Dal Quirinale agli arazzi “segreti” di Raffaello. Tiziana Benzi “Il restauro è una forma d’arte”

Restauratrice di arazzi e tessuti antichi, la piacentina Tiziana Benzi si specializza nel 1997 presso il CE.SV.I.P., ente di formazione piacentino che organizzò il corso in gemellaggio con l’Opificio delle Pietre Dure a Firenze le a regione Emilia Romagna. Il superamento di un concorso pubblico, indetto dal Palazzo del Quirinale a Roma le apre le porte per una carriera brillante e piena di Bellezza, oramai ventennale. Dal Quirinale all’Accademia di Francia, dal Vittoriale degli Italiani a Palazzo Ducale, fino a Palazzo Pitti, il Collegio Alberoni e all’estero, Benzi usa professionalità e competenze acquisite per coordinare cantieri prestigiosi, gestendo sia lo studio del progetto dell’intero iter di restauro sia la parte di documentazione tecnica, conservazione preventiva, monitoraggio ed allestimento. L’abbiamo intervistata per vivere insieme un viaggio alla scoperta di un mestiere appassionante e difficile, tra sfide, opportunità e cambiamenti che il presente chiede di cogliere.

Restauratrice di arazzi e tessuti, un mestiere affascinante e difficile. Immagino fondamentale la ricerca di un equilibro tra conoscenza, rispetto dell’opera d’arte e tecniche di restauro impiegate. Lei come si muove in merito? ll mestiere di restauratore di arazzi e tessuti antichi è indubbiamente affascinante e richiede un’ampia conoscenza delle tecniche di restauro, dei materiali utilizzati, della storia dell’opera d’arte e delle pratiche tradizionali. Sono in questo settore dal 1998 e solo ora posso esprimermi con maturità e consapevolezza. Oggi c’è una presa di coscienza di questo ramo artistico, che negli anni ’90 era visto con diffidenza e superficialità, tanto da non essere ben inquadrato in ambito lavorativo. Cerco di intervenire solo quando è necessario, tentando di mantenere intatte le caratteristiche originali dell’arazzo o del tessuto. Questo richiede grande rispetto per l’opera d’arte e la cultura che essa rappresenta. Ogni opera da me intrapresa è documentata in modo capillare. Ricordo ancora le parole di un funzionario del Quirinale che si espresse così nei miei confronti: “Con la sua relazione così ben dettagliata, anch’io riuscirei ad intraprendere un restauro”. La tracciabilità del lavoro svolto, può essere infatti di grande aiuto per futuri restauri o ricerche. Questo settore richiede pazienza, attenzione ai dettagli e dedizione per portare avanti il processo di recupero e conservazione delle opere d’arte, tutte doti che non mi mancano. Attualmente sto cercando di percorrere un binario innovativo nella speranza di essere lungimirante per le future generazioni, un approccio di cui non parlo ancora perché verrà presentato in seguito. Mi auguro possa essere un metodo utile e apprezzato.

In passato il restauratore era artigiano, oggi la tecnologia aiuta, velocizza, semplifica. Come è cambiato il mestiere nel tempo? Cosa resta dell’antica cura del dettaglio? Il mestiere del restauratore è sicuramente cambiato, soprattutto con l’avanzare della tecnologia. In passato era prevalentemente un lavoro artigianale, che richiedeva conoscenza approfondita delle tecniche tradizionali e grande cura del dettaglio; oggi ci sono nuovi strumenti e metodi che aiutano e migliorarono il processo di restauro. Ecco alcuni dei principali impatti della tecnologia sul mio mestiere:

– Strumenti diagnostici: oggi abbiamo accesso a strumenti diagnostici avanzati, come microscopi digitali, fotografia multispettrale e analisi chimiche non invasive. Questi strumenti consentono di esaminare dettagli nascosti dell’opera e ottenere informazioni preziose sulle sue caratteristiche e condizioni, senza danneggiare il tessuto.

– Digitalizzazione e documentazione: la digitalizzazione permette di creare archivi fotografici e documenti digitali dettagliati, semplificando il monitoraggio dei cambiamenti dell’opera nel tempo e facilitando la ricerca futura.

