Plauso della Cgil al Comune “Giusto registrare figli di famiglie omogenitoriali e coppie Lgbt”

La posizione del Comune di Piacenza che si dice pronto a registrare i figli di coppie Lgbt, o come viene descritto figli di famiglie omogenitoriali, trova il consenso dell’Ufficio Anti discriminazioni della Cgil di Piacenza. “Sappiamo bene – scrive in una nota il responsabile Bruno Carrà – che ora questa condizione è impedita per il divieto del Governo in carica che non permette di predisporre l’iter per il riconoscimento dei figli di coppie (e quindi famiglie) omosessuali che hanno fatto o fanno ricorso a tecniche di procreazione”.

“Condividiamo la tesi – prosegue – che il procedimento tecnico che possa garantire questo diritto, perché di diritto si tratta, debba essere a tutti gli effetti reale, concreto ed esigibile e non solo simbolico. Le recenti istruzioni impartite dal governo italiano, purtroppo, infatti vietano ai Comuni di registrare i figli di coppie omogenitoriali, e non possono che preoccupare perché l’attuale stop momentaneo della registrazione rischia di trasformarsi in un principio generale. È evidente come serva una legge chiara valida in tutto il contesto nazionale che superi la legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, consentita attualmente in Italia solo a coppie eterosessuali, dal momento che tale normativa vieta la maternità surrogata per due padri, o la procreazione assistita per due madri che si sono affidate a questa procedura permessa regolarmente all’estero, anche se la partoriente può poi registrare in Italia il nascituro come unico genitore”.

“È del tutto evidente che il Governo opera per togliere diritti, ed è ancora più aberrante che si accanisca in questo caso contro bambini che esistono. Come Camera del Lavoro di Piacenza riteniamo che accanirsi ed esercitare un attacco frontale contro la comunità LGBTQ+ sulla pelle dei bambini solo perché il modo con cui sono stati messi al mondo non viene gradito sia un controsenso di questa destra retriva, arcaica, retrograda e puramente reazionaria. La notizia del divieto di registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali fa tristemente il paio con la decisione sempre del Governo Meloni di bocciare anche la possibilità di un Certificato europeo di filiazione”.

“Questi due aspetti denunciano chiaramente la volontà discriminatoria verso le famiglie omogenitoriali. Si parte e si prende spunto dalla procreazione per colpire i diritti di coppie di adulti, già presi di mira da diverse discriminazioni, e così anche si colpiscono in particolari bambini innocenti che crescono con una famiglia che vuole bene a loro. Tanti Paesi dell’Europa hanno già approvato leggi sul matrimonio egualitario, riconoscendo pari diritti alle coppie omogenitoriali, compreso quello dell’adozione legittimante, cioè di un figlio non biologico. Per questi motivi la Cgil sostiene le battaglie che le Associazioni LGBTQ+ e le famiglie Arcobaleno metteranno in campo a difesa dei loro diritti, come sosterrà le Amministrazioni Comunali che con coraggio vorranno promuovere atti che si muovano nella direzione della tutela delle persone e dei loro diritti, perché la rappresentazione edulcorata che questo Governo vuole promuovere nella sfera pubblica e politica non trova corrispondenza nella realtà. Ci pare opportuno e non più rimandabile il fatto che il Parlamento ora legiferi in materia, per dare alle figlie e ai figli nati in qualsiasi tipo di famiglia pari diritti”.

“Allo stesso modo – conclude Carrà – siamo molto interessati agli interventi a cura di Enti Locali e Associazioni del privato sociale del territorio a contrasto di azioni discriminatorie e violenza di genere che si attiveranno nel piacentino con fondi stanziati dalla Regione Emilia Romagna con l’intento di promuovere le pari opportunità insieme al contrasto della violenza di genere. Sappiamo bene come il contrasto alla violenza di genere richiede un cambiamento di tipo culturale che deve coinvolgere tutta la società, e la Camera del Lavoro territoriale di Piacenza è pronta per quello che compete, a fare la propria parte a partire dai luoghi di lavoro come negli ambiti sociali e di comunità del nostro territorio sia contro la violenza di genere, come di qualsiasi tipo di discriminazione, in quanto atti lontani dalla storia della Cgil e del movimento dei lavoratori, inclusivo di per sé”.

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