Nel ’56 a Marcinelle morti 136 italiani “Ancora troppi morti sul lavoro, tenere alta la guardia”

“Era la mattina dell’8 agosto 1956 quando a Marcinelle, in Belgio l’orologio dell’immigrazione si fermò in una miniera di carbone del Belgio dove si consumò una delle più grandi tragedie sul lavoro e la più grande in Europa. Morirono 262 minatori, di questi 136 erano emigrati italiani“. A ricordare la triste ricorrenza è Bruno Carrà, responsabile del Coordinamento salute e sicurezza della Cgil di Piacenza.

“Non era la prima volta che lavoratori italiani morivano nelle miniere di altri paesi: agli inizi del Novecento si erano verificate almeno due immense tragedie in miniere degli Stati Uniti. Celebrare l’anniversario di una delle più grandi tragedie sul lavoro – scrive Carrà in una nota – significa rendere omaggio all’emigrazione italiana, alle sue vittime e a quanti soffrirono sfruttamento e discriminazioni nell’intento di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, come rimane l’occasione per ribadire i valori profondi sui quali è stata costruita l’Europa, tra questi il rispetto per la dignità umana, la non discriminazione, l’uguaglianza, la democrazia. Nel ‘Bois du Cazeir’, in quel sito minerario belga di allora, la Cgil sente di affondare una parte delle proprie radici, perché tanta assistenza a quelle famiglie fu fatta dall’Inca (Istituto nazionale confederale di assistenza, ndr) del tempo”.

“La tragedia di Marcinelle ricorda che l’emigrazione dei nostri connazionali e il sacrificio che questa ha comportato hanno segnato l’identità dell’Italia e anche il medesimo processo d’integrazione europea come pilastro sociale. In quel tempo – riflette Carrà – la stessa Europa, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, provava a risollevarsi anche grazie all’accordo acciaio-carbone siglato nel 1946 che prevedeva l’invio da parte dell’Italia di un numero di operai – duemila persone a settimana – nelle miniere di carbone che erano il carburante per l’economia di un continente. All’inizio erano uomini costretti a vivere e lavorare in condizioni difficili in cambio di carbone, perché solo dopo anni di lotte per i diritti arrivarono in quei siti minerari condizioni di vita migliori. Se da una parte quel lavoro costituì per molti l’opportunità di uscire dalla fame dalla crisi post-bellica, dall’altra l’alto prezzo pagato in termini di infortuni e di morti sul lavoro diede una scossa al mondo del lavoro e fece emergere la necessità di uscire da una situazione di vero sfruttamento”.

IL DISASTRO DELLA PERTITE – “E sempre l’8 agosto, ma nel 1940, a Piacenza ci fu un drammatico incidente, a causa una tremenda esplosione nella fabbrica di caricamento proiettili, la Pertite, che provocò 47 morti e centinaia di feriti. Piacenza fu devastata per i tanti morti in un’Italia appena entrata in guerra da poco più di due mesi. Dalla strage in Belgio invece sono passati 67 anni e ancora oggi si parla di sicurezza e si registrano purtroppo ancora morti sul lavoro. I troppi morti che ancora contiamo sul lavoro ci dicono che la guardia va costantemente tenuta alta, è possibile dire infatti che odiernamente rimangono sugli infortuni, rispetto alla tragedia di Marcinelle, dinamiche e tempi diversi con problemi similari.

