“Sui problemi dei migranti troppa indifferenza, l’altro non è solo un potenziale pericolo”

“Abbiamo urgente bisogno di uscire dalla mentalità secondo cui l’altro è solo un potenziale pericolo“. Il grido d’allarme arriva dall’assessora al welfare del Comune di Piacenza Nicoletta Corvi, che ha chiuso l’incontro, promosso dall’associazione Arcangelo Dimaggio, dedicato a un approfondimento sulla questione dell’immigrazione in Italia. Non è mancata una dura constatazione su Piacenza: “Siamo una città ma non siamo una comunità – ammonisce – nei confronti degli stranieri, anche se minori non accompagnati, l’approccio immediato di parte della popolazione è quello che rimanda al senso di insicurezza e di espulsione del corpo estraneo. Non c’è senso di accoglienza e di comprensione, dobbiamo riappropriarci del senso delle relazioni”. Corvi, inoltre, ha messo in luce il grave problema nell’accesso alle abitazioni, già all’attenzione di Comune e Prefettura. “A Piacenza ci sono agenzie immobiliari che non affittano case a persone con cognome straniero, a ‘coppie miste’ e a studenti, che vengono rifiutati perché ‘fanno baldoria’”.

immigrazione arcangelo dimaggio

Nel pomeriggio di venerdì 5 maggio, nel cortile esterno della cooperativa “La Magnana” – gremito per l’occasione – l’associazione Arcangelo Dimaggio ha voluto mettere in luce l’incongruenza dell’opinione pubblica e della legislazione italiana nel considerare l’immigrazione come un problema per la sicurezza pubblica, mettendo in secondo piano il background dei migranti, le cause che li hanno spinti a lasciare il proprio Paese e le difficoltà che incontrano nell’iter di regolarizzazione sul territorio italiano. “Nel nostro piccolo – ha detto la presidente Piera Reboli – vogliamo far sentire la nostra voce in risposta alla tendenza dilagante a valutare l’immigrazione solo come un’emergenza e un problema legato alla sicurezza. È una mistificazione continua, non viene mai preso in considerazione il giusto ‘desiderio’ di persone che si muovono da Stati flagellati da grandi difficoltà”. Dal tavolo, moderato dal giornalista Giorgio Lambri, sono arrivate le testimonianze e i chiarimenti di Michela Cucchetti, avvocata esperta in diritto dell’immigrazione, Manuel Sartori, funzionario dell’Ispettorato del lavoro di Piacenza e Domenico Quirico, giornalista de La Stampa.

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“Al centro delle normative – osserva Michela Cucchetti – non c’è mai stata la persona umana, ma solo la sicurezza pubblica”. Questa è una “scelta dello Stato italiano”, le fa eco Manuel Sartori, dimostrata dal fatto che “la competenza in materia migratoria è delegata a enti di controllo, questure e prefetture”. Cucchetti si è scagliata contro il decreto legge 20 del 2023, meglio noto come “decreto Cutro”, approvato dalla Camera lo scorso 4 maggio. Secondo l’avvocato il decreto “non difende affatto le persone, come viene sbandierato dal governo”. “La protezione speciale – dice – (drasticamente ridotta dalla recente legge, ndr), ha permesso agli immigrati di beneficiare di un lungo percorso di integrazione, durante cui hanno potuto frequentare corsi di italiano, lavorare, sostenere la famiglia e, in certi casi, acquistare una casa. Se tutto questo viene a mancare, quello che è stato costruito sparisce nel nulla”. Cucchetti ha ricordato le lunghe code di richiedenti asilo pakistani formatesi all’ingresso della questura di Piacenza fino allo scorso anno e l’indifferenza dell’opinione pubblica: “La questura non li faceva entrare, perciò loro sostavano sul marciapiede antistante per ore. È preoccupante come molti piacentini, ignorando la misera condizione di quelle persone, reduci dall’estenuante rotta balcanica, fossero piuttosto preoccupati per il presunto pericolo che avrebbero corso transitando su quel marciapiede”.

“Invece di indirizzarsi verso una programmazione che tiene in considerazione il bisogno della persona – riflette Manuel Sartori – in Italia si tende a restringere sia gli ingressi che la possibilità di una piena regolarizzazione di cittadini non comunitari. Gli studenti non comunitari, che ottengono regolari permessi di soggiorno per studiare, incontrano poi difficoltà incredibili per regolarizzare la propria posizione ed entrare nel mondo del lavoro. Rischiamo – avverte – di perdere le professionalità di cittadini non comunitari che hanno conseguito qui la laurea e avrebbero uno sbocco facile in una delle nostre aziende”.

“I migranti non sono un problema per nessuno”, fa notare Domenico Quirico. “Ho cominciato a occuparmi dei migranti migrando con loro”. A marzo 2011, prima del rapimento in Libia, Quirico decise di intraprendere la traversata dalla Tunisia all’Italia a bordo di un barcone, immedesimandosi pienamente nella condizione del migrante. “Pagai mille euro a uno scafista che poi, come sempre accade, non salì a bordo. L’imbarcazione naufragò e ci salvammo grazie all’arrivo dei soccorsi”. “I migranti, così come i poveri – dice -, sono indispensabili al capitalismo liberista. Il povero tiene basso il costo del lavoro, e il migrante è la proiezione globalizzata di questo principio: è utile alla politica sia dei razzisti che dei sedicenti antirazzisti. Il migrante rende economicamente, quindi ci deve essere, non deve sparire”. Il giornalista è convinto che oggi “scrivere dei migranti è diventato illegittimo: solo i migranti hanno diritto, se e quando vorranno, di scrivere di sé stessi”.

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