“Basta parlare di emergenza migranti, servono canali sicuri per garantire il diritto d’asilo”

Cancellare dal dizionario le parole “emergenza” e “invasione”, che non fanno altro che aumentare le fratture tra noi e chi arriva. A dirlo è Federico Lera, avvocato esperto in diritto penale e dell’immigrazione e attivista nel coordinamento migranti e rifugiati della sezione italiana di Amnesty international. È intervenuto in un incontro alla Biblioteca Passerini Landi dedicato al tema dei diritti dei migranti e degli ostacoli all’accoglienza. Con lui l’avvocata piacentina Michela Cucchetti, esperta in diritto dell’immigrazione.

“Nel 2011 si parlava di emergenza immigrazione – ha detto Federico Lera – una parola che ho visto applicata nel tempo e che ha determinato cambiamenti di rotta repentini che hanno deviato i concetti principali su cui ci dovremmo basare. L’emergenza pone dei limiti alla progettazione, crea una situazione di disagio a una popolazione che deve trovare il tempo di comprendere e accogliere l’idea di immigrazione, che non possiamo sottovalutare. Le migrazioni sono fenomeni sempre esistiti: associarle a un’emergenza nel 2023 non è più accettabile. Nei cambiamenti legislativi non sono considerate le ragioni della partenza: non ci si chiede perché, ad esempio, la rotta balcanica è trascurata anche dai migranti e quindi molti siriani sono passati dalla Sicilia via mare. Queste persone hanno deciso di allungare un percorso rendendolo più pericoloso perché ci sono fenomeni che non conosciamo. Ignorare la causa vuol dire ignorare le soluzioni. Mettere muri in Turchia non è servito a bloccare la rotta balcanica, erigere muri nel Mar Mediterraneo non servirà a bloccare gli sbarchi. Bisogna agire preventivamente e trovare canali sicuri perché alle persone sia garantito il diritto d’asilo quando si creano le condizioni perché debbano essere assistiti”.

L’Italia – ha proseguito – è la porta di contatto con l’altro continente, ma non sempre è l’arrivo: molti passano di qui per andare in Francia o in Germania o altrove. Quando si parla di migrazioni si parla sempre di numeri, percentuali. Abbiamo perso la capacità di identificare qualcuno e qualcosa dietro questi numeri. Vorrei pensare a quello che vedo io quando lavoro, non ai numeri. L’ultima legge ha eliminato la possibilità per i centri di accoglienza straordinari (cas) di garantire l’assistenza legale, psicologica e linguistica, precludendo quindi la ricerca del lavoro”. L’avvocato ha poi sottolineato ancora una volta come la legislazione si disinteressi del percorso umano dei migranti. “Se ho di fronte un ragazzo del Bangladesh – ha esemplificato – facendo il mio lavoro posso capire che strada ha fatto. Non penso esista una soluzione perché è un fenomeno che cambia continuamente. ‘Emergenza’ è una parola che dobbiamo cancellare. Facciamo rete e parliamo con le persone spiegando le cose come stanno. Parlare di invasione ed emergenza non fa altro che aumentare le fratture fra noi e loro. I flussi ci sono e ci saranno, è inevitabile. Se non è più emergenza, bisogna regolarli.

Amnesty diritto d'asilo

Michela Cucchetti si è concentrata sulla situazione piacentina, oggetto della sua attenzione professionale. “Il rapporto con la questura di Piacenza per le richieste di asilo – ha detto – era tranquillo, poi all’improvviso è scoppiato il caso. Ricordiamo tutti le lunghe code sul marciapiede antistante la questura del maggio 2022: diciassette persone volevano accedere alla questura per richiedere asilo politico. Vedendo la situazione, tutte le associazioni di volontariato del territorio si mobilitarono e il giorno dopo sul marciapiede non c’era più nessuno. Erano stati fatti entrare in questura, che però li aveva espulsi tutti. È stata fatta loro un’intervista con un interprete prima dell’espulsione. Dopo, mi sono trovata in ufficio 17 persone che chiedevano di presentare ricorso e ho scoperto che tra loro c’era un cittadino afghano (gli afghani hanno il diritto di farsi riconoscere come rifugiati dallo Stato italiano, ndr). Fui minacciata di querela per truffa ai danni dello Stato per aver aiutato queste 17 persone a farsi riconoscere sul territorio dello Stato. Il viceprefetto ha respinto tutti i miei ricorsi e io, non essendo cassazionista, non ho potuto andare avanti”.