7 MORTI A PIACENZA NEL PRIMO SEMESTRE 2023 – “Nel primo semestre 2022 – riporta Carrà – si sono contati tre decessi sul lavoro nella provincia di Piacenza, mentre nello stesso periodo di quest’anno si sono registrate 7 vittime, quindi il numero è più che raddoppiato e 2.281 sono gli incidenti sul lavoro denunciati da gennaio a giugno 2023 sempre nel territorio piacentino. Oggi è la cosiddetta generazione Z che va alla ricerca di un impiego, di una sicurezza economica ma anche di sicurezza sul lavoro, e l’Europa e l’Italia è quindi chiamata ancora a dare risposte insieme a generare prospettive nel rispetto dei diritti, perché quando uno è povero pur lavorando c’è qualcosa che non funziona. I giovani dimenticati sono senza futuro in Italia con un’occupazione sempre più precarizzata anche dal ‘Decreto Lavoro’ che di fatto liberalizza il tempo determinato e riammette pesantemente l’utilizzo dei voucher in alcuni settori dove il lavoro giovanile è preponderante dando così più spazio al lavoro povero. Senza una progettualità oggi assente, il diritto allo studio, alla sanità e al lavoro sono in forte sofferenza. Per questo bisogna agire perché il lavoro dei giovani sia stabile ed adeguatamente retribuito. E oltre a rendere un sentito e doveroso omaggio all’emigrazione italiana del passato e del presente, la Cgil è quotidianamente impegnata a sostenere quanti arrivano (e sono arrivati nel passato) in Italia da altri paesi nella ricerca di una vita migliore e hanno subito, e tutt’ora subiscono sfruttamento, discriminazioni e razzismo. Immigrazione, sicurezza sul lavoro e democrazia sono simboli di sacrificio, lavoro e conquista di diritti”.

“SUPERARE CONFLITTI E NAZIONALISMI” – “La vicenda di Marcinelle, quindi, – dice ancora Carrà – ancora oggi può rappresentare per alcuni versi il superamento dei conflitti e dei nazionalismi e ci insegna che va ripreso un percorso ininterrotto: non si possono fermare quelli che partono, il mercato mondiale e globale provoca migrazioni, compresi i tanti giovani italiani che oggi vivono all’estero. Pertanto, va disegnato un modello d’Europa che rimetta al centro il lavoro e non lo specifico solo profitto, perché le lavoratrici e i lavoratori devono partecipare alle decisioni economico e sociali che inevitabilmente li riguardano: quindi ripartire dai diritti e dalla sicurezza sul lavoro per costruire una nuova Europa su accoglienza ed uguaglianza”.

COLTIVARE LA MEMORIA – “La Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo fu istituita il primo dicembre 2001, dopo una direttiva del presidente del Consiglio dei ministri nella giornata dell’8 agosto in occasione proprio della ricorrenza simbolica del disastro di Marcinelle. La tragedia belga ci parla ancora e ci ricorda che non possiamo prescindere dall’accoglienza e dall’integrazione, ed è per questo che è importante coltivare la memoria perché ci insegni a costruire una società diversa che costruisce ponti e abbatte muri. Serve forte un impegno per una nuova Europa come noi la pensiamo nel solco ispiratore dei fondatori dell’Unione medesima a partire da Altiero Spinelli, lontano da idee sovraniste e nazionaliste, volto all’affermazione di un’Europa unita, solidale, coesa e di tutte e di tutti. Non servono piccole patrie e deleterie autonomie differenziate proprio perché il mondo del lavoro unisce il Paese e non lo divide“, sottolinea Carrà.

“I temi come la sicurezza sul lavoro, l’uguaglianza, la difesa dei diritti, la promozione di un lavoro certo e non precario con salari non sottopagati, la prima causa dell’emigrazione giovanile oggi (centomila sono i giovani italiani che ogni anno lasciano l’Italia per lavorare all’estero), l’accoglienza, la difesa dell’ambiente devono quindi stare nell’agenda politica del Paese: risposte, peraltro, che il governo Meloni non fornisce. Manca una prospettiva globale – sostiene Bruno Carrà – che risolva i problemi in corso, insieme a scelte positive ed importanti che coinvolgano il movimento sindacale per rafforzare la cultura della prevenzione”.

