“Il dialogo non è resa, ma unico strumento di pace” Mentana intervista il cardinal Zuppi video

Il presente dell’Ucraina, il futuro di tutti noi. E’ lo scenario che Enrico Mentana cerca di delineare con il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e rappresentante diplomatico di Papa Francesco per la crisi ucraina, durante l’incontro a Palazzo Gotico. Un evento molto partecipato che chiude la seconda giornata del Festival del Pensare Contemporaneo.

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Ad introdurre la serata Katia Tarasconi, sindaca del Comune di Piacenza, insieme ad Alessandro Fusacchia, curatore della manifestazione promossa da Rete Cultura Piacenza, con Fondazione di Piacenza e Vigevano e il Comune di Piacenza. Un salone monumentale strapieno, erano presenti anche il vescovo Adriano Cevolotto e parecchi sacerdoti.

“Siamo cresciuti in un tempo che ci faceva sperare che si potesse superare la guerra, abbiamo debellato gravi malattie grazie ai vaccini. In due anni – esordisce Enrico Mentana – è svanito tutto, con la pandemia e l’invasione dell’Ucraina, e anche le vicende degli sbarchi dei migranti e gli egoismi europei hanno rimesso in discussione tutto”. “E’ la polarizzazione esasperata – interviene il cardinale Zuppi – che ci impedisce di entrare nella complessità dei problemi. Il cardinal Martini insisteva su una differenza, che non è tanto tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti. La guerra mondiale è stata una tragedia che ha segnato famiglie e che ha cambiato tutto, e che quella generazione ha voluto lasciarsi alle spalle. Non credo che ci fossimo sbagliati nel provare ad escludere i conflitti, ad esempio attraverso gli strumenti di governo sovranazionali come le Nazioni unite. Ma quello che è mancato negli anni è la manutenzione di questi strumenti, che hanno bisogno di essere curati come si curano i ponti, e ci sono tanti ponti malandati nel mondo. Oggi facciamo fatica a pensarci insieme che invece è indispensabile per superare tutte le logiche localistiche”.

Continua Mentana: “E’ più lontano da noi il tempo della guerra mondiale più di quanto fosse lontana l’unità d’Italia dal tempo della lotta di Liberazione. Mi chiedo se il vero tema è che si è esaurito un arco di vita, sono trascorsi 80 anni dalla guerra e le lezioni per sempre forse non sono più tali oggi”. “Speriamo che non sia necessario ricominciare da capo, occorre fare in modo che non accada più la tragedia – sottolinea Zuppi – e per conservare la memoria, questa va sempre rivissuta, ripresentata, perché certi valori vengono erosi. E non può essere un impegno solo conservativo, perché si riscoprono vivendoli. Ad esempio se non si riscoprono i valori fondativi dell’Europa, il rischio è che questa diventi un condominio e che non si possa andare avanti. Abbiamo visto ricomparire il razzismo. Non si può considerare mai sconfitto, la pericolosità è di ritrovare atteggiamenti razzisti e non riuscire a chiamarli con il loro nome. Nell’anniversario numero 75 della Costituzione, sono quelli i quei valori da cui ripartire”.

“Tra il peggioramento generale dei valori c’è anche un deficit della religione?” chiede Mentana. “Sì, è vero – ammette Zuppi – pensiamo all’Europa fondata da leader politici tutti cattolici. Il deficit della religione c’è, ad esempio se intendiamo laicità come la trasposizione della religione soltanto nella sfera privata. Allora è sbagliato. Se ritroviamo la capacità di essere molto credenti e allo stesso tempo molto laici dico io, possiamo rilanciare lo spirito della ‘Fratelli Tutti’ di Papa Francesco e ripensare in chiave universale la convivenza”.

“La ritirata dei cattolici dalla politica è stata troppo ampia dopo la fine della Dc?” chiede sempre Mentana. “I cattolici non hanno smesso di fare politica – replica Zuppi – prima c’era un collateralismo con la Dc, ma i cattolici stavano anche da altre parti. Pensiamo ai cattocomunisti che esistevano nell’impegno del partito comunista. Oggi il vero problema è di riprendere in assoluto una politica all’altezza, per sfuggire alla sola logica del consenso, dei sondaggi, dell’opportunismo. C’è tanta necessità di vivere la dottrina sociale della Chiesa nella politica, al centro ci deve stare la persona. Come nella riforma sanitaria che cura anche chi non può permetterselo. Dobbiamo occuparci più delle istituzioni, che fondano il nostro paese”.

“Le ultime guerre in Europa sono tutti conflitti post comunisti – osserva Mentana -, come è la situazione della guerra, se ci sono persone di buona volontà che stanno agendo per raggiungere la pace? C’è una ragionevole speranza di pace?”

“E’ vera la riflessione sul crollo dell’impero comunista. Dobbiamo difendere l’impero dove chi governa è la democrazia, ovvero l’Europa. Dobbiamo riprendere quella intuizione che risale a dopo la prima guerra mondiale cioè l’abolizione della guerra, che era il sogno delle Nazioni unite e non di un gruppo di pazzi. Significa affermare che non vince il più forte, ma vince il diritto – ribadisce Zuppi -. Sì c’è una ragionevole speranza di pace, per forza, la pace c’è e va trovata. Che è diversa dall’ottimismo perché richiede impegno e coinvolgimento, un investimento. Grazie all’umanesimo che viene dalla dottrina sociale e dalla nostra storia, l’Italia ha delle qualità per promuovere l’incontro e la speranza. La logica non può esser solo quella delle armi, ma attenzione, il dialogo non è una resa, ma dobbiamo passare al diritto, senza smettere di impegnarci perché l’Ucraina possa mantenere una sua integrità e sovranità. E poi l’impegno della Chiesa è quello umanitario, sul tema dei bambini e dei prigionieri. Perché nel popolo ucraino c’è una sofferenza terribile. Dobbiamo fare di tutto per arrivare alla pace, per trovare una composizione che non sia quella militare”.

“La ricerca di una tregua può essere una strada, anche con la complicità dell’arrivo dell’inverno?” chiede Mentana. “Sicuramente la tregua può essere una strada – replica Zuppi – perché quando capisco che non riesco a vincere questo può pesare, così come il generale inverno può essere un fattore per condizionare le operazioni militari. Il dialogo non è la sconfitta e dobbiamo garantire anche gli ucraini”.

“Qual è il il rischio di fare il tifo sia nella guerra che sull’immigrazione, dove tocchiamo con mano il pericolo della diversità?” “Se ragioni solo col cuore può essere pericoloso, se si ragiona solo con la mente si rischia di perdere di vista il bene delle persone. La parte dalla quale stare per gli uomini di fede non può che essere la pace. Che non significa neutralità, o indistinta indifferenza. Senza mai negare le ragioni dell’aggredito – conclude Zuppi -. Perchè poi occorre riaggiustare quello che la guerra ha rotto, e perché senza la giustizia non può esserci pace. Non si possono separare mai”.