– Restauro virtuale e simulazioni: alcuni restauratori utilizzano software di restauro virtuale che consentono di simulare gli interventi proposti senza toccare fisicamente l’opera. Una prospettiva preziosa per valutare l’impatto potenziale delle decisioni di restauro prima di intraprenderle effettivamente.

– Nuovi materiali e tecniche per i metodi di pulizia a bassa pressione possono ridurre il rischio di danneggiare i tessuti delicati.

Nonostante l’evoluzione tecnologica, la cura del dettaglio e il rispetto dell’opera d’arte rimangono fondamentali. La tecnologia semplifica alcune fasi del processo, ma le competenze artigianali e la capacità di lavorare manualmente con grande precisione sono ancora essenziali per garantire un restauro accurato di alta qualità.

Ormai da decenni è affermata nel settore, con prestigiosi incarichi nazionali ed esteri. Dopo l’esordio piacentino, la sua grande occasione arriva con il superamento di un concorso pubblico, indetto dal Palazzo del Quirinale a Roma: al Quirinale ha poi lavorato. Che opportunità è stata dal punto di vista umano e professionale? Forse è la prima volta che rendo pubblico questo pensiero: ricordo l’arrivo di quei telegrammi in lingua latina, che di volta in volta con brevi frasi indicavano il superamento delle prove. Mi deve credere quando le dico che per me è stata un’esperienza davvero emozionante e gratificante. Al Quirinale devo tutto. Lavorare in un tale contesto, con un’équipe interna e la possibilità di portare a termine importanti cantieri, ha arricchito la mia esperienza professionale. Essere parte di un progetto di così grande rilevanza storica e culturale mi ha dato l’opportunità di lasciare un segno significativo nella conservazione del patrimonio artistico e storico dell’Italia. Dal punto di vista umano mi ha dato l’occasione di interagire con importanti figure istituzionali e artistiche, creando  scambi significativi di cui conservo il ricordo. Un importante riconoscimento delle mie competenze e abilità, che mi ha offerto visibilità aprendomi la strada a futuri incarichi nazionali ed esteri.

Spostandosi per lavoro in Italia e all’estero, periodicamente è sempre tornata a Piacenza. È vero che ha portato in città e curato segretamente preziosi arazzi di Raffaello provenienti da Mantova? Si è trattato di un lavoro di squadra nel suo laboratorio? Ricordo che stavo terminando un cantiere al Quirinale. Mi era arrivato un avviso di interesse per partecipare ad una gara d’appalto su una delle collezioni da arazzi più belle al mondo, vicinissima al mio territorio. Realizzato un progetto ambizioso, il Rup (Responsabile unico del procedimento), insieme alla commissione, giudicarono idonea la proposta. Il Quirinale è stato il mio trampolino di lancio, Palazzo Ducale a Mantova è stata una conferma: stavolta avevo potere decisionale diretto sui lavori. Ho seguito un cantiere di grandi dimensioni, con la necessità di una pianificazione accurata e del rispetto rigoroso delle tempistiche, ma  il mio compito è stato soprattutto quello di monitorare una gestione efficiente ed un coordinamento attento di tutte le attività coinvolte: restauratori, funzionari, storici dell’arte e ricerca scientifica.

La difficoltà più grande è stata l’imprevisto del Covid. A fronte delle restrizioni di spostamento, l’ente predisposto alla tutela ha permesso la lavorazione dei sette arazzi di grandissime dimensioni (circa dai 60 ai 70 mq) a Piacenza. Il transito di questi grandi panni istoriati è stato eseguito in modo silente per l’importanza della tutela del patrimonio assicurato, circa 1 milione di euro per pezzo per un totale di 70 milioni. Pochi eletti hanno avuto l’onore di visionare le opere in lavorazione: ricordo con piacere Corrado Sforza Fogliani, rimasto stupito della mia realtà lavorativa. Un riconoscimento va al mio gruppo. Da quando ho avuto l’onore di formare studenti, ho sempre ribadito come fosse importante lavorare in squadra. In questo caso ho puntato su giovani che hanno transitato nel mio laboratorio come stagisti o tecnici del restauro: avevano già familiarità con il mio pensiero tecnico/conservativo e si sono adattati rapidamente alla particolarità della situazione, integrando il proprio bagaglio di conoscenze e competenze.