La storia poi è proseguita. “Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro in prefettura – ha ricostruito Cucchetti – è intervenuto il Comune e si è parlato dell’accaduto e di una possibile violazione del diritto d’asilo. È emerso che queste persone erano state sottoposte a un’intervista in assenza di un legale, spesso con interpreti che non parlavano la loro lingua, in una situazione non agevole per raccontare la propria storia, le proprie vulnerabilità, le ingiustizie e le violenze subìte. Consideriamo che queste persone vengono da Stati in cui la polizia commette crimini feroci, è normale che siano restii a fidarsi delle forze dell’ordine”. Ma non è finita qui. “Insieme alle associazioni del territorio abbiamo scoperto che alcune di quelle persone avevano bisogno di cure mediche e di tutele di vario tipo. Le espulsioni di massa non si limitarono a quell’episodio, ce ne furono altre a settembre: la maggior parte dei richiedenti asilo respinti era composta da pakistani e afghani“.

Al termine, tutti gli enti coinvolti nell’organizzazione dell’incontro hanno preso la parola. Per il Comune di Piacenza presente l’assessore Nicoletta Corvi, che ha sottolineato il problema di preoccuparsi dei numeri e non delle persone e delle loro storie, sollevato da Federico Lera. “Come amministrazione comunale – ha riferito Corvi – noi siamo chiamati a sostenere ciò che ci interpella; ma, se non c’è un’immagine più ampia dell’orientamento da prendere, si fa fatica. Il Comune cerca di far fronte alla situazione restituendo dignità a chi ci troviamo a incontrare. E stiamo cercando di facilitare gli incontri, la messa in rete di coloro che sono interessati a questo tipo di tematiche, a lavorare per le persone. Non abbiamo risposte certe, ma di sicuro l’impegno che ci stiamo mettendo è tanto”.

Nicoletta Corvi Amnesty

A prendere la parola anche i rappresentanti di Asp Città di Piacenza, Cooperativa sociale “Le Nuvole” presso Don Orione di Borgonovo, Associazione Arcangelo Dimaggio, Il Grande Colibrì, Protezione della giovane, Unicef comitato di Piacenza, Caritas diocesana di Piacenza-Bobbio. Lidia Pastorini (Unicef) ha ricordato che il ruolo della onlus a livello locale è inquadrare la realtà piccola in una dimensione mondiale, e poi ha rivelato i numeri del fenomeno migratorio dei minori non accompagnati. “Al 31 dicembre 2022 nel mondo i minori non accompagnati in fuga sono 43,3 milioni. I bambini rifugiati o richiedenti asilo sono 17,5 milioni. Minori sfollati per varie ragioni (emergenza climatica, guerre, povertà estrema), anche all’interno del proprio Paese, sono 25,8 milioni.

A livello nazionale, secondo il rapporto Unicef – ha detto Pastorini – nel 2022 i minori non accompagnati (nella fascia 7-18 anni) sono stati 105.129: il 64% sono arrivati dal Mediterraneo, soprattutto a Lampedusa o in Calabria o in Puglia. La stragrande maggioranza dei minori non accompagnati (85,1%) hanno un’età compresa fra i 7 e i 14 anni; una minima parte (14%) tra i 15 e i 17 anni. A questi si aggiungono 13.500 rifugiati e migranti non accompagnati che percorrono a piedi la rotta balcanica e 175mila in fuga dall’Ucraina. Rispetto al 2021 i minori non accompagnati sono cresciuti del 64%. Rispetto al 2020 (anno molto condizionato dalla pandemia, ndr) sono saliti del 184%. Più ci sono i migranti invisibili, fuggiti da centri accoglienza: tra il 2013 e il 2022 6mila minori non sono più rintracciabili. L’eccessivo decentramento dell’accoglienza, come è in Italia, determina delle disparità: la situazione è più facilitata o più complessa a seconda dei casi, Piacenza è considerata una delle città migliori in questo senso”.

Amnesty diritto d'asilo

Rian, 17 anni, pakistano, è partito quando di anni ne aveva 14. Dal suo Paese ha raggiunto l’Italia dopo numerosi chilometri a piedi lungo la rotta balcanica. “Mio padre decise che dovevo lasciare il Paese – ha raccontato – il viaggio per me è stato pieno di problemi. In Iran avevo molta paura, viaggiavo su automobili con anche tredici o quattordici persone a bordo. Lì (in Iran, ndr) la vita non ha molto valore. Successivamente sono entrato in Turchia e poi in Grecia, dove per 6 mesi sono stato in galera. Uscito, sono andato in Macedonia del nord, poi in Serbia e in Bosnia Erzegovina. Da lì, non è stato difficile arrivare in Italia: sono entrato il 16 giugno 2022. Subito sono entrato in comunità e la mia vita è cambiata. Mi piace studiare, da poco ho dato l’esame di terza media”.

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