“MANCA CONFRONTO COI SINDACATI SU RIFORME” – “Il governo non entra mai nel merito quando discute con le organizzazioni sindacali, non contratta ma comunica decisioni che sono sbagliate. Sulle riforme di fondo – dice Carrà – non c’è un confronto vero con i sindacati, non venendo riconosciuto a loro così il ruolo e la rappresentatività del mondo del lavoro, che è quello che paga le tasse e tiene in piedi questo Paese. E quindi esigiamo il diritto al lavoro con condizioni sicure e salutari, insieme alla parità di retribuzioni per il lavoro di pari valore: in sostanza un’ampia protezione sociale, come va innalzata l’attenzione del sistema imprenditoriale in tema di tutela e prevenzioni delle violazioni. Tra poco più di un mese entrerà poi nel vivo la mobilitazione dei sindacati europei, come prosegue una stagione di mobilitazione della Cgil in tutto il territorio nazionale: c’è una emergenza salariale, della sanità pubblica e dell’istruzione”.

“Il rendiconto globale sulle condizioni dei lavoratori e dei sindacati nel mondo è il recente rapporto denominato Global Rights Index, curato dalla confederazione internazionale dei sindacati, la Csi-Ituc che contiene il resoconto della situazione degli ultimi dieci anni dove viene registrato come i diritti dei lavoratori siano stati sotto attacco. E a fine dicembre ci sarà una grande euro manifestazione sindacale a Bruxelles per dare una voce sola e unita al mondo del lavoro Ue per concludere questo anno il 2023, un ennesimo anno molto difficile. In attesa di un anno molto importante il 2024, quando saremo chiamati a votare per il nuovo Parlamento europeo dove va ancora completata la piena costruzione sociale.

Va inoltre riconosciuto – prosegue Carrà – tornando al tema di Salute e Sicurezza, che nel nostro territorio attraverso i Tavoli istituzionali, mediante un rapporto proficuo con le parti sociali, la discussione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro esiste con un’azione coerente, importante ma non esaustiva, a contrasto della piaga degli infortuni sul lavoro e dello sviluppo delle malattie professionali dove è emersa una incidenza importante (ma non unica) nei settori dell’agricoltura, edilizia e facchinaggio. La storia reale degli infortuni purtroppo è un aspetto che si ripete, ancora oggi a decenni di distanza, nella sua tragica attualità con i troppi incidenti sul lavoro che continuano a redigere un terribile bollettino di guerra, nonostante le conquiste tecnologiche e civili di cui la nostra società dispone”.

“SERVE FORTE IMPEGNO PER IMPEDIRE MORTI SUL LAVORO” – “Abbiamo di fronte a noi un quadro drammatico nel nostro Paese, ma anche in Europa e fuori dai confini europei sotto questo aspetto, proprio perché i diritti che difendiamo e rivendichiamo come organizzazioni sindacali non sono ancora del tutto esigibili. Non basta quindi esprimere il giusto cordoglio per le tragiche ed esecrabili morti sul lavoro – ribadisce Carrà – ma occorre un impegno forte e non più rinnovabile da parte di tutti sui temi della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tutti i soggetti interessati a questo delicato problema devono far crescere consapevolezza, senso di responsabilità e le azioni volte a contrastare gli infortuni attraverso controlli serrati che facciano applicare alle imprese le complete normative in materia di sicurezza, come estendere l’informazione e la formazione sull’argomento, oltre ad un maggiore rigore nei controlli e nelle ispezioni che vanno di per sé accentuate con l’immissione e l’assunzione sul campo di ulteriori Ispettori di vigilanza che attualmente mancano.

Tutto quello che riguarda salute e sicurezza è la spia fondamentale per comprendere quanto il lavoro è tenuto in conto, o se è considerato puro strumento della produzione svalorizzato nel suo insieme. Davanti a ciò rimangono intatte tutte le nostre convinzioni per spingerci alla mobilitazione e rivendicazione di diritti: dai salari bassi alle condizioni di lavoro, perché è tutto un insieme che indica che dove non è riconosciuto valore al lavoro, non c’è salario adeguato e proporzionato, come non si riconosce la salute e la sicurezza di chi lavora. Una emergenza per cui come Cgil rivendichiamo provvedimenti ed investimenti (e non solo parole) che finalmente mettano fine ad una vera e propria strage”.