di non avere il prodotto da raccogliere, a differenza di chi produce vino. In realtà, oggi il nostro lavoro può tranquillamente essere comparato col sacrificio e il sudore che i vignaioli mettono in vigna. Il nostro impegno è biologico, non usiamo anticrittogamici o altri veleni che potrebbero rendere la coltura più facile e immediata: abbiamo scelto un percorso – così come tanti vignaioli – di maggiore attenzione possibile per creare un prodotto di qualità. E il legame col territorio è evidente: la Pils e la Rauch hanno il 100% di malti di nostra produzione, per quelle più particolari arriviamo al 97/98%. Alcuni malti specifici che ricerco, come molti di quelli torrefatti, in Italia non si riescono a produrre. Ma anche in questi casi la percentuale di malti “piacentini” è molto alta.

E le uve da dove arrivano?

Le uve provengono tutte dalla Val d’Arda. La maggior parte le acquisto da un’azienda agricola nel comune di Lugagnano. Per la prima Iga con solo prodotto piacentino avevo utilizzato la Malvasia di Graziano Terzoni di Podere Pavolini (Bacedasco), con cui collaboro da diversi anni. L’anno successivo ho utilizzato la Malvasia e il Merlot dell’azienda agricola Camorali di Torricella (Lugagnano), quest’anno insieme abbiamo fatto l’uvaggio del Monterosso e il Merlot.

Dove nasce l’idea di produrre birra?

La mia passione per la birra nasce all’età di vent’anni. A 28 anni, insieme ad altre persone, ho fondato il Birrificio “del Ducato”, uno dei più premiati in Italia e all’estero. Parte di quel gruppo poi si è staccata per mettere in piedi un progetto più ampio, che inglobava una catena di ristorazione, Tramvai – sette locali con annessa produzione – e un birrificio, La Fenice, con sede a Brescia. Io gestivo direttamente La Fenice e tre locali Tramvai, ed ero socio degli altri quattro. Poi decisi di vendere tutto e comprare un appezzamento di terra, ho iniziato a fare l’agricoltore, quello che era il lavoro di mio nonno.

birrificio green dog

Le vostre birre hanno nomi particolari: “Mavaiss”, “Acqua pazza”, “Crew”, “Parkour”… Cosa vogliono dire?

I nomi vengono tutti dalla mia fantasia e sono legati al messaggio che voglio far passare. La Pils per me simboleggia il gruppo, la famiglia, lo stare insieme, e da qui viene il nome “Crew”. “Parkour” è una Ipa molto spregiudicata, il suo gusto amaro si sposa bene col nome. “Mavaiss” è un evidente gioco di parole fra l’intercalare “Ma va” e la parola “Weiss”, che è la tipologia di quella birra. Per “Acqua pazza” ho usato lo stesso nome della Malvasia di Podere Pavolini, mentre “I campi” richiama i le vigne del Merlot di Camorali. Tutti nomi “scherzosi”, coerentemente col logo simpatico del birrificio.

Come hai scelto il nome del birrificio, “Green Dog”?

Il logo rappresenta un cane di colore verde che abbaia. Sono un amante dei cani (ne ho cinque), e “Green” richiama anche la nostra filosofia attenta al prodotto biologico. Il disegno nasce dalla creatività di un bambino di sette anni, la mia idea era di creare un’immagine simpatica. “Green Dog” dunque rappresenta un giusto connubio fra la mia parte agricola e quella “canina”.

birrificio green dog

Una simpatica vignetta che richiama la serie “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare.

Qual è il vostro bacino di vendita?

Distribuiamo le nostre birre in tutta Italia: dai rifugi in alta montagna fino alle spiagge della Campania. È una presenza a macchia d’olio: sul territorio copriamo bene Piacenza, Parma, Bologna, leggermente meno Modena e molto poco Reggio Emilia. Spesso ci capita di rifiutare alcune distribuzioni, la nostra è una cantina relativamente piccola, ma pian piano i volumi crescono e noi con loro. Se riuscissimo a vincere un bando europeo legato al fotovoltaico, il nostro obiettivo è raddoppiare la cantina. Quando i volumi diventeranno davvero importanti ci piacerebbe valicare i confini nazionali. Il nostro punto vendita ufficiale a Piacenza è presso il Mercato coperto “Campagna amica” di Coldiretti, in via Farnesiana 17, ma le birre si trovano anche in molti locali, bar e negozi della città e della provincia.

Qual è la tua birra preferita?

Senza dubbio Parkour (Ipa) e Black Elk, la scura da 6,2 gradi, sono quelle che amo di più, ma vado molto fiero anche della mia Pils a bassa fermentazione.

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.