“Nessuno ci ha difesi dalla legalità del male” Universi alla Giornata della Memoria in Cattolica

I redattori di Universi Hassan Haidane e Chiara Ruggeri hanno assistito al convegno “La legalità del male” all’Università Cattolica di Piacenza per celebrare la Giornata della Memoria e le vittime della Shoah. Ecco il resoconto con le loro impressioni.

Lunedì 23 gennaio si è svolto un convegno all’Università Cattolica di Piacenza per celebrare la Giornata della Memoria del ventisette gennaio. Era presente anche Noemi Di Segni, presidente delle comunità ebraiche in Italia, che ha portato la sua testimonianza, raccontando la storia dei suoi familiari che vivevano a Roma e sono riusciti a scampare alla deportazione nei campi di concentramento. Saverio Gentile ha trattato le persecuzioni giuridiche antisemite del regime fascista, con le leggi razziali emanate da Benito Mussolini a partire dal 1938 come le altre nazioni europee che hanno seguito l’esempio del nazismo nato in Germania. In conseguenza delle leggi razziali gli alunni ebrei sono stati esclusi delle scuole, gli impiegati e gli statali ebrei sono stati licenziati dagli uffici publici; dal 1938 non viene concessa più la cittadinanza italiana e vengono isolati dalla vita civile. Carla Antonini, direttrice dell’Istituto di Storia contemperanea di Piacenza, ha descritto la comunità ebraica nella provincia piacentina, con insediamenti distribuiti tra Castel San Giovanni, Fiorenzuola, Castell’Arquato e Caorso, raccontano alcune vicende di persone che sono state deportate.

Hassan Haidane

“Perché è successo tutto questo? Perché nessuno ci ha difesi?”
L’Università Cattolica di Piacenza ha organizzato lunedì 23 gennaio, in prossimità della Giornata della Memoria, un convegno sul tema della “legalità del male”, con riferimento alle leggi razziali emanate da Benito Mussolini nell’estate-autunno del 1938 su imitazione delle famigerate leggi di Norimberga del 1935. A differenza della Germania nazista, in cui gli ebrei costituivano buona parte della popolazione, in Italia la comunità ebraica era molto più ridotta, ma l’avvicinamento progressivo fra i due Paesi totalitari spinse Mussolini a proclamare una serie di leggi antisemite sulla falsariga di quelle tedesche, dando così inizio alla terribile e vergognosa fase della persecuzione contro tutti i cittadini di origine ebraica, da cui furono esclusi solo gli ebrei considerati “arianizzati”.
Un altro motivo che spinse il duce a perseguitare i cittadini ebrei fu senza dubbio legata all’ambizione di colonizzare dei territori a imitazione di altri Stati europei. La colonizzazione si accompagnò a un diffuso pregiudizio nei confronti degli abitanti delle aree occupate, sfociato poi in un atteggiamento di discriminazione nei loro confronti, che aprì la strada a quella verso gli ebrei, che rappresentarono un utile capro espiatorio per unire tutto il Paese contro un nemico comune.

La condizione degli ebrei in Italia peggiorò improvvisamente perché essi furono esclusi dalla vita sociale e politica dello Stato: da un giorno all’altro non poterono più frequentare la scuola pubblica, né insegnare in nessuna scuola statale o all’università, né accedere alla professione di notaio o di giornalista. Questo fatto provocò un’inevitabile perdita culturale dato che molti scienziati e studiosi italiani dovettero rifugiarsi all’estero.
Le leggi razziali provocarono la scomparsa dalla vita sociale di una minoranza della popolazione italiana, che, senza nessuna colpa, si trovò a vivere in condizioni di isolamento, diventando così “invisibile” agli occhi degli altri cittadini, i quali, per paura o per opportunismo, contribuirono a “ghettizzare” gli ebrei. Liliana Segre ricorda l’esclusione dalla scuola pubblica, quando aveva solo 8 anni, come un’enorme ingiustizia di cui non le venne mai spiegata la ragione e per cui si sentì confusamente responsabile, come molti altri bambini ebrei, che da un momento all’altro persero gli amici e i maestri, non avendo altra colpa che quella “di essere nati”.

Un’altra tremenda ingiustizia riguardò i cittadini stranieri di origine ebraica, che persero la cittadinanza italiana e tutti i diritti acquisiti col tempo. Quasi nessuno protestò nemmeno contro i decreti che vietavano i matrimoni misti, come anche il lavoro nel settore pubblico e bancario, o contro quello che prevedeva la confisca dei beni ai legittimi proprietari in quanto appartenenti alla razza giudaica. Gli ebrei simboleggiavano “il male” e venivano rappresentati in modo volutamente odioso e disgustoso non solo nei grandi giornali come “Il Corriere della sera”, ma perfino nei giornalini per bambini dell’epoca.
Ho letto alcuni libri sulle persecuzioni contro gli ebrei, culminate nella deportazione nei campi di concentramento nazisti e sono venuta a conoscenza di episodi orribili, come l’usanza ad Auschwitz di separare all’arrivo le persone forti da quelle più deboli, come vecchi e bambini, destinate immediatamente alle camere a gas perché ritenute inabili al lavoro. Ho saputo di atti di vigliaccheria e di tradimento compiuti da esseri diventati simili ad animali come i loro persecutori a causa della fame e delle torture subite, ma ho letto anche testimonianze di atti di coraggio e di eroismo da parte di coloro che hanno mantenuto la propria dignità e la propria umanità sia quando sono stati colpiti dalle ingiuste leggi razziali, che vennero mantenute fino al 1944, sia quando hanno vissuto la terribile esperienza dei lager. Essi non si sono lasciati sconfiggere dalla scientifica e legalizzata esecuzione di un programma diabolico che mirava prima alla degradazione e poi allo sterminio del popolo ebraico.

Fra i diversi interventi, tutti molto interessanti, mi ha colpito particolarmente quello di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, che ha ricordato con preoccupazione e angoscia che l’antisemitismo non è scomparso con la liberazione degli ebrei ad Auschwitz il 27 gennaio 1945, ma è purtroppo ancora presente nella società contemporanea, dominata dai social media, a cui ricorrono haters sconosciuti, che approfittano dell’anonimato per deridere e insultare alcune categorie di persone, fra cui sono presenti anche gli ebrei. Essi vengono denigrati, minacciati e offesi come succedeva ai tempi delle leggi razziali e, come allora, non esiste nessun motivo che giustifichi questo comportamento assurdo.
Gli ebrei, privati dei loro diritti e della loro dignità dal regime fascista, si chiedevano: “Perché è successo tutto questo? Perché nessuno ci ha difesi?” Secondo Noemi de Segni queste domande non devono più essere poste dai cittadini ebrei di nessun Paese perché, altrimenti, l’orrore della Shoah non ci avrà insegnato niente e sarà come se le vittime inermi dell’olocausto morissero una seconda volta.

Chiara Ruggeri