Peste suina, Belli (Consorzio Salumi) “Filiera a rischio, è la nostra spada di Damocle sulla testa”

La peste suina rischia di compromettere la filiera di produzione dei salumi, un’eccellenza del territorio piacentino che vanta tre Dop. Lo dice senza mezzi termini il direttore del consorzio salumi dop di Piacenza, Roberto Belli, sulla scorta degli ultimi casi segnalati pochi giorni fa nel Pavese, dove tre allevamenti sono stati contagiati dal virus. “La preoccupazione è grande” dice Belli, che lo scorso fine settimana ha preso parte a una riunione dell’associazione Assica, realtà che raggruppa i produttori di carni lavorate. “Nel caso in cui venissero segnalati casi anche nel nostro territorio, scatterebbero limitazioni molto stringenti che riguardano non solo l’allevamento e la lavorazione, ma anche l’export. Tutta la filiera dei salumi rischia: lo diciamo da un anno e mezzo, quando è stato segnalato il primo focolaio in Liguria. Abbiamo fatto tutto il possibile per sollecitare gli organi preposti e ora la malattia si è estesa, arrivando fin vicino a noi. E ora abbiamo questa spada di Damocle sulla testa”.

A prendere posizione è anche la Regione Emilia Romagna, con una nota diffusa nel pomeriggio del 6 settembre. Ma per Giampaolo Maloberti, consigliere provinciale e esponente della Lega che fin da subito è stato in prima linea nella lotta contro la peste suina, si è perso troppo tempo. “Le misure messe in campo si sono rivelate assolutamente inadeguate – dice -. Non avendo perseguito l’unica strada percorribile, ovvero il depopolamento dei cinghiali, prolungando ad esempio la caccia anche in inverno quando la vegetazione è meno fitta, è evidente che si è trattato solo di capire quando, e non se, la Psa avrebbe provocato danni non solo alla suinicoltura ma a tutto l’indotto. Questa decisione fa sorgere il sospetto che da più parti il problema sia stato non solo sottovalutato ma che qualcuno abbia partorito l’idea malsana di rendere la Psa endemica, con tutti gli effetti a livello occupazionale ed economico. Anziché favorire il mondo venatorio si è fatto di tutto per ostacolarne l’operato, con balzelli burocratci senza senso. Con la polizia provinciale di Piacenza avevamo chiesto alla Regione i fondi per creare un corpo di operatori faunistici che si occupassero a tempo pieno di caccia. Da quella richiesta è passato più di un anno, ma non abbiamo avuto risposta. E anche durante una delle ultime sedute di consiglio provinciale – conclude Maloberti – ho ricordato che il tempo a nostra disposizione stava scadendo”.

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