Dall’Aids alle disabilità, la ‘Pellegrina’ ne spegne 30 “La paura emargina e non fa ragionare”
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![La Pellegrina foto storica](https://www.piacenzasera.it/photogallery_new/images/2023/06/la-pellegrina-foto-storica-212464.660x368.jpg)
Spegne trenta candeline la Casa di accoglienza “Don Giuseppe Venturini”. Un luogo che i piacentini meglio conoscono come la “Pellegrina”, nata il 29 maggio 1993 per volontà della diocesi di Piacenza-Bobbio per accogliere i malati di Aids. All’epoca, per realizzare il progetto, si attivò una rete di collaboratori: dagli obiettori di coscienza agli operatori della Caritas, dall’Associazione La Ricerca (che oggi annovera la Casa Don Venturini fra i propri servizi) ai medici del reparto malattie infettive dell’ospedale di Piacenza. I primi gestori furono la “figlia di Sant’Anna” suor Paolina Voltini e Daniela Scrollavezza, una delle prime a credere in don Giorgio Bosini nell’immensa idea dell’Associazione La Ricerca, di cui è stata presidente.
LA PAURA NON LASCIA SPAZIO ALLA RAGIONE – All’epoca la disinformazione dilagava. Sei anni prima della nascita della Casa Don Venturini, i tabloid inglesi pubblicavano increduli le foto di Lady Diana mentre stringeva la mano, senza guanto, a infermieri, medici e pazienti affetti da Aids al Middlesex Hospital di Londra, nel giorno dell’inaugurazione del reparto dedicato alla malattia che in quel periodo storico mieteva vittime su vittime. La “Pellegrina”, in quel contesto, fu un’opera di immenso valore cristiano, oltre la “paura” che, come disse don Giorgio Bosini, “non faceva ragionare, bensì condannava, emarginava o eludeva il problema”. La paura, si sa, obnubila il cervello, non lascia spazio ai pensieri e all’informazione, della cui mancanza spesso si nutre. Le parole illuminate di don Bosini sono sempreverdi e sempiterne.
L’INAUGURAZIONE – Piacenza seppe rispondere nel modo migliore a quell’impresa: quel 29 maggio 1993 in tanti parteciparono all’inaugurazione della struttura che si prefiggeva di scacciare da quelle persone lo stigma di emarginati e reinserirle in un contesto sociale. Ma all’epoca di Aids si moriva, e la Casa Don Venturini diventava un luogo per morire con più dignità. Non c’era rimedio. In trent’anni la “Pellegrina” ha seguito i tempi del progresso scientifico, che non si è fatto attendere: prima sono arrivate le terapie antiretrovirali, utili per stabilizzare il male e garantire una qualità della vita accettabile; poi, le cure si sono fatte sempre più efficaci. Oggi è raro morire di Aids, ma l’attività della Casa Don Venturini non si esaurisce. “Oggi – spiega la direttrice Francesca Sali – continuiamo ad accogliere persone con Hiv e Aids ma in un’ottica di multifragilità: sono persone affette da questa malattia che hanno alle spalle storie di disagio psichico o familiare, fragilità legate ad altre patologie, che chiedono di entrare in questo contesto per essere prese in carico al 100%, da un punto di vista non solo sanitario ma familiare. Necessitano di un luogo che le faccia sentire a casa”.
LA “PELLEGRINA” OGGI – Alla “Pellegrina” si vive normalmente. Non è un ghetto, come sottolinea Francesca Sali e come confermano i residenti nella struttura, ma una “grande famiglia” in cui ci si aiuta vicendevolmente a superare le difficoltà, si discute, si scherza, si gioca, ci si diverte. “È un luogo della città di Piacenza”, dice Francesca Sali, perché è aperto al territorio, nello sforzo di creare una rete di solidarietà per permettere agli ospiti di vivere rapporti sociali e affettivi, di sentirsi parte del tessuto sociale cittadino. Anche i bambini fanno visita alla struttura, giocando e chiacchierando con gli ospiti. O, meglio, con i “padroni di casa”, perché è intorno a loro che gira tutto. Ogni decisione viene presa in modo collegiale, ascoltando il parere di tutti. Ogni modifica viene studiata in base alle esigenze del singolo.
NUMEROSE VISITE NEGLI ANNI – Nel corso degli anni tutti i vescovi della diocesi si sono recati in visita alla Casa Don Venturini. Da Antonio Mazza, che la vide nascere, a Luciano Monari a Gianni Ambrosio fino a Adriano Cevolotto (nelle foto sotto).
Foto
3 di 4Si ringrazia Tiziana Pisati per le foto storiche della Casa Don Venturini
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