Come cerca di trasmettere a giovani restauratori e pubblico fruitore dell’opera passione e competenze indispensabili nella sua professione? Trasmettere passione e competenze indispensabili nella mia professione ai giovani restauratori e al pubblico fruitore dell’opera è fondamentale per ispirare e coinvolgere coloro che desiderano intraprendere un percorso nel campo del restauro tessile. Durante i percorsi formativi cerco di far comprendere le aspettative e le responsabilità legate al mestiere, attraverso un approccio autentico e completo. Predispongo gli allievi all’elaborazione e alla gestione economica del progetto, aiutandoli a sviluppare una visione globale del ruolo del restauratore tessile e delle diverse sfaccettature del lavoro. Centrale è anche stimolare la creatività: spingere a considerare il restauro una forma d’arte oltre che una scienza, magari attuando corsi di tessitura botanica o di tintura naturale dei filati. Porto avanti questi corsi da circa due anni, da quando ho fatto rientro a Piacenza: sono una  “ricarica” per mente e spirito.

L’anno scorso è ripartita la campagna di restauro degli arazzi del Cardinale Alberoni, se non sbaglio con interventi su un arazzo di Alessandro Magno. Che tipo di lavoro ha eseguito? Il Collegio Alberoni è un contesto privilegiato per chi fa il suo mestiere? Un’opportunità per giovani professionisti? Il mio approccio mira sempre a concepire un restauro altamente reversibile che tenga conto della conservazione a lungo termine dell’opera d’arte o dell’oggetto, consentendo modifiche o interventi futuri senza compromettere l’autenticità dell’opera. Per quanto riguarda il Collegio Alberoni, ll progetto, ben preciso nella mia mente, è stato accuratamente analizzato con il funzionario predisposto alla tutela. Lo studio dell’intera collezione di arazzi, situati all’interno di un unico spazio espositivo e caratterizzati da uno stato di conservazione differente, richiede un approccio metodico ben pianificato, una progettualità finalizzata a mantenere la continuità e l’integrità dell’insieme. Il “restauro pilota”, l’intervento guida, è stato eseguito sull’arazzo “Alessandro, nella sua tenda, riceve la moglie di Spitamene, che gli porta la testa del marito”, ma il progetto di restauro complessivo è ancora in divenire. Il Collegio Alberoni è un contesto privilegiato non solo per restauratori tessili, ma anche per storici dell’arte e visitatori: l’arte di tessitori e restauratori si coglie da vicino nella ricchezza unica dei particolari che si incontrano osservando le opere.

Mi risulta che a Piacenza abbia il suo laboratorio professionale. Avrebbe voluto dare vita ad un progetto più ampio? Realisticamente oggi in Italia ci sono valide opportunità per chi vuole diventare restauratore? Negli anni Novanta Piacenza ha ospitato scuole di formazione professionale atte alla conservazione dei beni culturali con il contributo della regione Emilia-Romagna. Come professionista sono grata alla mia regione per avermi dato questa occasione permettendomi di raggiungere obbiettivi importanti nel settore Conservazione e Restauro di arazzi, tessuti e reperti in cuoio. Alcuni regioni continuano in questa direzione, non noi. La difficoltà oggi è saper rispondere ai giovani che mi chiedono consigli in merito alla formazione post diploma ad alta specializzazione. La mia idea è rilanciare nuovamente corsi di restauro in Emilia-Romagna, sposando le nuove esigenze economico-culturali, che rendono il mio settore ancor più difficile da frequentare a causa di costi elevatissimi. Perché non iniziare da Piacenza? Non solo puntando sul settore del restauro tessile, ma dando impulso ad ambiti di nicchia per il nostro Paese, come quello del restauro di strumenti tecnologici.

Sono sempre propositiva: esistono validissime opportunità per i restauratori, ma occorrono sforzi collettivi. Le istituzioni governative, i ministeri della cultura, i comuni e altre entità pubbliche hanno il compito di creare politiche, programmi e iniziative volti a preservare e promuovere il patrimonio culturale italiano. Ciò significa anche sostegno finanziario alle attività di restauro, promozione di programmi per la formazione di giovani restauratori, la conservazione di siti storici e monumenti e il sostegno a musei e istituzioni culturali. La sinergia tra  istituzioni e professionisti è la chiave per valorizzare la nostra eredità culturale: solo passione e impegno condivisi consentono di mantenere vive la bellezza e la  ricchezza dell’arte italiana nei secoli.

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