Libreria Fahrenheit in festa, per i 25 anni di attività. Ospite Paolo Nori

Mercoledì 24 maggio, in occasione dei festeggiamenti dei 25 anni della Fahrenheit 451, sarà ospite Paolo Nori e il suo monologo dedicato al suo nuovo libro “Vi avverto che vivo per l’ultima volta. Noi e Anna Achmatova”, edito da Mondadori.

“E noi, che cosa stiamo diventando? E io, cosa sono diventato?”  si chiede Paolo Nori. E la risposta viene da una lontananza che in verità brucia distanze e porta con sé, come fosse turbine di visioni, di fatti,  di sentimenti, e naturalmente di poesia, la vita di Anna Achmatova. «Vogliamo raccontare» dice Nori «la storia di Anna Achmatova, una poetessa russa nata nei pressi di Odessa nel 1889 e morta a Mosca nel  1966. Anche se Anna Achmatova voleva essere chiamata poeta, non poetessa, e non si chiamava, in realtà, Achmatova, si chiamava Gorenko; quando suo padre, un ufficiale della Marina russa, seppe che la figlia scriveva delle poesie, le disse “Non mischiare il nostro cognome con queste faccende disonorevoli”. Allora lei, invece di smettere di scrivere versi, pensò bene di cambiar cognome. E prese il cognome di una sua antenata da parte di madre, una principessa tartara: Achmatova».  Anna era una donna forte, una donna che, «con la sola inclinazione del capo – come ebbe a dire Iosif Brodskij, suo amico e futuro premio Nobel – ti trasformava in homo sapiens».

“Suora e prostituta” per i critici sovietici, esclusa dall’Unione degli scrittori, privata degli affetti più cari, diventata, durante la Seconda guerra mondiale, la voce più popolare della Russia sotto l’assedio nazista, indi rimessa al bando, sorvegliata, senza mezzi. Ha profuso ostinazione e fermezza. Ha patito come patiscono le anime che, anche quando cedono, non cedono. Non ha smesso di scrivere, anche quando la sua poesia si poteva soltanto passare di bocca in bocca. Ha saputo, alla fine della sua vita, essere quel che voleva diventare: la più grande poetessa, anzi, il più grande poeta russo dei suoi tempi. Dopo essere entrato in quella di Dostoevskij, Nori entra in un’altra vita incredibile , ma questa volta ci rendiamo conto che, nell’avvicinare Anna a noi come siamo diventati, e noi alla Russia come è diventata, ci troviamo di fronte a un’urgenza crudele, a una figura che ci guarda, ci riguarda, e ci tocca più forte dove siamo ancora umane creature.

Paolo Nori, 1963, Parma. Scrittore e traduttore italiano. Ha lavorato come ragioniere in Algeria, Iraq e Francia. Laureato in letteratura russa, ha lavorato in Francia per tre anni per un’impresa edile, e poi come traduttore dal russo e dal francese. Ha pubblicato nel febbraio del 1999 per Fernandel (Ravenna) Le cose non sono le cose e, nel maggio del 1999, per Derive Approdi (Roma) Bassotuba non c’è, ristampato nel marzo del 2000 da Einaudi Stile Libero. Collabora con Il con Il Caffè letterario, bimestrale di letteratura ed immagini. Del 2008 sono Mi compro una gilera e Baltica 9. Ha tradotto e curato l’antologia degli  scritti di Daniil Charms Disastri (Einaudi), l’edizione dei classici di Feltrinelli di Un eroe dei nostri tempi di Lermontov e delle Umili prose di Puškin. Per UTET pubblica nel 2019 I russi sono matti. Corso elementare di letteratura russa 1820 – 1921, mentre per Salani pubblica nel 2018 La grande Russia portatile e nel 2020 Che dispiacere, il suo primo giallo.