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Aumentano i “nuovi” piacentini: in tre mesi 500 pratiche per la cittadinanza italiana

Ottenere la cittadinanza italiana, com’è noto, ha tempi lunghi, soprattutto per i giovani si tratta di un’attesa snervante; al compimento del diciottesimo anno di età c’è ancora una fase burocratica molto complessa che può durare anche due anni, prima di arrivare al giuramento in Comune. A Piacenza questo periodo dura circa quattro mesi, prima di potersi iscrivere all’anagrafe e ottenere il rilascio della carta d’identità, entrando così a far parte della comunità dove vivono e lavorano magari già da diverso tempo.

Ora che i nuovi cittadini aumentano parecchio anche l’amministrazione non deve farsi trovare impreparata, altrimenti il rischio è che decorsi inutilmente i sei mesi si debba ricominciare da capo. Bisogna dire che il nostro Comune sta cercando di irrobustire la macchina amministrativa per contenere al minimo l’attesa. Negli ultimi tre mesi gli uffici comunali si sono trovati a trattare circa 500 pratiche di cittadinanza. Sono spesso storie di famiglie che si riuniscono in cerca di stabilità, di giovani magari laureati in Italia, che sono in regola con la conoscenza della lingua, che vivono momenti di grande emozione quando ricevono in dono la Costituzione; tutto questo sollecita in loro maggiore responsabilità per la nuova cittadinanza, nel confronto con situazioni di disagio patite in precedenza e quindi sono sicuramente più affidabili di certi italiani di nascita che però manifestano indifferenza al significato dell’appartenenza alla comunità.

E’ altresì noto che la presenza degli immigrati è sempre più decisiva per la vitalità economica e sociale della nostra città, che l’espressione della cittadinanza accresce e che quindi si dovrebbe facilitare, mentre la politica non riesce a togliersi dall’impasse che lega il pregiudizio al consenso. Nell’altalena dei dati si nota che il saldo nati e deceduti è passivo, il numero dei residenti di nazionalità straniera è in calo, mentre è in crescita il numero dei residenti complessivi. Sembra trattarsi di nuovi italiani, ma di essi una consistente parte sono stranieri che hanno ricevuto la cittadinanza italiana, che non fanno più parte del quoziente migratorio, ma vanno ad incrementare la popolazione italiana a tutti gli effetti e che quindi cambiano il nostro immaginario collettivo. Gli italiani dunque sono effettivamente diminuiti, ma sono compensati dai “nuovi” italiani naturalizzati, che a Piacenza negli ultimi sette anni ammontano a oltre seimila e qualche altro migliaio era diventato piacentino negli anni precedenti.

Dunque, la popolazione della nostra città sarebbe abbondantemente sotto ai centomila abitanti, con tutti i rischi del caso sul piano istituzionale, con perdite in risorse finanziarie, posti di lavoro, strutture abitative, e questo vale non solo per il comune capoluogo, ma anche per diversi comuni della provincia. Possiamo smettere definitivamente la retorica dell’assedio, anche se l’immigrazione rimane un problema fluido che non possiamo considerare concluso e dobbiamo superare anche la questione dell’integrazione in senso stretto, perché risulta sempre più difficile integrare piacentini giovani, lavoratori, che hanno procreato nella nostra realtà locale una seconda ed anche una terza generazione, in continua espansione, con piacentini anziani, pensionati, in progressiva consunzione. Qui si tratta di riprogettare la convivenza sociale, a partire dal territorio, avendo già un buon esempio fornito dalle scuole, soprattutto quelle di base, che si dedicano sempre di più alla costruzione di nuove comunità interculturali e interlinguistiche.

Alla nostra amministrazione si vorrebbe raccomandare un maggiore coinvolgimento dei nuovi piacentini, non tanto e non solo per problemi di rappresentanza, ma coltivando quello che a livello sociale si va sviluppando in termini di aggregazione e di modalità integrate per affrontare i problemi sociali, ambientali, legati al dialogo tra le culture, le religioni, che hanno preso un consistente piede sul nostro territorio e che ancora viene delegato in troppi casi al volontariato ed all’associazionismo in diversi settori. E’ interessante l’iniziativa che l’amministrazione comunale ha adottato per riprendere la partecipazione nei quartieri, al fine di riannodare le fila di una progettazione integrata per la città, essa troverà una società cambiata rispetto al passato, fatta di nuovi piacentini soprattutto giovani. Far crescere la comunità dal basso è il modo migliore per misurare la temperatura di un’effettiva volontà di stare insieme e di cooperare: lo scambio reciproco di esperienze e culture è un arricchimento per tutti.

Gian Carlo Sacchi

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