Il libro su Covati, Repetti (Anpi) “Testimone di tante vicende poco note della Resistenza piacentina”

La stagione della lotta di Liberazione è sempre più distante nel tempo e a tener viva la memoria sono soprattutto le storie di vita, le testimonianze di chi ha sfidato il fango e la bufera di quei mesi cruciali per il futuro dell’Italia. Edizioni Officine Gutenberg ha recentemente dato alle stampe “L’Arma aerea dei partigiani di Fausto” – Memorie di Resistenza e di Vita di Agostino Covati”, un libro importante perchè contiene una storia della Liberazione che non era mai stata raccontata. Romano Repetti, presidente dell’Anpi di Piacenza, ha messo nero su bianco i ricordi personali e inediti di un personaggio tanto discreto quanto influente della Resistenza piacentina, Agostino Covati, scomparso poco più di un anno fa. Torniamo a parlare del libro con questa intervista all’autore.

Covati con l’amico Renato Cravedi

Romano, come e quando nasce questo libro?
Agostino Covati era nato nell’agosto 1927; è deceduto nel giugno del 2022, a quasi 95 anni d’età. Solo quando si approssimava ai 90 anni, cioè all’inizio del 2017, ha accettato di raccontare il suo vissuto e di permettermi di registrare i suoi ricordi, a me anche perché ho come lui origini bobbiesi e condividevo la conoscenza di luoghi e di persone.

Per dare solo un primo affresco per chi non ne avesse mai sentito parlare, chi è stato Agostino Covati?
E’ stato tante cose. Un giovanissimo partigiano, che, caso unico non solo nel piacentino, a 18 anni non ancora compiuti fu nominato Commissario di Guerra di una brigata, cioè braccio il destro del comandante. Un uomo politico e amministratore pubblico, partecipe fra l’altro della fase costituente della Regione Emilia-Romagna, quale eletto, nel giugno 1970, nel primo consiglio regionale e capogruppo per gli esponenti della Dc. Ed inoltre un importante imprenditore, realizzatore e titolare, fra l’altro, di una rete di metanodotti nel Nord Italia con circa 100.000 utenti.

Covati non ha mai avuto particolare piacere a parlare di sé. Ci spiega questo lato del suo carattere?
E’ stato una persona che non amava esibirsi, apparire, e sempre rivolto in avanti, a fare tesoro personalmente delle sue esperienze per realizzare cose nuove. Ad esempio, ceduta infine la sua impresa nel campo metaniero, a 80 anni iniziò una nuova attività nel settore agro-zootecnico, realizzando in provincia di Parma un allevamento per la produzione di latte con oltre duemila bovine. Mi pare che fu dopo la perdita della moglie, Paola Minoia, nel 2015, che Agostino si abbandonò maggiormente ai rapporti e alle confidenze con gli amici. Partecipò più assiduamente alla vita dell’Anpi e ricercò la conoscenza di chi aveva condiviso la lotta partigiana, riconoscendo che nella sua scelta giovanile di resistente al fascismo, di combattente per la libertà, stava il valore morale fondamentale della propria esistenza. Da lì finalmente la disponibilità a raccontarmi la sua vita a partire dalla partecipazione alla lotta di Liberazione. Ma a condizione ancora che queste sue memorie non fossero rese pubbliche lui vivente.

Covati in piazza il 25 aprile del 2022

Senza anticipare troppo, cosa possiamo dire per inoltrare alla lettura su questa “arma aerea”?
Direi che Agostino mi aveva posto la suddetta condizione anche perché il suo era un racconto delle esperienze fatte e delle cose viste estremamente schietto. Il comandante della Divisione partigiana “Giustizia e Libertà” Fausto Cossu, sapendolo così giovane, anche se alto e robusto, gli aveva dato l’incarico di “furiere” della divisione, di fatto quello di suo segretario. Cosi Agostino vide, fu partecipe e ha raccontato una serie di vicende non ancora note o che altri protagonisti hanno sottaciuto. Le sue memorie partigiane investono anche i primi tempi del dopo Liberazione. Abbiamo così ad esempio una diretta testimonianza sul fatto che anche nella brigata di Covati dopo la Liberazione un po’ delle armi migliori non erano state consegnate agli Alleati anglo-americani ma nascoste. E sarà per tutti i lettori una vera sorpresa venire a conoscere chi, quando e contro chi, aveva in seguito pensato che quelle armi potevano venir buone.

Nel libro si racconta anche come Covati si è poi fatto strada nel mondo politico e in quello professionale. Quanto l’esperienza partigiana può aver influito e delineato i tratti di questo personaggio del quale solo attraverso le sue memorie veniamo ora a conoscere la complessità e i successi della vita?
Lui stesso mi ha detto che l’esperienza partigiana aveva rappresentato un fatto importante anche per il resto della sua vita. Che gli aveva dato sicurezza e stimolo a rischiare. Certamente però lo stesso Fausto Cossu aveva già visto in quel diciassettenne un ragazzo molto sveglio, determinato e capace, al punto di nominarlo commissario di brigata. Quella propensione a rischiare i lettori del libro la riscontreranno poi nelle sue scelte professionali, imprenditoriali. Scoprendo ad esempio che Covati si dimise da impiegato pubblico e rifiutò un altro buon posto di lavoro che gli aveva offerto il presidente dell’Agip Enrico Mattei. Perché gli piaceva, mi ha detto, fare le cose che lo convincevano, non quelle che altri decidevano per lui. Voleva insomma costruirsi da sè, anche rischiando, il proprio futuro.