Addio a Tonino Canevari, testimone di un calcio che non c’è più

Addio a Tonino Canevari, direttore sportivo del Piacenza Calcio ai tempi di Gibì Fabbri e dell’approdo in serie B negli anni ’70. Canevari, scomparso a 94 anni, con il mondo del calcio ha vissuto una lunga storia d’amore durata 50 anni. E’ sceso in campo in tutti i ruoli possibili possibili: giocatore, allenatore, direttore sportivo e osservatore tecnico per diverse squadre, anche di altre città. La figlia Carmen sfoglia per noi l’album dei ricordi: Tonino insieme a Gibì Fabbri e Luigi Loschi, Tonino con Gianni Agnelli e poi Nils Liedholm. E poi, Canevari nella sala del consiglio comunale, mentre stringe la mano al sindaco Felice Trabacchi, in occasione della promozione del Piace in serie B nella stagione 1974/1975. Una bella storia che sembra non avere fine. Ma a metà degli anni Ottanta, qualcosa si rompe. Se non è la passione a venire meno, sono i rapporti a cambiare. Tonino era rimasto lo stesso, era il calcio ad essere diverso.

“La sua è stata una vita nel calcio e per il calcio – racconta Carmen – e in parte è stata così anche la mia. Sono nata il 22 luglio e la sera prima papà aveva portato la mamma a vedere una partita, avrei potuto quasi nascere sul campo! Lo stesso per le vacanze: è d’estate che si fanno i contratti e io con lui ho girato tante città, vedendo sempre i campi da calcio. Poi questo mondo è cambiato, è cambiato il gioco e la  professione di mio padre, con l’arrivo dei procuratori per i giocatori. Papà così ha deciso di smettere. Ho ritrovato un suo scritto in cui parla di come, una volta, una stretta di mano potesse valere più di un contratto scritto”.

Di Tonino resta il ricordo di una passione pura, il rigore e il forte senso di onestà, così come il suo essere gioviale e un altro grande amore, quello per il canto, così come il piacere semplice di stare insieme agli amici. Da ragazzo, giovanissimo, era scappato sui monti per seguire il fratello più grande Giacomo, che era partigiano. “Mio padre aveva appena 15 anni e non appena ha capito che rischiava di essere arrestato, per convincere Giacomo ad arrendersi ha deciso di raggiungerlo. Aveva solo 15 anni e ha partecipato alla Liberazione della Città di Genova, venendo poi premiato, anni dopo, per il suo impegno durante la Resistenza” ricorda la figlia.

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