“Mimmo” è l’uomo della frutta “Nei campi solo lavoratori stranieri, gli italiani scappano”

A maggio si comincia dalle ciliegie, quindi vengono le albicocche, le pesche – pesca gialla, pesca noce, pesca schiacciata – tra l’estate e l’autunno le mele, le pere, l’uva, fino alle mandorle e le nocciole. Mimmo è “l’uomo della frutta”, si prende cura e raccoglie i prodotti della terra che finiscono prima sugli scaffali della grande distribuzione o sui banchi dei mercati, e poi ad arricchire di vitamine e altre proprietà nutritive la magnificata dieta mediterranea.

Mimmo si fa chiamare così perchè il suo nome egiziano, Abouelhawa Abouelhawa Mohamed Abdeld, è oggettivamente poco pratico. Accanto a lui ci sono anche tanti colleghi dai nomi più facili, Rizwan, o Zhivko, o Ion, o anche Sayed…Sono i lavoratori agricoli, una volta avremmo detto “braccianti”, ma per Mimmo la definizione sarebbe riduttiva. E’ arrivato a Piacenza dal suo paese tra Alessandria e Il Cairo, una delle zone più fertili al mondo, nel 2007 e da allora non ha più cambiato mestiere. Oggi è dipendente di un’azienda agricola alle porte della città e lavora a giornate perchè nei campi comanda il clima, e ci sono giorni dove occorre lavorare senza sosta e altri dove lo stop è obbligato. Il contratto lo prevede, con un massimo di 6 ore e mezzo al giorno con la possibilità di fare straordinari, d’altronde in agricoltura non esistono sabati e non esistono le domeniche. La paga talvolta è al di sotto del salario minimo (i 9 euro all’ora), di cui si parla tanto in queste settimane, e raggiungere 1500 euro lordi al mese a volte è proprio complicato.

Mimmo

Incontriamo “Mimmo” nell’ufficio della Flai-Cgil di Piacenza, che si occupa di tutelare le centinaia di lavoratori agricoli che svolgono una funzione fondamentale per la nostra società, quella di garantirci il cibo sulla tavola. Sono in stragrande maggioranza stranieri e spesso sono sfruttati, perchè sono deboli. Deboli perché il loro status di regolarità sul territorio italiano è legato alla possibilità di avere un impiego. E’ qui che si nasconde il rischio del ricatto. “Non sono più stagionale oggi – racconta Mimmo, 50 anni – nella mia azienda ci sto tutto l’anno, da quando ho fatto venire dall’Egitto mia moglie e miei figli. Nei primi tempi venivo in Italia qualche mese, quelli della stagione, e poi tornavo nel mio paese. La mia famiglia ha sempre vissuto in campagna, per noi lavorare nei campi è una tradizione che viene da lontano, da mio padre e da mio nonno”.

Mimmo

“Faccio un po’ di tutto, raccolgo la frutta di stagione, – spiega – dalle ciliegie di maggio, poi iniziano le albicocche, le pesche, pesca gialla, pesca noce, pesca schiacciata, le mele, le pere, l’uva, fino alle mandorle e le nocciole. Poi arriva il momento della potatura in inverno, della cura delle piante per preparare la stagione successiva. Mi occupo anche dell’irrigazione, occorre sempre controllare se gli impianti siano a posto senza perdite di acqua, inoltre taglio l’erba e tengo puliti i campi. Per fare più ore può capitare anche di lavorare anche fuori dalla mia azienda, facendo qualche servizio in altre realtà, oppure tagliando l’erba lungo le strade”.

“Fissi in azienda siamo in due lavoratori stranieri – prosegue Mimmo – e un italiano, invece quando in primavera comincia la stagione arriva altra manodopera, dipende dall’abbondanza dei raccolti. Quest’anno ci hanno condizionato le gelate tardive dell’aprile scorso, che hanno rovinato tante colture già in fioritura, quando sono sbocciati i frutti il freddo ha seminato un disastro e oggi dobbiamo fare i conti con le conseguenze”. “Anche in Egitto la mia famiglia ha sempre lavorato in agricoltura – ricorda – , coltivando frumento, mais, piselli, patate. Mi piace lavorare in campagna, per me è stata una scelta, anche se è un lavoro faticoso. Ci sono amici che mi dicono, devi cambiare mestiere adesso che hai 50 anni, devi pensare di fare qualcosa di meno massacrante. In effetti quando c’è caldo a 40 gradi non è facile stare nei campi. Ci sto pensando di cambiare, ma non ho ancora deciso”.

Mimmo

“In estate – fa notare – si possono spostare gli orari di lavoro nell’arco della giornata se la temperatura è insopportabile, salvo quando sono impegnate certe macchine che non si possono fermare, come quelle per piantumare i pomodori. E poi questo è un mestiere dove non c’è sabato e non c’è domenica, nei campi non ci si può fermare per il week end, spesso a dettare i ritmi è soltanto il tempo”.

E sulla preponderanza assoluta di stranieri nel suo settore, Mimmo ha le idee chiare: “Siamo in tanti immigrati egiziani impegnati in agricoltura, specie nel campo del pomodoro, nella piantumazione e nella raccolta. Accanto agli egiziani ci sono poi pakistani, macedoni, moldavi, conosco anche un afghano, siamo soltanto stranieri”. E gli italiani? “Ogni tanto arriva qualche ragazzo italiano per provare il mestiere, ma di norma non durano più di una settimana”. Perchè? “E’ semplice – risponde Mimmo con un sorriso – perchè non è un lavoro facile. Ad esempio, io lavoro coi pantaloni lunghi nel campo, loro arrivano in short, ma dopo pochissimo cominciano a grattarsi perchè ci sono gli insetti che pungono. E allora dopo pochi giorni sono già spariti. E poi bisogna essere in grado di stare sotto al sole per tante ore, io sono nato sotto al sole e non mi pesa più di tanto. Anche quando c’è il ramadan lavoro lo stesso senza patire, mi metto il cappello egiziano provvisto di una coda in tessuto, che si può bagnare con acqua fresca. E allora si può resistere di più così”.

(1- continua)

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